IL CAMBIAMENTO D’OPINIONE

Il cambiamento d’opinione non è problema dappoco. Cambiandole spesso, si è una banderuola. Non cambiandole mai, si è rigidi. Allah, indicami la via giusta. Ma per cominciare bisogna intendersi sulle opinioni.
Tutti hanno un’opinione sui carciofi (“Mi piacciono”, “Non mi piacciono”) ma non tutti hanno opinioni di valore generale, del tipo: “Dio esiste”, “Sono di destra”, “Sono di sinistra”. E via dicendo. Qui ci si occupa di queste ultime. Cioè di quelle “idee fondamentali” che hanno influenza nella nostra vita.
La prima cosa da dire, è che non tutti hanno questo tipo di idee. Se gli chiedete: “Credi che Dio esista?” Risponderanno – in questo degni dello Sganarelle del Don Giovanni di Molière – “Il prete dice che esiste”; oppure: “Certo che sì, se no a che scopo avrebbero costruito tante chiese?” Con costoro, parlare di opinioni o di idee, è perdere il proprio tempo. Ammesso che alle loro vite applichino delle idee, sono quelle che gli sono state consegnate “prêtes à porter” quando erano bambini. E non le hanno mai messe in discussione. “Perché ti sposi in chiesa?”. “Perché in chiesa si sono sposati mio padre e mio nonno”. Già sarebbe stato un progresso se avessero risposto: “La cornice della Chiesa è più bella di quella del Municipio”.
Tolti di mezzo coloro che vivono seguendo la corrente come relitti su un fiume, rimangono coloro che le idee credono di averle. E anche qui bisogna intendersi. Quando si tratta di “idee fondamentali”, averle o non averle non è l’unico problema. Infatti, se sono “vere”, ne consegue che si vive secondo quelle idee. Ciò distingue le “idee guida” dalle “idee soprammobile”. Le idee soprammobile sono quelle che si snocciolano in pubblico, per dimostrare la propria cultura o per esercitare la propria professione, senza però nessuna partecipazione, senza nessuna emozione, senza che esse pesino sulla nostra vita. Sono idee “ornamentali” o “strumentali”.
Viceversa le idee “vere” ci costringono a metterle in pratica. Quando il Papa, leggendo il Vangelo, ci ricorda che Gesù ci ha chiesto di “dare tutti nostri beni ai poveri e seguirlo” è un ipocrita; chi ha creduto veramente a quelle parole è Francesco d’Assisi, che veramente dette i suoi beni ai poveri e visse da mendicante. Il Papa potrebbe dirmi che il Vangelo “esagerava per rendere chiara l’idea”. E sia: ma lui avrebbe dovuto dirlo durante l’omelia, non quando gli ho citato Francesco. Ed io gli chiederei anche se, per caso, Gesù non esagerasse un po’, quando diceva: “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”. O non abbiano esagerato quelli che lo hanno preso alla lettera. E infatti quelli che hanno preso il Vangelo cum grano salis possono anche vivere nel lusso del Vaticano.
Le idee “vere” sono quelle seguite come guida, come assunzione di responsabilità per le proprie scelte. Ed anche come prevenzione delle brutte sorprese. Infatti le idee e i principi più seducenti sono quelli più ottimistici, ma sono nocivi perché ingannevoli. Le idee non devono essere rassicuranti, ma “utili”, tenendo conto della realtà. Per esempio è necessario elaborare il “lutto della vita eterna”, che non avremo, e accettare invece l’idea che moriremo, perché è inevitabile. E questo fin da giovani. Perché sin da giovani si è mortali.
Le idee consolatrici sono spesso false, le idee vere sono spesso crudeli, ma le prime conducono alla delusione, le seconde alla saggezza, e al limite allo sforzo di trarre il meglio dalla vita. Hai vent’anni e ti pare che non morirai mai. E invece morirai, dunque sii prudente già oggi, in motocicletta.
Il cambiamento delle idee è possibile, ed anche doveroso, quando si riconosce una nuova verità. Ma che pensare di chi ha cambiato opinione, radicalmente, più volte nella vita? Probabilmente si tratta di persone prevalentemente emotive e suggestionabili. Se un’idea appare loro seducente, non hanno il freno della riflessione e del senso critico, sicché si buttano ad abbracciarla senza riserve. Questa facilità all’entusiasmo è un indice di immaturità. Il prete può abbandonare la tonaca ma non può poi divenire a volta a volta ateo, buddista o comunista. Se questo è possibile, nessuna di quelle convinzioni era profonda.
Il caso contrario, quello della rigidità, è allarmante in primo luogo perché denota non fermezza di convinzioni, ma la paura o la pigrizia di cambiarle. Questo è spesso l’atteggiamento del conformista, convinto che soltanto stando in mezzo al gregge si è sicuri di essere lontani dai lupi. Le persone di questo genere non sono fedeli alle loro idee, che non hanno, ma al loro quieto vivere. Un buon esempio: il prete che ha perso la Fede ma non lo dice a nessuno, perché diversamente la sua vita ne risulterebbe sconvolta.
Altre persone aderiscono a certe idee come il Linus dei Peanuts aderiva alla sua coperta. Ne sono stati protetti e consolati così a lungo, che cambiarle – quand’anche fossero infondate – suonerebbe come un tradimento. Per non dire che ormai non saprebbero che altro pensare. Questo è stato il dramma di milioni di comunisti. Credendo a Khrushchev avrebbero dovuto riconoscere di avere sbagliato tutto, per decenni, di avere illuso sé stessi e gli altri. Così molti sono arrivati a sostenere: “Noi abbiamo sbagliato per motivi ideali, mentre chi ha detto la verità l’ha fatto per motivi abietti. Noi comunisti eravamo migliori di voi”. Insalvabili.
Di questo atteggiamento fanatico il buon esempio l’ha dato la Chiesa quando insegna che: “La Fede è anche un atto di volontà”. Bisogna voler credere. Ma se la Fede è un atto di volontà, e vedendo una lucertola riuscissi a convincermi che è un coccodrillo, avrei perduto la ragione. Come dissi una volta a un teologo: “Il vostro invito ai miei occhi corrisponde a una confessione di irrazionalità della Fede”. E infatti, prima dei sedici anni, fui irrimediabilmente ateo.
giannipardo1@gmail.com
18 giugno 2022

