RESA O RESISTENZA?

L’attualità ci propone un dilemma che possiamo denominare: “Resa o resistenza?”
Volodymyr Zelensky, in questo seguito dall’eroico popolo ucraino, ha annunciato sin dal principio la resistenza ad oltranza. Se necessario fino alla morte. Molti – in perfetta buona fede e per amore di quell’infelice popolo – chiedono: “Se il finale è già scritto, se la Russia non può che vincere e l’Ucraina non può che perdere, a che scopo accettare morte e distruzioni? Tanto vale arrendersi subito e salvare il salvabile”.
La parola dilemma ha un notevole successo. Non soltanto è una parola “colta” ma ha l’attrattiva di una semplificazione. Non soltanto la sua etimologia che parte da “dis”, due volte, secondo il dizionario della Treccani, riduce le ipotesi a due ma, come prosegue il dizionario, “La forza logica del dilemma si basa perciò sul presupposto che, nella duplice alternativa che lo costituisce, sia esaurita la totalità dei casi possibili”. E invece i casi possibili sono troppo spesso molti più di due. È vero che esistono anche il trilemma e il tetralemma, ma sembrano piuttosto degli scherzi maccheronici.
A tutti piace distinguere il bianco dal nero, il buono dal cattivo, il torto dalla ragione. Diviene più facile sapere da che parte stare. Purtroppo, la realtà tende alla complessità e la gente recalcitra. Vorrebbe che i veleni fossero soltanto una cosa negativa e i medicinali soltanto una cosa positiva. In realtà i veleni possono anche essere terapeutici (“Il veleno sta nella dose”, diceva Paracelso) e i medicinali possono avere – anzi, normalmente “hanno” – controindicazioni. Il medicinale non risponde a un dilemma, ma a un’utilità. Per essere valido basta che faccia ragionevolmente più bene che male.
Dunque la tesi dei pacifisti non va rigettata d’acchito, e se qui si rischia di aver l’aria di difenderla è perché essa è evidentemente la meno suggestiva delle due. Se infatti il popolo ucraino si difendesse esclusivamente per “esprit de panache”, cioè per motivi di orgoglio e dignità, sarebbe giusto chiedersi se questi sentimenti valgano tante vite e tanti danni. Ma bisognerebbe anche chiedersi quali siano i costi successivi alla resa. Per quanto tempo il popolo ucraino resterebbe schiavo della Russia? E lo spirito di rassegnazione di oggi permetterebbe mai il risorgimento nazionale e la cacciata dello straniero? I giovani mal preparati e mal guidati che si fecero macellare a Curtatone e Montanara furono dunque del tutto inutili, nel Risorgimento italiano? Se qualcosa bisogna biasimare è piuttosto l’organizzazione di quella battaglia che il loro eroismo.
Non basta. Il fatto di avere mandato all’estero milioni di donne e bambini significa che anche se la Russia uccidesse tutti gli ucraini (per fortuna non è questa l’ipotesi) la nazione ucraina non cesserà di esistere. Tutti quei bambini diverranno uomini e uomini che non potranno dimenticare.
E poi – sempre in tema di semplificazioni – l’esito delle guerre è meno facile da prevedere di quanto si potrebbe pensare. Chi avrebbe dato vincente – ed anzi ampiamente vincente – Israele nella guerra contro l’universo mondo islamico, nel 1967? Secondo il buon senso il minuscolo Paese ebraico, aggredito da eserciti sconfinati, si sarebbe dunque dovuto arrendere, sperando nella benevolenza degli assalitori? E i greci, sapendo che sarebbe arrivato un esercito sterminato, che speranze avevano di sconfiggere il Grande Re? Eppure a Maratona vinsero. E perfino quando persero, alle Termopili, persero in maniera tale da dare ai persiani un avvertimento che non avrebbero dimenticato.
Dunque non possiamo rigettare il consiglio della resa, che parte da un buon sentimento, ma non possiamo nemmeno accoglierlo, perché soltanto il tempo ci dirà quale sarebbe stata la migliore soluzione. La vita spesso non offre dilemmi, ma n-lemmi. Ed è questo il caso attuale. Inoltre, chi parla di resa, non tiene conto del fatto che sono anche in gioco dei valori, e che l’eroe che muore feconda il suolo della patria col suo sangue. Sembra retorica, ma è la verità. Una volta chiesero a De Gaulle se non si occupasse troppo di ideali ed egli rispose che se ne occupava per realismo. Chiedendo ironico: “Non avete visto che essi fanno la storia?”
Comunque si concluda la vicenda, la resistenza ucraina ha seminato tali ragioni di rancore e perfino di odio, che diviene possibile conquistare l’Ucraina ma impossibile integrarsela. Del resto la Russia, malgrado una dominazione di quasi mezzo secolo, non soltanto non è riuscita ad annettersi la Polonia, ma non ha saputo neanche farsene un’alleata. Come diceva qualcuno, in Francia, si può fare di tutto, con le baionette, “Salvo sedercisi sopra”.
Gianni Pardo, giannipardo1

