LA PACE IN UCRAINA NON ALBEGGIA

C’è gente che dialoga con i suoi sogni. Tutti avremmo preferito che la guerra in Ucraina non ci fosse stata e che la Russia fosse rimasta nei suoi confini. Tutti avremmo preferito che, accortosi dell’errore, Vladimir Putin avesse fatto rientrare in tutta fretta i suoi carri armati. E si potrebbe continuare. Ma è insopportabile vedere tanta gente che, davanti alla ritirata da Khersòn, la giudica una possibile apertura di pace da parte della Russia. Come fosse un gesto di buona volontà del nuovo zar..
La ritirata è stata una batosta militare che si sarebbe rivelata ancora peggiore se i russi fossero rimasti a Kherson. Putin non è né uno sciocco e neppure una mammoletta: sa benissimo che una ritirata è una ritirata e chi è obbligato a ritirarsi è guardato anche dagli amici con sguardo di compatimento. Se l’avesse potuta evitare l’avrebbe evitata. Secondo me l’ha accettata affinché la Russia non commettesse l’errore di Hitler quando rifiutò il consiglio dei generali e ordinò che non si indietreggiasse da Stalingrado.
In questo caso il problema più serio era quello della larghezza del Dnepr. In assenza di un buon ponte (quello esistente è stato reso impraticabile dagli Himars) si correva il rischio di non potere assicurare una sufficiente logistica per le truppe. Addirittura non lo si dice (per continuare da ogni parte a fare la faccia feroce) ma il tutto è il risultato di una doppia convenienza. I russi hanno proposto agli ucraini: “Noi ci ritiriamo, ma voi non ci sparate addosso mentre lo facciamo”. Infatti la, cosa sarebbe stata facile. Quanto agli ucraini, hanno accettato non per amore dei russi, ma perché anche per loro la presa di Khersòn si annunciava simile alla battaglia di Stalingrado.
Comunque il fatto concreto è che la ritirata da Khersòn rappresenta una brutta botta per la Russia ma non è strategicamente significativa. Come i russi non hanno vinto la guerra conquistando Khersòn, così non l’hanno vinta gli ucraini riconquistandola. I russi hanno perso un po’ di territorio ma hanno l’ordine di difendere a qualunque costo il resto dei territori conquistati. Perché ne va della credibilità e forse persino della vita di Putin. Dunque la guerra continua e nessuno può farsi illusioni.
Per quanto riguarda gli ucraini, tutte le fonti ci descrivono l’incrollabile volontà degli ucraini di non arrendersi e qualcuno dice addirittura che se Zelensky proponesse qualcosa del genere sarebbe subito esautorato. Dunque, sperabilmente, la pace si avrà quando la quasi sconfitta sarà certa e l’entourage di Putin prevarrà sulla sua irrealistica volontà di vincere. Ma nell’attesa dobbiamo sederci comodi perché, per mesi, non avverrà niente di speciale. Probabilmente avverrà soltanto che gli ucraini miglioreranno (con l’aiuto dell’Occidente) le difese antimissile, ripareranno le centrali elettriche e tutto tornerà come prima. Che cosa giustifica questo ottimismo?
Per prima cosa una considerazione storica. Ogni volta che si è creduto di trovare un’arma imparabile, le tecnologia ha inventato uno scudo che la neutralizzava. E ogni volta che si è trovato uno scudo impenetrabile, la tecnologia ha poi trovato un’arma che lo azzerava. Nel caso caso specifico l’Ucraina non ha potuto difendersi contro l’attacco alla popolazione civile non perché lo scudo non esistesse, ma perché Kiev non ne disponeva e comunque non aveva previsto quell’attacco. Gli Stati Uniti dispongono infatti dei Patriot che sono eccellenti missili-anti-missile ma Kiev non li ha, o certo non in numero sufficiente. Inoltre ci si può chiedere se quella stessa tecnologia non sia superata da quella degli israeliani che hanno prodotto l’“Iron Dome”, la cupola di ferro. Mentre gli americani hanno progettato difese contro grandi missili che venivano da lontano, gli israeliani hanno dovuto progettare una difesa contro missili piccoli (e dunque un bersaglio più difficile), sparati da appena oltre la frontiera, con un preavviso di pochi secondi. E tuttavia ce l’hanno fatta. L’Iron Dome intercetta i missili immediatamente, nel giro di secondi ne calcola la traiettoria, e li abbatte con dei missili-anti-missile. Da tempo i palestinesi di Gaza non colpiscono un obiettivo serio. Se gli ucraini disponessero di una difesa simile, i russi potrebbero buttare al macero i missili che hanno usato per distruggere le centrali elettriche.
Ora appunto armi simili potrebbero arrivare a Kiev nelle settimane o nei mesi prossimi; e la guerra si fermerà per l’inverno. Ma non si avrà la pace perché la Russia vuole tenersi i territori conquistati (e infatti di ritiro non parla neppure, quando si prospetta un negoziato) e altrettanto fermamente l’Ucraina li rivuole indietro. Al limite potrebbe trattare per la Crimea, ma per il resto del suo nazionale è difficile che cedano molto.
No, la pace non è vicina.
grifpardo@gmail.com

LA PACE IN UCRAINA NON ALBEGGIAultima modifica: 2022-11-25T08:23:55+01:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “LA PACE IN UCRAINA NON ALBEGGIA

  1. La ritirata da Kherson è stato un colpo da maestro: gli consente di radere al suolo la città senza rischiare di coinvolgere gli “amici”, che si è tirato dietro oltre ai saccheggi nelle case. E per compensare quello che a qualcuno poteva sembrare uno smacco, si dedica con passione e in scioltezza a bombardare Kiev e tutto ciò cui può arrivare. Infischiandosene della “condanna morale” del cosiddetto “Occidente”, dal quale sta succhiando le riserve di armi e di buona disposizione verso l’Ucraina, visto il freddo che in detto “Occidente” avanza insieme con l’inflazione. Anche la Russia soffre? Beh, ci sono abituati – mica come noi -, Kiril benedice e chi protesta fa una brutta fine.

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