IL PD DISORIENTATO

Il Pd ha perso le elezioni, e questo è il meno: ha perso la bussola. Non sa chi è, che cosa vuole e dove intende andare. Per questo molti parlano di “rifondarlo” e non si rendono conto della vera difficoltà: oggi non si riesce a formulare un ragionevole programma di sinistra. I partiti cosiddetti “progressisti” sono infatti configurati per rispondere ad una realtà che non c’è più: non soltanto a sinistra si è conquistato tutto lo spazio che si poteva conquistare, ma è dannoso andare oltre. Né è un programma promettere a tutti la Luna, come fa il M5s.
La prenderemo alla lontana. Credo di ricordare che Angelina Jolie – la nota attrice – ha saputo dai suoi medici che, sulla base dell’ereditarietà, della sua biologia o di qualche altra scoperta medica, era predestinata ad avere il cancro della mammella. E quella donna coraggiosa si ha fatto togliere ambedue le mammelle. Dinanzi a lei c’è proprio da levarsi il cappello. Quante altre donne, al suo posto, non avrebbero piuttosto detto: “Ma io mi sento benissimo!”; “Non lo sapete che spesso i medici si sbagliano?”; “E soprattutto, che premura c’è? Magari al primo segno mi faccio operare”. Quando si tratta del loro cane, se gli vogliono bene, i padroni lo fanno subito operare; quando invece si tratta di loro stessi, passano alla filosofia della scienza. Non sempre è facile accettare la realtà.
Fino alla Rivoluzione Francese l’Europa ha avuto l’aria di credere che il buon Dio avesse creato i nobili, il clero e il popolo. Con la Rivoluzione Dio è uscito di scena e gli uomini si sono sentiti in dovere di migliorare il mondo secondo criteri di giustizia sociale ed economica. Nacquero così, dopo la Rivoluzione Industriale, il socialismo e il comunismo.
Il comunismo, nato estremista, si dimostrò dovunque incompatibile con la libertà e si affermò soprattutto in Russia, dal 1917 al 1992. In quel momento, avendo dimostrato tutte le sue imperdonabili pecche, si dissolse senza lasciare rimpianti. Al punto che, dovunque ci sia la libertà democratica, nessuno lo ha più riproposto.
Il socialismo invece, nato sotto il segno dell’utopia nella Francia dell’Ottocento, è presto passato ad un programma meno radicale e si è affermato in tutto il mondo. Perfino chi ad esso è ostile adotta una parte dei suoi ideali tanto che, come Croce diceva che non possiamo non dirci cristiani, tutti non possiamo non dirci socialisti. Ma oggi, oltre al comunismo, è morto di vecchiaia anche il socialismo. Non perché rinnegato, ma perché ha dato tutto ciò che poteva dare. Tanto che, se si insiste a “portarlo avanti”, a “realizzarlo”, come si dice, si aggravano i problemi invece di risolverli.
Il collettivismo socialista non è una retta, è un segmento. Se si oltrepassa il limite, se lo si spinge troppo lontano, si chiama comunismo. Lo Stato assistenziale è una manna per i più deboli ma, se esagera, si impoverisce al punto che poi non può più soccorrere nessuno. Se si crede in dovere fare qualcosa di altamente umano e morale, lo Stato può anche contrarre debiti: ma se ne contrae troppi fallisce e il disastro è tutt’altro che umano e morale. Si potrebbero allineare chissà quante di queste antinomie e non si farà che confermare un vecchio detto: ne quid nimis; l’eccesso è sempre un errore. Dunque bisogna avere il coraggio di riconoscere che, secondo la curva di Laffer (un banale principio di economia politica), abbiamo superato il punto in cui, aumentando la dose, diminuisce la soddisfazione.
Il Reddito di Cittadinanza è al riguardo esemplare. Tutti (salvo i beneficiari) lo giudicano sbagliato: incrementa l’ozio, il lavoro nero, le truffe allo Stato, non crea lavoro e danneggia gravemente il bilancio pubblico. E che cos’è il Reddito di Cittadinanza, se non il punto limite dello Stato Assistenziale? Un simile errore si corregge semplicemente abolendo il sussidio o modificandolo radicalmente. Cioè facendo marcia indietro.
Il Pd non sa a che santo votarsi perché non c’è nessun santo a cui votarsi. Non si tratta di ritrovare la purezza perduta, i “veri principi” o chissà che altro. Non si possono applicare pedissequamente le ricette del passato: esse hanno già dato tutto ciò che potevano dare e, quel ch’è peggio, sono andate oltre. Così non ci rimane che correggere gli eccessi e ritrovare il punto di massimo rendimento tra la dose di socialismo e la dose di libertà. E forse la gente se ne è resa conto prima dei politici. Diversamente non avrebbe votato per il partito di Giorgia Meloni.
Se gli Stati Uniti sono più prosperi di noi è perché da loro il comunismo non ha mai allignato. Da sempre essi hanno avuto l’idea che il singolo che si arricchisce non è per ciò stesso un nemico del popolo: è semplicemente “più bravo degli altri”. Il ricco era forse “immorale” quando era tale per aver ricevuto un’eredità: e in questo aveva parzialmente ragione quel pazzo di Jean-Jacques Rousseau. Ma dove il “philosophe” si è sbagliato è quando non ha capito che, abolendo la possibilità di lasciare in eredità la ricchezza, si toglierebbe con ciò stesso l’incentivo a perseguirla. Con un danno enorme per la collettività. Uno dei massimi errori delle vecchie ricette è quello secondo il quale il problema sarebbe la ridistribuzione della ricchezza. Il vero problema è produrla.
A tutto concedere, quand’anche la proprietà privata e la ricchezza fossero in parte “mali”, sono “mali necessari”. Il punto più alto della curva della soddisfazione collettiva si raggiunge lasciando la gente più libera e più responsabile del suo destino.
giannipardo1@gmail.com

