CHE NE SARA’ DELL’AFGHANISTAN?

Che ne sarà dell’Afghanistan? La domanda non è fuor di luogo, dal momento che i Taliban staNno prendendo tutti i provvedimenti sbagliati che potevano prendere. A cominciare dall’obbligatorietà dell’analfabetismo femminile, dal ripudio di ogni forma di democrazia, di modernità e, si direbbe, di ragionevolezza.
Se ci poniamo delle domande sul futuro, l’unica seria risposta è che nessuno ne sa niente. Ma se non sappiamo nulla del futuro sappiamo molto del passato. Tanto che possiamo essere sicuri di due cose contraddittorie e innegabili: anche se è impossibile da prevedere, il futuro non potrà essere radicalmente diverso dal passato, dal momento che tanto il futuro quanto il passato sono il prodotto della natura umana.
Il passato ci dice che i più grandi progetti i gloria sono tutti falliti: era sbagliata l‘incontrollabile brama di conquista di Alessandro, che si concluse con la follia e la morte prematura del protagonista, e presto anche con il dissolvimento per autocombustione del suo Impero. Come fu sbagliata la smania di guerra di Napoleone, la cui lezione fu: puoi vincere novantanove volte, ma la centesima battaglia ti distruggerà. Fu sbagliato il sogno imperiale e criminale di Hitler, che finì con un colpo di pistola, nella nebbia che si alzava dalle macerie della Germania distrutta. Perfino le istituzioni che più rispettiamo e che, pur con i loro mille limiti possono durare tredici secoli, come l’Impero Romano, alla fine crollano sotto il loro stesso peso. Fra l’altro, se l’Impero durò così a lungo, fu forse perché nessuno aveva programmato che durasse tanto.
Tornando all’Afghanistan: quanto può resistere un regime in contraddizione con tutto il resto del mondo e che, all’interno delle frontiere, non offre né prosperità né libertà né cultura, nulla se non l’oppressione di un Dio retrogrado e crudele?
L’orrore non deve spingerci a conclusioni affrettate. L’Iran è un Paese incomparabilmente più sviluppato, più colto, più aperto al mondo contemporaneo di quanto non sia l’Afghanistan. E tuttavia Teheran ha preferito la teocrazia ad uno Stato moderno e laico. Ha preferito a un “tiranno illuminato” come lo Shah, forse corrispondente all’ideale di Voltaire, un vecchio prete barbuto in esilio a Parigi, per poi doversi tenere la teocrazia dal 1979 ad oggi. Sono quarantaquattro anni. Molto più di quanto sia durato Stalin al potere.
Così la domanda diviene: quanti mali devono soffrire, i popoli, prima di capire che hanno imboccato una strada sbagliata? Che in nome del “più” e del “meglio”, di cui forse potevano fare a meno, hanno perduto il poco di buono che avevano? La vecchia favola del “Re Travicello” non ha insegnato nulla?
Se il popolo si accorge di avere sbagliato in democrazia ha la libertà di fare marcia indietro e affidarsi ad una nuova guida, magari dai principi opposti: come è avvenuto in Italia col governo di centrodestra. Chi invece si affida alla teocrazia, o a quel dio terreno che è il dittatore, nel caso desideri un cambio non può più farlo. Quello è un matrimonio in cui è previsto l’uxoricidio ma non il divorzio. Perché Dio non può avere torto e chi è al potere vuole in ogni caso rimanerci. A costo di ricorrere alla violenza. A costo di uccidere chi non è d’accordo.
Così i popoli pagano per decenni, inascoltati, il loro errore. A volte gemendo contro un’eterna oppressione, come l’ha subita e la subisce il popolo russo. Della libertà la Russia ha avuto solo un assaggio, mentre ancora non erano state sgomberati i detriti dell’Unione Sovietica. E purtroppo il dolce di quella libertà fu mescolato con l’amaro della fame e della crisi economica ereditate dal precedente regime. Tanto che, nostalgica di una miseria stabile e priva di incertezze, quella nazione non ha ancora capito che è meglio vivere o morire liberi sotto le V1 e V2 tedesche che assistere alle parate militari sulla Piazza Rossa.
L’Afghanistan sta pagando il prezzo della sua follia. Le donne afgane stanno pagando il prezzo della follia dei loro uomini. E andrà così chissà per ancora quanto tempo. Ma stavolta l’Occidente dovrebbe trarne un’unica lezione: che non bisognerebbe mai cedere alla tentazione di aiutare l’oppresso contro l’oppressore. Può darsi che l’oppresso il suo oppressore lo ami: esattamente come certe prostitute amano il loro sfruttatore. Ed è inutile volerci mettere rimedio.
Bisogna aiutare chi già dimostra di avere il coraggio di combattere, come gli inglesi del 1940, gli ebrei di Varsavia nel 1944 o anche, oggi, gli ucraini. Se un popolo non ama la libertà al punto di ribellarsi, e se necessario morire per essa, non la merita. E questo purtroppo mi fa pensare che forse non la meritiamo noi italiani. Noi siamo quelli di “Franza o Spagna”.

CHE NE SARA’ DELL’AFGHANISTAN?ultima modifica: 2023-03-30T12:29:05+02:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo

2 pensieri su “CHE NE SARA’ DELL’AFGHANISTAN?

  1. Impressionante questo link, avevo già visto immagini analoghe.
    Ci fa riflettere in primo luogo su quanta gratitudine dobbiamo a quegli uomini coraggiosi che qualche secolo fa, rischiando di finire al rogo, col lume della ragione hanno sfidato il potere e l’egemonia culturale della chiesa dalle nostre parti. In secondo luogo, quanta insensatezza ci sia nello spalancare le porte all’immigrazione incontrollata dei musulmani, paradossalmente proprio da parte di chi si riempie la bocca di progresso, diritti civili, diritti delle donne e diritti degli omosessuali.
    Non dobbiamo dare nulla per scontato.

I commenti sono chiusi.