PUTIN SI DA’ I REFERENDUM SUI PIEDI

Mosca ha annunciato che dal 23 al 27 settembre prossimi, nell’Oblast di Luhansk, di Donetsk, e forse – se ho sentito bene – di Kherson e a Zaporizhzhia si terranno i referendum in vista dell’annessione alla Russia. La prima impressione è che questa mossa sia un errore marchiano. Un darsi irrimediabilmente i referendum sui piedi. E il perché è facile da dimostrare.
Innanzi tutto nessuno può organizzare un referendum per annettersi un territorio altrui perché, se non si ha la forza militare per annetterselo, lo Stato legittimo titolare di quel territorio non ne terrà nessun conto. E, se si ha la forza militare per impossessarsene, che bisogno c’è di indire un referendum?
In secondo luogo, se lo scopo era quello di dire: “Vogliamo dimostrare che l’annessione corrisponde alla volontà del popolo”, il referendum andava tenuto mentre il territorio era sotto l’amministrazione ucraina. Infatti che validità può avere un referendum tenuto in un Paese occupato da un esercito straniero? Chi garantisce la libertà di quel voto? Chi garantisce l’onestà dei risultati poi pubblicati? È come se dei rapinatori, dopo avere invaso una casa, mentre tengono sotto la minaccia delle armi la famiglia, le imponessero di svolgere questo tema: “Perché noi amiamo i nostri sequestratori”.
Ma gli errori non finiscono qui. Sappiamo che Luhansk e Donetsk, sono oblast russofoni (come del resto Kharkiv, tuttavia fieramente anti-russa) e, prima della guerra, avevano simpatie per il loro grande vicino. Ma siamo sicuri che questa simpatia si mantenga ancora oggi, mentre le due province hanno subito tremende distruzioni e devastazioni da parte dei russi? Prima ti prendo a calci negli stinchi e ti distruggo la casa, e poi ti chiedo di dirmi che mi ami? I referendum – se fossero onesti – potrebbero costituire delle sorprese.
Se inoltre Putin ha “lanciato il cuore oltre l’ostacolo”, nel senso che vorrebbe dare a bere che l’Ucraina non riuscirà in nessun caso a sloggiarlo, ripetendo cioè l’operazione Crimea, forse non ha pensato che il cuore, cadendo oltre l’ostacolo, potrebbe farsi male.
Se – come è in programma – l’esercito ucraino riuscirà a liberare Kherson, non soltanto ridicolizzerà quel referendum ma potrà proseguire verso la contigua Crimea, perché proprio la dimostrazione dell’inanità del referendum di Kherson sarebbe la premessa per dichiarare l’inanità del referendum della Crimea.
Sembra che Putin, mentre forse sta militarmente perdendo, voglia alzare la posta. Ma gli mancano i gettoni e il bluff è trasparente. È come se dicesse: “Per me la guerra è finita, mi tengo tutto ciò che le mie truppe sono riuscite ad occupare, e Kiev si deve rassegnare”. E sarebbe bellissimo, se Zelensky non dicesse la sua. È come se un pugile stanco, all’ottava ripresa, dicesse: “Basta così. Mi dichiaro vincitore”. Col rischio che mentre parla gli arrivi un pugno alla tempia che lo manda K.O.
In concreto, i referendum di Putin precludono il cammino negoziale. Prima la Russia si sarebbe potuta accontentare di una qualche situazione speciale di quelle province, di qualche forma di autonomia o di apparentamento. Oggi no. Oggi Putin ha detto all’Ucraina: “Io mi tengo quelle regioni, a meno che tu non mi batta militarmente”. E chi gli dice che questa dichiarazione, nella situazione attuale, intimidisca Kiev? Non si è accorto che ultimamente Volodymyr Zelensky ha sempre escluso la ripresa dei negoziati, proprio perché comincia a sentirsi veramente vincente?
Con la sua mossa Putin offre all’Ucraina un vantaggio, quello di rifiutare qualunque negoziato senza apparire rigida. Può sempre dire: “Avrei potuto concedere qualcosa, ma Mosca vuole tutto. Ed io non posso accettare una resa senza condizioni. Dunque o i russi se ne vanno, o la guerra continua. Aiutatemi a vincerla”.
Mosca praticamente obbliga Kiev o a divenire una colonia russa o a provocare la rovina di Putin, se ci riesce. Tanto che quasi ci si può chiedere se la mossa di Putin non serva ad intimidire l’Ucraina ma a sfidare il dissenso interno. E infatti, qual è stata la reazione della Borsa di Mosca? Titolo a tutta pagina dell’Ansa del 20 settembre 2022: “Fissati i referendum, crolla la Borsa di Mosca”. In altri termini, chi ragiona in termini finanziari vede quest’ultima mossa come un enorme errore e come un pericolo per la stabilità della stessa Russia. Esattamente come l’abbiamo vista qui.
Di fronte ad una tale serie di errori, uno non sa che pensare. La situazione militare russa non è incoraggiante; gli Stati Uniti non sembrano deflettere dalla loro intenzione di aiutare l’Ucraina; l’Europa Occidentale non si sta sfaldando, come Putin sperava, e l’arma del gas ha cominciato a fare fiasco: dalle quotazioni oltre i 300€, e fino a 330€, ad Amsterdam siamo scesi (oggi 20 settembre) a 171€; nell’est la controffensiva ucraina è sul limite della provincia di Luhansk, e la stessa città è a circa cento chilometri dall’esercito ucraino (salvo errori); Putin – si è visto a Samarcanda – ottiene qualche parola buona ma nessun aiuto ed appare isolato; Cina e India non soltanto non l’aiutano, ma gli comprano un po’ di petrolio perché lui gli fa lo sconto del 30% (begli amici); infine il dissenso nei suoi confronti affiora nella stessa Russia, malgrado le leggi draconiane, e parecchi politici, soprattutto di San Pietroburgo, chiedono la messa in stato di accusa di Putin. E questo era il momento giusto per crearsi nuovi problemi?
giannipardo1@gmail.com

