CHE VA A FARE XI A MOSCA?

Xi Jinping va a Mosca per tre giorni, dal 20 al 22 marzo, e il viaggio – ha comunicato Pechino – avviene a richiesta del Cremlino. Comunque Xi incontrerà Putin e l’Occidente speranzoso si chiede: “Forzerà il nuovo zar a cercare la pace?”
Domanda ingenua. O peggio. Molti “credunt quod cupiunt”: desiderano una cosa e per questo la reputano vera. In realtà, come si apprende leggendo le fonti cinesi, Xi Jinping è lungi dal desiderare vivamente quella pace. E questo per parecchi motivi.
La fine della guerra non è nell’interesse della Cina. Finché la Russia si svenerà e combatterà, magari con sempre meno successo, Xi potrà essere sicuro che essa conterà ogni giorno di meno, nel mondo: confermando così la diarchia Cina-America. Inoltre, dice qualcuno, finché si combatte in Ucraina, gli Stati Uniti saranno impegnati a spendere per l’Ucraina e a stare attenti più a ciò che succede in quello scacchiere che nel sud-est asiatico: cioè nei dintorni di Taiwan. E la loro “distrazione” farà pesare ancora di più nel mondo una Cina che non è per nulla implicata nel conflitto.
Questa seconda motivazione – benché letta in testi seri – personalmente mi convince poco. La spesa degli Stati Uniti in favore dell’Ucraina, pure enorme, in proporzione al loro prodotto interno lordo è un’inezia. Washington potrebbe spendere dieci volte di più senza aggrottare le sopracciglia: dunque da quelle parti si tratta soltanto di volontà politica. Inoltre, per quanto riguarda gli altri scacchieri, gli Stati Uniti hanno sufficiente personale (e sufficienti armamenti) per tenere sottocchio non due ma parecchi scacchieri.
Gli Stati Uniti sono un continente, ed un continente ricco e sviluppato per giunta. La California soltanto, se fosse indipendente, sarebbe fra i più importanti Stati del mondo. Inoltre per occuparsi dell’intero globo terracqueo gli States non devono creare nessuna nuova organizzazione. Lo fanno da molti decenni e sono attrezzati per farlo, semplicemente perché hanno interessi dappertutto. L’America, all’opposto della Russia, non ha ambizioni territoriali, ma nulla di ciò che avviene nel mondo le è indifferente, soprattutto se riguarda il mare, via preferenziale di tutti i commerci. Per questo, più che un impero, qualcuno ha definito gli Stati Uniti una “talassocrazia”.
Un terzo motivo per non strapazzarsi a spingere per la pace, è il pragmatismo cinese: perché attivarsi per uno scopo che non può essere raggiunto? Infatti, se la Russia cedesse una buona parte delle sue conquiste, perderebbe la faccia, e non può permetterselo; se l’Ucraina cedesse una parte considerevole del suo territorio si sentirebbe sconfitta e mutilata. Se dunque Xi, per ipotesi, tentasse di spingere la Russia a ritirarsi dall’Ucraina, non solo non otterrebbe nulla, ma una Russia ubriaca di propaganda vedrebbe la Cina come una nemica.
E allora, penserà qualcuno, pur di favorire la pace Xi favorirà la vittoria della Russia? Magari inviandole armi o merce di valore militare? Anche questa ipotesi appare inverosimile. Se la Russia è incapace di vincere, non è con un “aiutino” che ci riuscirà; e se la Cina aiutasse seriamente la Russia, il costo diverrebbe esorbitante a causa della reazione statunitense. Non dimentichiamo che l’America e l’Occidente sono il primo mercato della Cina, e dunque per essa è vitale avere con noi rapporti accettabili.
In conclusione, che cosa va a fare Xi Jinping a Mosca? Francamente non si sa. Forse proprio per questo Pechino ha tenuto a sottolineare che l’iniziativa non è sua. In realtà, non sarebbe impossibile che vada a stringere accordi commerciali. Infatti da un lato la Russia, a causa delle sanzioni, è costretta a tagli nelle forniture o ad averle con costose triangolazioni; dall’altro la Cina è sempre contenta di incrementare nuovi mercati, anche perché più sono numerosi, meno essa dipenderà commercialmente dall’Occidente. Tuttavia, anche in questo campo, la Cina deve stare attenta: infatti anche il sostegno puramente economico e commerciale potrebbe essere giudicato intollerabile dagli Stati Uniti.
Tutte queste cose le sapremo più chiaramente fra un paio di giorni, ma una cosa è certa: quando ci si chiede che cosa ci porterà il futuro, piuttosto che guardare alle nostre speranze, dobbiamo guardare ai fatti obiettivi: e salvo cambiamenti futuri, allo stato attuale la pace è ipotizzabile soltanto dopo la sconfitta della Russia. O dopo qualcosa che ad una sconfitta somigli molto. Solo questo potrebbe indurre Mosca a cedere.
Qualcuno chiederà come mai qui si faccia come prima – e forse unica – ipotesi, quella della sconfitta di Mosca. La risposta è semplice: non lo si fa per malevolenza nei confronti della Russia, o per eccesso di ottimismo occidentale. Il fatto innegabile è che la Russia è povera e sola, l’Occidente è ricco e coalizzato. Se si rimetterà in moto l’industria degli armamenti, l’Ovest potrebbe continuare all’infinito a produrre il necessario per sé stesso e per l’Ucraina. Come suona il vecchio detto: “L’argent fait la guerre”, la guerra la fa il denaro. E in questo caso l’Occidente ha il denaro e la Russia no.

CHE VA A FARE XI A MOSCA?ultima modifica: 2023-03-21T08:45:20+01:00da gianni.pardo
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3 pensieri su “CHE VA A FARE XI A MOSCA?

  1. Un celebre sonetto di Giuseppe Giusti insegna quanto segue:
    Che i più tirano i meno è verità,
    Posto che sia nei più senno e virtù;
    Ma i meno, caro mio, tirano i più,
    Se i più trattiene inerzia o asinità.

    Quando un intero popolo ti dà
    Sostegno di parole e nulla più,
    Non impedisce che ti butti giù
    Di pochi impronti la temerità.

    Fingi che quattro mi bastonin qui,
    E lì ci sien dugento a dire: ohibò!
    Senza scrollarsi o muoversi di lì;

    E poi sappimi dir come starò
    Con quattro indiavolati a far di sì,
    Con dugento citrulli a dir di no.
    Qui abbiamo non dugento ma duecentomila citrulli. Ma citrulli inerti rimangono.

  2. “La Russia è povera e sola”

    Sfortunatamente però la Russia (e in parte anche la Cina) ormai sta diventando/è diventata l’indiscusso punto di riferimento di tutta la combattiva e variegata “tifoseria” antiamericana e antioccidentale, di (estrema) destra e di (estrema) sinistra, clerico-tradizionalista, catto-comunista e islamo-fondamentalista, (in)consapevolmente illiberale e pervicacemente terzomondista che (notoriamente) annovera parecchi seguaci alle ns. latitudini ma non solo. C’è da sperare che qs appoggi NON si rivelino decisivi nell’attuale complesso/complicato scenario geo-politico-militare globale a tutto favore delle “muscolari” autocrazie orientali e a tutto danno delle democrazie liberali di stampo occidentale!

  3. Il ponte di Kerch è un collegamento troppo precario per assicurare gli approvvigionameti alla penisola di Crimea. Se gli ucraini riuscissero a riconquistare i territori che si affacciano sul mar d’Azov, tra Melitopol e Berdyansk, isolando di fatto la Crimea dalla Russia, i russi sarebbero indotti a trattare.

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