LA RISOLUTEZZA IN POLITICA

Del Primo Ministro tedesco, Olaf Scholz, qualcuno ha detto che è così esitante e a volte contraddittorio da aver fatto perdere autorevolezza alla Germania. Scholz irrita e preoccupa gli Stati Baltici, che non si sentono sufficientemente sostenuti dalla Germania, ed anche Kiev, ancora in attesa delle armi promesse da Berlino. Pare che non ci siano le munizioni, nientemeno. Qualcosa che avremmo immaginato soltanto in Italia. Insomma, Mario Draghi, pur rappresentando un’Italia economicamente meno importante e gravata da una storia che non sempre le fa onore, negli incontri europei sembra molto più autorevole.
Ma Scholz non è un caso speciale. In Italia molti reputano che non decidere è sempre meglio che decidere: ci si fanno meno nemici e spesso i problemi, col tempo, invece di marcire si risolvono. C’è gente che della tecnica del pesce in barile ha fatto un’arte. Ma il problema teorico rimane: in politica la risolutezza è una qualità o un difetto?
L’Italia pensa sia un difetto. E infatti Craxi è stato accusato – con successo – di “decisionismo”. Era soltanto il Presidente del Consiglio dei Ministri: non lo sapeva che la sua funzione si esauriva nel sedere a capotavola? Da noi quando “si affronta un problema” si intende che “se ne parla” e “lo si rinvia”.
Tornando al problema generale, si potrebbe cominciare con un’evidenza lapalissiana: la risolutezza è una qualità quando si decide la cosa giusta ed è un difetto quando si decide la cosa sbagliata. E naturalmente il problema è distinguerle. Ma è anche sbagliato non decidere. Chi non fa nulla si assume la responsabilità di non aver fatto nulla. Per il diritto penale, è tanto reato fare ciò che non si doveva fare quanto non fare ciò che si doveva fare.
Ecco spiegata la nostra angoscia. È tremendo sapere che moltissimo dipende da ciò che faremo, mentre noi non sappiamo qual è la cosa giusta da fare. Tutti coloro che hanno pensato di lasciare il coniuge si sono chiesti: “Mi pentirò di essermi separato o mi pentirò di non essermi separato?” Ecco perché è stato detto che: “Decidere significa ridurre i possibili errori ad uno”. E per questo bisognerà essere benevoli con sé stessi, in caso di pentimento. Se sul momento avessimo avuto le idee chiare, avremmo fatto la cosa giusta. Ma questo corrisponde a scoprire l’acqua calda. Imperdonabile è soltanto chi ha fatto la cosa sbagliata sapendo che era sbagliata.
Tutti sappiamo quanto seriamente Giulio Cesare esitò, prima di passare il Rubicone. E ne aveva ben donde. Infatti l’alternativa era, in caso di successo, quella di divenire il padrone di Roma ma in caso di insuccesso la morte. Golda Meir esitò a lungo prima di inviare degli agenti ad uccidere uno per uno gli assassini degli atleti israeliani a Monaco, nel 1972. Anche Margaret Thatcher, quando decise di rispondere con la guerra all’invasione della Falkland, ebbe il coraggio di agire come forse altri non avrebbero fatto: la flotta, all’altro capo del mondo, per qualche scoglio e alcune migliaia di pecore? Ma la Iron Lady insegnò a tutti Paesi che non bisognava prendere sottogamba il Regno Unito.
Nel giudizio finale sulle decisioni pesa molto il risultato. Si sa, la vittoria ha cento padri e la sconfitta è orfana. Mussolini, dichiarando guerra alla Francia, nel 1940, commise un’azione in ogni caso vile e ignobile, ma se l’Asse avesse vinto la Seconda Guerra Mondiale il Duce sarebbe stato applaudito anche per quel cinico delitto. La valutazione di ogni gesto, anche il più “illegale” o il più “immorale”, è influenzata dal seguito della storia.
La decisione di Vladimir Putin di invadere l’Ucraina appare evidentemente sbagliata. Infatti tutti i competenti, anche prima che cominciasse, gliel’hanno sconsigliata, e l’hanno addirittura creduta inverosimile. Putin invece si è fidato troppo di sé stesso, e non gli è andata bene. Non gli andrà bene nemmeno se potrà tenersi quella parte di Ucraina che attualmente il suo esercito occupa, perché è riuscito a svegliare l’America, a resuscitare l’Europa e a rendere la Russia un paria fra le nazioni.
La mesta conclusione è: decidere sì, pur sapendo di rischiare, azzardare no. E se tutti sconsigliano una certa mossa, bisogna riflettere seriamente. Come ha scritto qualcuno: “Non bisogna credere che tutto il buon senso del mondo si sia rannicchiato nel nostro cervello”.
giannipardo1@gmail.com

LA RISOLUTEZZA IN POLITICAultima modifica: 2022-06-10T14:20:35+02:00da gianni.pardo
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