PUTIN SI DA’ I REFERENDUM SUI PIEDIultima modifica: 2022-09-21T01:28:50+02:00da gianni.pardo
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5 pensieri su “PUTIN SI DA’ I REFERENDUM SUI PIEDI

  1. Gentile signora Emanuela,
    in fondo lei non mi dice niente di nuovo. Ricordo ancora quante volte i Vopos della Germania orientale hanno dovuto sparare ai berlinesi di Berlino Ovest che volevano ad ogni costo entrare a Berlino Est, benché le autoritù locali avessero elevato un lunghissimo muro per impedirlo. Ed avessero anche avvertito che le guardie armate avevano l’ordine di difendere ad ogni costo la patria dall’invasione.
    Ah, il paradiso dei lavoratori! Che nostalgia!

  2. Ma no, Pardo! Le ha lette le notizie? Da Azerbaigian, Kazakistan, Uzbekistan e Kirghizistan e Turchia tantissime persone stanno acquistando biglietti aerei a peso d’oro per andare in Russia a godere dei benefici della vita in quel felice Paese, e tantissimi altri dalla Finlandia, temendo il prossimo ingresso della stessa nella Nato, stanno fuggendo verso la Russia. E la polizia, in Russia, è costretta ad arrestare persone locali che manifestano un eccesso di entusiasmo (bandierine, mortaretti, sbevazzate, canti e urla di gioia) per le ultime iniziative putiniane per la difesa del sunnominato Paese. Me l’ha detto un’amica russa che vive in Italia.

  3. Lei semplifica troppo. L’eventuale comunanza di lingua non significa identità nazionale. In tutta l’America Latina, salvo il Brasile, si parla spagnolo. Lei pensa che non ci siano mai stati scontri armati, in quel continente? Secondo lei Americani e Inglesi, durante la guerra d’indipendenza statunitense, parlavano lingue diverse? Nella Grecia classica tutti parlavano greco, e per così dire non c’è città che non sia stata in guerra con un’altra città.
    Comunque i confini li stabiliscono la storia e la geografia. I baschi non si sentono spagnoli, ma dalla storia sono destinati ad obbedire a Madrid. Parlano basco? E allora? Anch’io non ho avuto come prima lingua l’italiano. Lo stesso abbiamo visto a Barcellona. E non si vede perché l’Ucraina non dovrebbe disporre del proprio territorio, anche quello in cui c’è una minoranza filo-estero, per così dire, come noi abbiamo un Alto Adige in cui parecchi si sentono più austriaci che italiani. Che ne direbbe se l’Austria tentasse di prendersi Bolzano con la forza? O la Germania quella Prussia Orientale che, da un certo punto di vista, è la sua culla, e oggi appartiene alla Russia? Vuol sapere a che punto quella regione era tedesca? Basti dire che vi ha vissuto e pensato e scritto un certo Immanuel Kant.
    Meglio non toccare i confini. Raramente vale la pena di farlo, il tutto finisce sempre col costare troppo caro.

  4. Eppure non bisogna fare molti sforzi per scoprire che nel Sud-est dell’Ucraina gli abitanti sono russofoni al 90% e quindi non c’è bisogno di truccare nulla perchè la guerra civile è reale, l’odio contro i russi è reale, otto anni di guerra nel Donbass con migliaia di morti civili e militari dalle due parti sono reali. Capisco che quando si ha a che fare con la Chiesa ATLANTISTA è difficile ragionare: la Fede è Fede e chi discute deve essere scomunicato. Non c’è spazio per il ragionamento. Amen

  5. E che altro poteva fare? Oggi le cose per lui volgono per il peggio, da tutti i punti di vista. Militarmente, economicamente, la sua popolarita’ in Russia. A questo punto, che fare? Meglio un referendum, probabilmente abbastanza truccato, i cui risultati possano in qualche modo giustificare l’annessione del Donetsk eccetera, e quindi l’inizio delle ostilita’. E probabilmente la loro futura escalation.

    https://www.aljazeera.com/news/2022/9/20/pro-russian-separatists-in-ukraine-to-hold-annexation-votes
    E’ la sua ultima carta da giocare. Poi c’e’ solo la bomba atomica. Ma non credo che la sua pazzia arrivi a tanto.

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