IL CAMBIAMENTO D’OPINIONEultima modifica: 2022-06-26T07:19:24+02:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo

10 pensieri su “IL CAMBIAMENTO D’OPINIONE

  1. “Nelle controversie era cortese e ragionevole, non insultava mai, e faceva del suo meglio per persuadere.” ( Bertrand Russell – Spinoza )
    Almeno in questo Pardo è spinoziano. Anche troppo.

  2. “Non sapere che farsene, parlando di Dio” forse non è il linguaggio più adeguato. Il punto è che il panteismo non supera questa obiezione: se l’universo è fatto soltanto di materia, o se è esso stesso un Dio inerte e, per così dire, non cosciente e ininfluente sulla vita umana, che esista o non esista non fa differenza.

  3. Ho inviato il commento senza aver letto i due precedenti.
    Aggiungo solo che in passato ebbi a commentare che il Dio che mi appariva più verosimile ( il verbo credere in relazione ad un’ipotesi a me sembra inappropriato )
    era il Dio di Spinoza. Ma l’amico Pardo mi rispose che di quel Dio non sapeva che farsene.

  4. https://www.youtube.com/watch?v=twP0J5fsvu
    Perfino le SS, insensibili alle grida di quei poveretti stipati nei camion della morte, i gaswagen, avevano impresso nel cinturone la scritta ” Gott mit uns “.
    Ma se la fede è violenza, il dubbio cos’è ?

