PERCHÉ IL TERZO POLO NON PUO’ DECOLLARE

In un mondo in cui molti odiano la semplice parola “destra”, e altrettanti odiano la parola “sinistra”, sarebbe normale che avesse successo un partito che si dicesse “né di destra né di sinistra”. E invece in Italia va tutt’altro che così. Infatti la gente odia più che non ami, condanna più che non stimi, ha più voglia di distruggere che di costruire. E ciò esige una spiegazione.
La democrazia è un regime fondato sul consenso e questo si ottiene facendo cosa gradita al popolo. O – più esattamente – promettendo di far cosa gradita al popolo: infatti la campagna elettorale precede il voto e si trasforma in un’asta in cui vince chi promette di più. Indipendentemente da quanto siano verosimili le promesse. Ciò però significa che l’elettorato si abitua all’idea che si può promettere l’ impossibile e credersi furbo pensando che l’impossibile sia realizzabile almeno al 50%. Ovviamente poi la maggior parte delle promesse sono disattese e ciò ha conseguenze estremamente sgradevoli. Infatti la gente – invece di rimproverare a sé stessa la propria ignoranza e la propria ingenuità – giudica tutti i politici bugiardi e incapaci. Bugiardi per avere promesso, incapaci per non avere realizzato. Da questo nasce il fondamentale disprezzo per l’intera classe politica.
E c’è perfino di peggio: un effetto che gli inglesi chiamano “feed back” e noi “retroazione”: all’asta delle promesse segue l’asta del disprezzo. Del rancore e – in fin dei conti – dell’odio. Mentre i candidati promettono la Luna, i votanti dinanzi all’urna elettorale si chiedono contro chi hanno più voglia di manifestare il loro rancore e la loro ostilità. I più moderati si chiedono quali politici potrebbero essere i più nocivi, se vanno al potere, ma come si vede la scala è sempre in negativo. Stabilito qual è il pericolo maggiore, ognuno si chiede chi sia l’uomo o il partito che ha maggiori possibilità di bloccare “il nemico” e per quello vota. Dunque non si vota per qualcuno ma contro qualcuno.
In questo senso, anche se non ha avuto successo, è stata sintomatica la campagna elettorale del Pd in occasione delle ultime elezioni politiche. Il Segretario Enrico Letta non ha detto “Faremo questo, faremo quello”, ha parlato continuamente del dovere di “non far vincere le destre”. Come programma elettorale fa pena ma non si può biasimare il Segretario. Infatti, da insegnante di scienze politiche nella migliore università di Parigi, non può essere tanto rozzo da non sapere che quello è uno slogan da bettola: dunque, se lo ha adottato, è perché ha voluto ragionare come ragiona l’elettorato.
Se questa è la situazione, un eventuale Terzo Polo non sarebbe caratterizzato dalla possibilità di essere “il più credibile nemico di qualcuno”, ma dal programma moderato, né di destra né di sinistra. Quello che magari potrebbe essere il più utile al Paese. Ma questa posizione – se si tratta di vincere le elezioni – in Italia si trasforma in un handicap. Il programma moderato non può contenere promesse mirabolanti, e dunque perde l’asta delle promesse; non può essere programmaticamente e acidamente contro qualcuno, e perde anche l’asta dell’odio. Un Terzo Polo potrebbe avere successo se fossero vere due condizioni, che non credo ricorrano in Italia: che si possa proporre un programma moderato capace di risolvere i più gravi problemi del Paese, ma questo è troppo malridotto per non richiedere provvedimenti drastici; e se quel programma fosse accettabile, bisognerebbe ancora che gli elettori fossero culturalmente in grado di leggerlo e di apprezzarlo.
In queste condizioni, l’eventuale Terzo Polo non può che rivolgersi ad un’élite, e non è strano che a Carlo Calenda sia sfuggita – dopo le ultime elezioni regionali – un’affermazione secondo la quale – più o meno – “gli elettori non hanno capito perché avrebbero dovuto votare per il suo partito”. Tutti lo hanno bacchettato per questo, come se si fosse permesso di giudicare gli elettori, ma non si vede perché non si dovrebbe dire che gli elettori sono per la maggior parte ignoranti – dal momento che lo sono – e sono per la maggior parte degli elettori manichei. Al massimo a Calenda si sarebbe dovuto rispondere con una domanda: “Per caso lei si aspettava che fossero colti e capaci di un giudizio sereno e spassionato?”

PERCHÉ IL TERZO POLO NON PUO’ DECOLLAREultima modifica: 2023-02-25T08:02:44+01:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “PERCHÉ IL TERZO POLO NON PUO’ DECOLLARE

  1. Senza la zavorra della legge elettorale e del cosiddetto voto “utile”
    ( 2760 mld di debito pubblico) l’aereo di Calenda potrebbe riuscire a decollare.
    Aspettiamo le elezioni europee. Con un buon risultato il Terzo Polo potrebbe diventare più attraente.

  2. Analisi drammaticamente lucida, tuttavia un Terzo Polo liberaldemocratico laico federalista riformatore (mi) sembra cmq non soltanto auspicabile ma anche necessario: forse non potrebbe vincere le elezioni ma potrebbe pragmaticamente allearsi volta x volta con chi presenti le proposte più ragionevoli e svolgere il ruolo di “ago della bilancia” emarginando le ali estrem(ist)e dei duei schieramenti (forse) principal . SalutI

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