IL FENOMENO SCHLEIN

Lo confesso, non mi aspettavo il diluvio di articoli su Elly Schlein. Uno, due, dieci sì, ma il diluvio no. Questa elezione è stata come il compito in classe: il tema è quello e di esso bisogna parlare. Anche se lo svolgimento è insignificante. In realtà, il fatto ha avuto ed ha un elevato valore simbolico.
Come in occasione di tanti fatti storici, ci si può chiedere se siano gli uomini a guidare gli avvenimenti o gli avvenimenti a guidare gli uomini; se in crisi è il Pd, e il suo gruppo dirigente, o se in crisi e disorientato è il suo elettorato; se si tratti di una crisi organizzativa o di una crisi ideologica (e dunque del partito in sé). Attualmente sembra che siano piuttosto gli avvenimenti che ci hanno dato la nuova segretaria. Come conclusione di un ciclo.
In Italia, da molti anni, la crisi della politica è andata via via accentuandosi. In un Paese poco acculturato e poco realista come il nostro il sistema democratico ha dato i suoi frutti peggiori. Paradossalmente, la bassa moralità media degli italiani si è coniugata con l’aspettativa di un’alta moralità nei politici. Come se un pero potesse produrre dei fichi. I politici per giunta sono stati pressoché nell’impossibilità di ottenere grandi risultati perché la base su cui operavano non era disposta a collaborare: soprattutto in materia di riforme. Tutti a chiedere la frittata, purché non si rompessero le uova. Infine è stato dannoso lo stridente contrasto tra le inevitabili promesse elettorali e le inevitabili delusioni. La gente ha avuto sempre meno fiducia negli uomini e nei partiti ed è stata sempre più delusa dall’azione del governo e dello Stato. Tutti hanno pensato che i politici siano dei bugiardi quando promettono e degli incapaci quando non mantengono. Con un disgusto che, se non spingeva alla ribellione, spingeva al disinteresse e al disprezzo (astensionismo). Alla lunga questo stato d’animo ha portato a desiderare un totale repulisti. E da questo è derivata , nel 2018, l’inopinata valanga di voti al Movimento 5 Stelle.
Si è vagheggiato un totale cambiamento della classe politica. Forse un “diverso modo di governare”. Comunque un azzeramento di tutto, non essendoci nulla da salvare dell’esistente. Con questo programma nichilistico (e assurdo) il M5S ha conquistato il potere ma ha presto scoperto che dire “no” è facile, agire in concreto è difficile. Così prima si è avuto il fallimento della politica tradizionale; poi quello dei Cinque Stelle, e infine quando non si è più saputo a che santo votarsi, il popolo ha detto: “Allora proviamo la destra”. E in questo contesto che ne è stato della sinistra?
Bisogna risalire ai decenni precedenti. Per tutto il tempo in cui si è preso sul serio Karl Marx, la sinistra è vissuta sul mito della rivoluzione del proletariato. Non per oggi, naturalmente; non per domani; ma certo per dopodomani. Questa radicale contestazione del reale ha consolato chiunque – anche per motivi non economici – fosse scontento della propria vita. La vulgata corrente ha diffuso la convinzione che i mali della società non sono endemici ma colpa di qualcuno. Chi è povero è povero per colpa della società e chi è ricco è ricco perché ha rubato al popolo. Se il governo governa male, è perché al potere non ci sono le persone giuste. Tutta una mitologia che rendeva credibile ogni condanna e ogni utopia. Poi il tempo ha totalmente smontato questa costruzione e la sinistra si è ritrovata nuda.
Certo, c’era sottomano il modello socialista, ma gli estremisti lo consideravano con disprezzo. E così, quando il comunismo è finito nella pattumiera della storia, i comunisti inconfessati hanno continuato a rifiutare ogni confluenza con i fratellastri. Anche se non sapevano più che cosa proporre. Al punto che col tempo gli elettori hanno cominciato a non capire più che cosa fosse “il partito della sinistra”, che cosa volesse e che cosa promettesse. Se esso si accostava al governo diveniva un traditore, se se ne allontanava allarmava i benpensanti. E così a poco a poco esso ha rischiato di morire.
Il nostro è il tempo della fine delle ideologie. Qualche anno fa si è addirittura ipotizzato un Cristianesimo senza Dio. Ora abbiamo un Pd che ha perso il nucleo centrale della sua dottrina e tuttavia vorrebbe ancora oggi essere quello che fu. Purtroppo non può presentarsi né come comunista né come rivoluzionario, e per questo non sa più che dire. Tanto che è divenuto il partito della demagogia, dei paroloni, della “mossa”, dell’apparenza. Degli ideali vuoti e irrealizzabili. Del moralismo e di tutte le mode: l’ecologismo, la political correctness, il rispetto dei diversi sessuali e altre baggianate che nulla hanno a che vedere con il governo del Paese.
L’elezione della Schlein rappresenta una chiara presa di posizione in questo senso. Lei è il risultato, non la causa del nuovo clima. E proprio questo i commentatori dovrebbero spiegarci, piuttosto che parlarci del suo curriculum. Dovrebbero dirci che c’è spazio soltanto per un partito fatto di ideali inconsistenti e modaioli, di buonismo arrogante e di tutte quegli atteggiamenti che, direbbe Luca Ricolfi, rendono antipatici gli ex comunisti. In queste condizioni, il partito di Schlein avrà il sostegno della stampa radical chic ed anche l’onore di molti nemici: ma in politica, se si limiterà a far baccano, non conterà niente.

IL FENOMENO SCHLEINultima modifica: 2023-03-04T09:18:26+01:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “IL FENOMENO SCHLEIN

  1. Le ideologie non finiscono mai fin quando non si esaurisce la spinta naturale dell’uomo a cercare altrove la soluzione dei propri problemi. In tal senso, un’ideologia che facesse appello alla responsabilità individuale e al qui ed ora, verrebbe presto sostituita dall’indisponibilità dell’individuo a farsi vettore della sua diffusione.
    Ecco perché credo che religioni e ideologie non finiranno mai. Rispondono ad un bisogno di trascendenza che nasce con l’uomo e con esso morirà.
    Io non credo che sia finito l’ideologismo. Secondo me, stanno finendo alcune ideologie e alcune religioni.

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