SPERIAMO CHE A BUCHA GLI UCRAINI ABBIANO MENTITO

Una strada in tempo di guerra. Una bambina nuda, piangente, corre verso di noi. È stata spogliata dai suoi vestiti dal napalm: sicuro è, dicono alcuni, che quella foto segnò la fine della guerra del Vietnam e la sconfitta degli Stati Uniti. E tutti siamo stati consolati quando, anni dopo, abbiamo saputo che la bambina si chiamava Kim Phúc, è sopravvissuta e vive felicemente.
Questo piccolo episodio è altamente significativo. Esso conferma, se mai ce ne fosse bisogno, che non si convince il prossimo con gli argomenti ma con l’emotività. Nel caso della guerra del Vietnam (che fu persa politicamente, non militarmente dagli Stati Uniti) il sostegno popolare all’Amministrazione era già vacillante: la bambina “bruciata” fece traboccare il vaso. Non si conduce una guerra senza il sostegno della popolazione. Oppure si conduce come l’Italia condusse la guerra dopo l’8/9/1943.
Nel caso della guerra in Ucraina non sono stati uccisi soltanto i 320 civili di Bucha di cui si parla, ma molte, molte migliaia di civili. A partire da quelli sotterrati vivi negli scantinati dei palazzi bombardati. Ma non ci sono le fotografie e quelle migliaia di civili pesano meno dei due o tre, sdraiati sull’asfalto di Bucha.
Non sono due o tre, dirà qualcuno, sono una ventina. Cinquanta, dirà un altro. E un altro dice: erano tutti vivi, attori pagati dagli americani. E a me non importa, neanche se fossero mille e realmente pagati dagli Stati Uniti. Mi importa che se ne parli in tutto il mondo, mi importa che nelle menti semplici, poco informate e poco intelligenti – come sono quelle di molti intellettuali – le fotografie di un paio di persone assassinate valgano più di una guerra di pura aggressione, ma riferita, “non vista”. Di cui è stato informato il cervello, non gli occhi.
Piccola prova: un Javelin americano è un razzo che, sparato contro un carro armato, vola raso terra, poi s’impenna come un cobra, sale a 150 m e da lì si butta a capofitto contro la torretta del carro armato, facendola letteralmente volare via ed esplodendo all’interno del carro. L’equipaggio del carro non fa nemmeno in tempo a rimpiangere la vita. Poveri ragazzi innocenti che avevano un futuro e non l’hanno più. Che avevano una madre e purtroppo questa è ancora viva, perché possa piangere su di loro.
La guerra è orribile, anzi è sempre orribile, ma “comunicarla” è difficile. Se i vietcong avessero saputo come funziona il mondo, e se ne avessero avuto i mezzi, la bambina dovevano denudarla loro, e farla piangere loro, e farla correre verso il fotografo, dal momento che quella bambina avrebbe forse vinto la battaglia più importante della guerra. E per questo trovo l’indignazione e l’orrore per quanto avvenuto a Bucha inadeguato. “È giusto che piangiate per questo episodio, però, per favore, non smettete più di piangere, perché l’orrore continua, quotidianamente. Moltiplicato per dieci o per cento”.
E arrivo al punto che fa tanto discutere. Lasciamo perdere il resto degli orrori e rispondiamo all’interrogativo che tormenta tanta gente sensibile alla propaganda di Mosca: l’ episodio di Bucha è autentico o è uno spettacolo montato ad arte dagli ucraini? A questa domanda, quanto meno a me, è facile rispondere: “Temo sia autentico. Avrei tanto preferito che fosse falso, esattamente come dicono i russi”.
Se infatti fosse falso, per una volta – contro le cento volte russe – gli ucraini dimostrerebbero la capacità di mentire, di imbrogliare, di speculare sulle tragedie: fino ad infliggere al nemico una seria sconfitta a tavolino, senza sparare un colpo.
Se i russi mentono a tutto spiano, perché mai gli ucraini non dovrebbero mentire nella misura del possibile? Perché mai non dovremmo tutti mentire a tutto spiano, quando abbiamo rapporti con i russi? Perché lasciargli questo vantaggio, che ha funzionato per quel Paese ininterrottamente dal 1917 al 1992?
Se i morti (?) di Bucha hanno incoraggiato i Paesi occidentali a spedire più armi a Kiev, e a provocare l’adozione di più pesanti sanzioni alla Russia, se insomma costituiscono un’importante vittoria mediatica e politica, perché non bisognerebbe applaudirla?
Domanda generale: perché mai dovremmo essere tanto morali da lasciare agli avversari il vantaggio di essere i soli ad essere immorali?
Gli Stati comandati da dittatori spietati non hanno mai manifestato nessuno scrupolo, quando hanno visto che gli conveniva mentire. Dal 1940 a Boris Yeltsin la Russia ha negato la strage di Katyn. Gli ucraini – se questo fosse il caso – sarebbero appena degli apprendisti, se attribuissero alla Russia la bazzecola di qualche centinaio di innocenti uccisi. La scala di Katyn va oltre i ventimila.
Bisogna essere agnelli fra gli agnelli e a malincuore, belve fra le belve, forse più feroci di loro, se ci costringono a difenderci.
giannipardo1@gmail.com

SPERIAMO CHE A BUCHA GLI UCRAINI ABBIANO MENTITOultima modifica: 2022-04-07T18:30:23+02:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo

2 pensieri su “SPERIAMO CHE A BUCHA GLI UCRAINI ABBIANO MENTITO

  1. Do così poco peso alle parole che, per me, poco importa se ci si dichiara buoni o cattivi. L’essenziale è non lasciare nessun indebito vantaggio al nemico.
    Infatti, se qualcosa rimprovero ai russi, è di mentire TROPPO, e troppo smaccatamente, al punto da essere divenuti i campioni delle menzogne, ritenuti da tutti totalmente inaffidabili. Questo va contro i loro interessi. Bisogna dire abbastanza verità per essere creduti quando poi si mente.
    Gianni Machiavelli

  2. Gli autodefinitisi buoni non dovrebbero mentire per coerenza e dignità.
    Se si dice che l’avversario è cattivo perché mente e imbroglia, non posso (non sarebbe degno) che io mi definisca buono e poi menta e imbrogli.
    Diverso sarebbe se i buoni si presentassero onestamente: siamo in guerra e faremo di tutto per vincere, anche le porcate che fa il nemico. Altrimenti è la solita storia (specialmente della sinistra e dei benpensanti): i limiti della legge e della decenza devono essere rispettati perché è giusto e doveroso rispettarli… a meno che sia io a violarli e allora sarà, soltanto per me e chi la pensa come me, giusto e doveroso violarli.

I commenti sono chiusi.