IL PD DISORIENTATOultima modifica: 2022-10-03T06:47:03+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “IL PD DISORIENTATO

  1. “Mmm… qualche perplessità. In primo luogo proprio sulla curva di Laffer, “”una teoria scarabocchiata su un foglio di carta” (su un tovagliolo di carta, pare) come la definì Stiglitz, che non ha mai trovato verifica sperimentale se non quando la tassazione scende ma da un livello molto, molto alto. In concreto, quando evasione ed elusione si verificano largamente anche sulle basse aliquote applicare Laffer non ha senso; fermo restando che comunque livelli di tassazione troppo alti inducono alla “fuga” (fisica e fiscale) i grandi redditi e patrimoni.
    Caro Roberto, lei mi trascina involontariamente in una discussione che attribuisco ad una mia debolezza. Ho accennato alla “curva di Laffer” perché è la denominazione di moda. Ma il concetto è da un lato “vecchio come il cucco” e dall’altro innegabile come la tendenza al turpiloquio di Vittorio Sgarbi. Io questa curva l’ho conosciuta studiando Economia Politica all’Università, su un libro chiaro e sintetico del prof.Papi, credo fosse rettore di qualche università. E sto parlando del 1953 o giù di lì.
    Il concetto era questo. Se hai molta sete e bevi un bicchier d’acqua, quel bicchiere sarà il più gradito (“prima dose”, dice l’economia). Se ne bevi un secondo (“seconda dose”) ti piacerà anche quello, ma meno del primo. Ma se ti forzassero a berne un quarto, un quinto e un sesto, invece di essere graditi si trasformerebbero in una forma di tortura. Al progredire delle dosi, prima l’utilità marginale (gradimento dell’ultima dose assunta) sale e sale, poi comincia a scendere e scendere, e quando oltrepassa l’ascissa, diventa negativa: e si chiama sofferenza.
    La curva del gettito fiscale è la stessa. Arrivata al massimo del gettito, se si incrementa ancora l’imposta, la gente fa a meno del bene su cui pagava l’imposta, e il gettito diminuisce. Per altra via, la stessa curva delle utilità marginali. Dal punto di vista della Scienza delle Finanze, l’imposta ideale è quella che dà il massimo gettito, non quella “alta” o quella “bassa”. Quello che fu suggerito a Ronald Reagan fu di abbassare le imposte in modo da aumentare la produzione di ricchezza (base imponibile credo si chiami) fino ad ottenere di più dall’economia, pesando meno su di essa.
    Il tutto con buona pace di Laffer, che mai si è vantato di avere inventato chissà che, bisogna dirlo.

  2. Mmm… qualche perplessità. In primo luogo proprio sulla curva di Laffer, “”una teoria scarabocchiata su un foglio di carta” (su un tovagliolo di carta, pare) come la definì Stiglitz, che non ha mai trovato verifica sperimentale se non quando la tassazione scende ma da un livello molto, molto alto. In concreto, quando evasione ed elusione si verificano largamente anche sulle basse aliquote applicare Laffer non ha senso; fermo restando che comunque livelli di tassazione troppo alti inducono alla “fuga” (fisica e fiscale) i grandi redditi e patrimoni.
    A me dà fastidio che gli “eccessi di ricchezza” (patrimoniale o reddituale) diano inevitabilmente luogo a “eccessi di volgarità”: lo yacht da 160 metri, la pizza da 80 euro, il castello 120 stanze e roba simile e anche peggiore. E che toccare queste “ricchezze” sia considerato sacrilegio. Vero che, a seguire Mandeville, esse fanno lavorare i cantieri e il personale di bordo, pizzaioli e designer, arredatori e personale di servizio e quindi “creano lavoro” (bisogna vedere quanto pagato in soldi e quanto in “prestigio sociale”), ma principalmente incrementano patrimoni mostruosi. Fortunatamente penseranno gli eredi a dilapidarli, dopo. Ma insomma, un po’ di modus in rebus sarebbe opportuno, finanziando ad esempio con borse di studio università e scuole inferiori e formazione professionale, ospedali, ausili per invalidi, vaccinazioni, cibo e altre carenze della “comunità umana”. Mi sembrerebbe un comportamente “responsabile”; per il quale apprezzo Bill Gates, che non mi sembra tenero con la prole e che “qualcosa” fa in quel senso, a differenza di Musk; per non parlare di certi CEO finanziari e assicurativi che evidentemente si sentono Mida e pretendono (anche quando portano al fallimento) compensi astronomici (https://esgnews.it/governance/compensi-ceo-il-2021-un-anno-da-record-a-wall-street/), ben più di 20 volte il massimo di cui parlò Adriano Olivetti. Insomma, senza agganciarsi a San Francesco o a Gesù, non mi pare che certi eccessi da “capitalismo avanzato” (in che senso?) siano approvabili; senza intendere che Lei li approvi. La “funzione sociale” dell’attività economica dovrebbe essere un “valore” importante, senza con ciò intaccare la libertà. A me piacerebbe avere la libertà di accoltellare il vicino di casa che alle 2 di notte mi fa balzare dal letto con le sue schitarrate volando il mio bisogno di sonno, ma percepisco l’utilità sociale del sistema giudiziario che fra qualche anno mi darà ragione, anche se presumo che ne frattempo ne soffriranno ripetutamente le gomme della mia auto sotto casa.

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