    “Dunque, la posizione di default è quella dell’universale nulla. Qualunque tesi diversa va dimostrata ed eventualmente discussa. Finché ciò non avverrà, la tesi incontrastabile è che le cose vengono dal nulla e vanno al nulla.”

    Marco Aurelio Mello, giudice costituzionale brasiliano, durante la lettura del proprio voto era solito richiamarsi a Parmenide : ” nada surge sem uma causa ” oppure ” nada surge do nada “. Per dimostrare la fondatezza di questo principio si possono fare molti esempi. Per dimostrare “che le cose vengono dal nulla e vanno verso il nulla” quali esempi possiamo fare ?

  5. Insomma, caro Sergio, Severino aveva una Fede. Una fede nella sua propria verità. E poi, citare Parmenideù! Mi sbaglio o questo filosofo è ormai oltre la data di scadenza indicata sul prodotto?
    Io non credo di avere una Fede e comunque mi sforzo di non averne. Tanto che preciso: l’espressione “viene dal nulla e ricade nel nulla” non è mia, è sua, caro Sergio, ed immagino la ricavi da Severino. Io non ho nemmeno questa certezza. Perché essa implicherebbe il nulla e – dicevano giustamente i teologi – il nulla non può passare all’essere “da sé”, ha bisogno di un creatore. E loro quel creatore lo chiamavano Dio. Per me invece la materia potrebbe benissimo essere eterna e a fare a meno di Dio. Dunque io non dico che l’Universo viene dal nulla e andrà nel nulla, dico che non sappiamo che senso ha, ammesso che ne abbia uno. E per me non l’ha. Quanto a noi, banalmente, come le formiche, i canguri, le lattughe, i rettori d’Università, gli scarafaggi e gli elefanti, dopo un certo tempo moriamo, facciamo dei vermi e, dopo qualche tempo, nessuno sa nulla di noi. E di Cesare e di Mozart? Certo, di loro ci ricordiamo. Un po’ più a lungo. Ma dopo che il Sole sarà esploso chi si ricorderà di chi?

  6. La tesi di Severino sull’eternità di tutti gli enti e fenomeni è chiaramente indimostrabile. In un certo senso è perciò anche questa una fede (Flores d’Arcais e Berardinelli: Severino non vuole morire, perciò crede nell’eternità – sua e di tutti, di tutto). Severino però nega che l’eternità del tutto sia una fede e in fondo un’opinione. Per lui è questa la verità. Come ci è arrivato? Penso che abbia avuto da giovane questa intuizione (o trovata) e poi ci abbia ricamato su fino alla noia per tutta la vita (in libri noiosissimi, semi incomprensibili, indigesti). Parmenide sostiene che la “sfera perfetta” è eterna, mentre gli enti e fenomeni al suo interno sono ombre evanescenti e nient’altro). Severino invece dichiara i fenomeni eterni come la sfera (o universo).
    Un’obiezione al Suo nichilismo (per Severino è nichilista chi crede che le cose vengano dal nulla e ricadano nel nulla). Se Dio non esiste, come noi crediamo o meglio sappiamo (sicuramente non può esistere il ridicolo Dio Provvidenza cristiano), esistono però indubitabilmente la materia, il cosmo, l’universo – e tutti gli infiniti enti al suo interno (duecento miliardi di galassie, quattrocento miliardi di stelle nella sola Via Lattea, i pianeti chissà quanti – ma poi anche le infinite miserie su questo “granel di sabbia che di Terra ha il nome”). L’esistenza di questi enti non deve essere dimostrata, è evidente. Ma, dice il nichilista Pardo,
    tutto passa, viene dal nulla e ricade nel nulla. Mah, chissà, a volte l’eternità di Severino mi piace. Era un maniaco, farneticava, si voleva immortale? Forse, probabile. Però come commentatore dell’attualita in un mucchio di elzeviri e di libri ragionava in modo eccellente, tanto che io lo ribattezzai Severino Schiacciasassi (la sua logica era ferrea, stritolava ogni ragionamento contrario).
    Non ho ancora capito se l’idea di Severino fosse un’eco dell’eterno ritorno di Nietzsche, forse ne sa lei qualcosa. Naturalmente Severino non voleva essere confuso con Nietzsche: modestamente si considerava il più grande filosofo di tutti i tempi, persino superiore a Leopardi che lui ha rivalutato come filosofo e a cui ha dedicato due grossi libri (due mattoni che non Le dico!).

