LA PERSISTENZA DELLA STUPIDITA’

Se non si è dei totali imbecilli e se si ha la fortuna di arrivare alla vecchiaia, non si può non essere stupiti dalla potenza e dalla universale diffusione della stupidità. Da vecchi ormai ci si stupisce di incontrare occasionalmente la cultura e l’intelligenza, non altro.
Sembra una battuta e non è. Infatti stavolta non si sta parlando di stupidità ed intelligenza ad alti livelli ma, per così dire, di maggiore o minore conformità alla natura umana, che è come dire la maggiore o minore sorveglianza esercitata dal singolo per impedire di deviare verso il nostro temperamento naturale. In questo senso può essere un cretino anche un premio Nobel per la fisica.
L’uomo naturale infatti crede più al magico che alla causalità. Se la giornata è stata bella, e qualcuno deve uscire di casa alle diciassette, e nel giro di un quarto d’ora, dalle sedici e quarantacinque, il tempo si guasta talmente che alle diciassette piove a diritto, chi riuscirebbe a non imprecare contro il tempo che “me l’ha fatto apposta, ‘sto fetente”? Chi riesce a non dire, sapendo che una bella ragazza è morta di cancro, “Poverina, così bella e così giovane…”, come se il cancro dovesse rispettare la gioventù e la bellezza. Gli esempi si potrebbero moltiplicare all’infinito. Malgrado mille esperienze, continuiamo a meravigliarci che gli esseri umani siano avidi, vili, bugiardi, deboli e profittatori. E questo è due volte stupido: in primo luogo, perché questa esperienza l’abbiamo fatta tante volte che non ce ne dovremmo più stupire. E in secondo luogo perché, visto che la facciamo in troppi, è più che possibile che fra coloro che la deprecano ci siano coloro che si comportano da avidi, vili, bugiardi ecc.
Una mia esperienza di oggi, autentica. Ero parcheggiato in attesa di mia moglie ed un uomo, a bordo di una piccole Citroën rossa, è arrivato ed mi ha fatto segno vivamente, con l’indice, che voleva parcheggiare proprio lì. Poiché c’erano altri posti, mi sono mosso, ma passandogli accanto ho abbassato il vetro e gli ho detto: “Guardi che io mi sposto perché non mi costa niente e sono una persona gentile. Ma lei non dovrebbe chiedermelo così imperiosamente, io non ho nessun obbligo di spostarmi”. Ne è nata una discussione. Lui abitava lì, e voleva parcheggiare in corrispondenza della sua porta, e questo era un suo diritto. Ma quale diritto, gli ho risposto, mi indichi la legge. La faccio breve: ho abbastanza problemi per mettermi a discutere con un tizio così, e me ne sono andato.
Ma qual è stata l’origine della discussione? La ferrea convinzione che il proprio diritto di proprietà abbia una sorta di alone, di aureola, sicché ci appartiene non soltanto ciò che è nostro, ma ciò che “affettivamente” sentiamo nostro. Anche il posto in corrispondenza con la nostra porta d’ingresso.
Il comportamento infantilmente egoista di quasi tutti corrisponde alla trasformazione del desiderio di qualcosa nel diritto a qualcosa. Ho visto sostenere con passione tesi giuridicamente del tutto inverosimili per una sola, evidente ragione: che corrispondevano all’interesse di chi parlava. Se si fosse trattato di terzi, mai e poi mai avrebbero detto le stesse cose. Ecco perché ho teso a distinguere l’imbecillità derivante da un’insufficiente intelligenza da quella che deriva dalla natura umana. Chissà, l’uomo nella Citroën magari è una persona intelligente, salvo quando si tratta del posto auto dinanzi casa sua.
Insomma la fatica immane che non tutti riescono a portare a compimento è la conquista di una mentalità scientifica, obiettiva e impersonale. Basta una conversazione di cinque minuti, se l’altro ci lascia parlare, per dimostrare a chiunque che fortuna e sfortuna non esistono. Esiste la casualità, ed essa differisce in questo, da fortuna e sfortuna, che non “mira” a favorire o sfavorire qualcuno. In particolare noi. Io ho accettato sin da quando ero giovane il fatto di non avere combinato niente, nella vita (in particolare in campo economico), ma ogni volta che (coraggiosamente) l’ho detto, sono stato appassionatamente smentito dagli astanti. Perché sono un uomo di successo? Nient’affatto. Perché il mio atteggiamento è stato ritenuto pressoché indecente. “Nessuno mai dovrebbe pensare una cosa del genere”. E soprattutto, probabilmente, gli altri hanno pensato: “Ma io, che non sono meglio di lui, allora dovrei dire la stessa cosa?”
La sensazione è che l’uomo sia ancora oggi preda di un totalizzante animismo. Non si sente circondato da un’enorme macchina cieca che gira in base alla causalità (spesso, ai nostri occhi, casualità) ma di un insieme ignoto che vuole e rifiuta, favorisce e sfavorisce, è giusto o ingiusto, tanto da lottare quotidianamente, da pari a pari, col prossimo, con il nostro corpo, col tempo che passa e perfino col destino. Consideriamo in ogni caso una suprema ingiustizia il fatto che si debba morire. A meno che… E se ci fosse qualcosa dopo la morte?

Dino Panigra

LA PERSISTENZA DELLA STUPIDITA’ultima modifica: 2023-03-20T18:28:25+01:00da gianni.pardo
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