  7. Severino era un pensatore interessante, e infatti il suo concetto di “fede” come “violenza” è degno di molta attenzione. Ma è contraddittorio quando afferma che “violenza estrema è credere che le cose, gli enti, i fenomeni vengano dal nulla e ricadano nel nulla”. O lui dimostra da chi (diverso dal nulla) o da che cosa (diverso dal nulla) vengono, e a chi (diverso dal nulla) o dove (diverso dal nulla) vanno, e saremo o non saremo d’accordo. Ma se lui non dimostra che vengano da altro che dal nulla e ricadano in altro che nel nulla, io perché dovrei credere qualcosa che non mi è stato dimostrato?
    L’errore di questo ragionamento è che Severino dimentica che non esistono prove negative (se non per induzione, dimostrando una verità incompatibile con quella asserita. “Tu hai ucciso”, “No, perché l’omicidio è avvenuto a Rimini ed io ero a Modena. Alibi”).
    Io posso asserire di avere uno zio che si chiama Emanuele e se qualcuno non ci crede, chiamo lo zio e lo mostro: questo è lo zio Emanuele. Se qualcuno ancora non ci crede, gli mostriamo i necessari certificati che dimostrano che suo padre era mio nonno. Io ho dunque uno zio di nome Emanuele. Ma come potrei dimostrare di NON avere uno zio di nome Emanuele? Non ho nessun modo.
    La verità è che ciò, oltre ad essere impossibile, non è necessario. Nel dubbio io non ho uno zio Emanuele. Sta a chi sostenesse la sua esistenza dimostrarla.
    Dunque, la posizione di default è quella dell’universale nulla. Qualunque tesi diversa va dimostrata ed eventualmente discussa. Finché ciò non avverrà, la tesi incontrastabile è che le cose vengono dal nulla e vanno al nulla.

  8. Che piacevole sermoncino sul cambio di opinioni, grazie. Poteva però anche aggiungere una riflessione su: “Solo un cretino non cambia mai opinione.”
    Sulla fede come atto di volontà. Emanuele Severino buonanima, con cui ho un rapporto molto controverso (aveva la fissa, l’idea fissa dell’eternità del tutto, la sua stella polare), mi ha però spiegato molto bene la differenza tra fede e verità (nei “Pensieri sul cristianesimo” – Severino era per la Chiesa un ateo radicale, perciò fu allontanato dall’Università cattolica). E diceva una cosa sorprendente, ma vera: la fede, ogni fede (non solo il cristianesimo) è violenza. Perché vuole, pretende che ciò in cui crede sia vero benché non ci sia nessuna evidenza (se il contenuto della fede fosse evidente non sarebbe più fede, non dovremmo crederci). La fede come violenza, interessante. E poi aggiungeva che la violenza estrema è credere che le cose, gli enti, i fenomeni vengano dal nulla e ricadano nel nulla. Tragico errore in cui l’umanità crede da millenni per colpa dei Greci. Che Dio non è è chiaro (“per la contraddizion che nol consente”): se io dico “credo in Dio”, voglio, pretendo esigo che Dio esista, e questa è violenza. Quando il credente prega: “sia fatta la tua volontà, venga il tuo regno” pretende che l’ipotetico Dio si conformi alla sua volontà e realizzi il suo regno. Corretto sarebbe dire: la tua volontà si fa, è legge, il tuo regno viene (non perché lo desidero, lo voglio io).

I commenti sono chiusi.