RESA O RESISTENZA?ultima modifica: 2022-03-13T20:50:59+01:00da gianni.pardo
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9 pensieri su “RESA O RESISTENZA?

  1. Le idee di Canfora (che ha anche commesso errori di storia) sono state stroncate anche su ItaliaOggi. La pretesa di conoscere la direzione della storia nasce forse da un’inconscia ribellione verso un corso storico che ci ignora, ci smentisce, ci ricaccia nella nostra insignificanza. Ma se lo storicismo si impanca a profeta rischia la fine di tutti i profeti, i quali ci azzeccano, quando ci azzeccano, solo perché fra l tanti che hanno fatto delle ipotesi, era fatale che uno avesse ragione.
    Il futuro è inconoscibile, e a meno di pensare che Dio diriga la storia (ma questo sarebbe in contrasto con Auschwitz), dobbiamo rassegnarci all’imprevedibilità. Se così non fosse, nessuno si imbarcherebbe in una guerra che sa poi perderà. Nessuno può dire se, alla lunga, prevarrà la democrazia o l’autocrazia. E in fondo, che importa? Tanto non ci saremo.

  2. Commento interessante e in buona misura plausibile. Dimentica però un particolare: noi siamo bestie sociali. E come le api sono disposte a morire per l’alveare, e altrettanto fanno le termiti guerriere, anche noi, come specie intendo, siamo disposti a morire per il gruppo. Dunque gli ucraini che muoiono oggi lo fanno per i loro figli (del resto spesso mandati all’estero, perché sopravvivano) lasciando nei solchi delle campagne il seme dell’amore della libertà che renderà l’Ucraina un inferno, per i russi, se vorranno opprimerla. Se l’Ungheria è anticomunista è perché si è ribellata nel 1956 e la vittoria dei russi, anche se pluridecennale, si è infine estinta. Se la Cecoslovacchia si è arresa, nel 1968, è stato perché la vicenda dell’Ungheria era troppo recente, per essere dimenticata, e dunque non era necessario ribadire il proprio amore per l’indipendenza e la democrazia. Dunque la guerra è un disastro, ma morire per la libertà non è assurdo.
    Inoltre, arrendersi? Bisogna vedere a chi, e ciò che seguirà alla resa. Arrendersi ai romani era un conto, arrendersi a qualcuno che avesse voluto sterminare tutti per ereditare il territorio un altro conto. Per venire ai nostri tempi: arrendersi a Stalin?

  3. Personalmente, tra resa e resistenza, da quel coniglio quale sono e fui (da queste parti si usa invece “chicken”), io preferirei la resa. Per me meglio una vita sotto l’oppressore che la morte.
    Due secoli fa si avevano grandi ideali, Dio, l’onore, la patria. Oggi non piu’. Beh, almeno per me (tranne l’onore, forse). Morirei per salvare i miei familiari, questo si. Ma non per la patria. E che cos’e’ poi la patria? Perche’ posso uccidere, che so, un francese e non un calabrese? Sette-otto secoli fa un fiorentino avrebbe ucciso volentieri un senese.
    E immaginiamo che avvenga una guerra tra Italia e Sudafrica (cosa alquanto improbabile): io sono italiano, i miei figli sudafricani. Che facciamo, ci spariamo a vicenda?
    Quando ero ragazzo, ero convinto che durante il corso della mia vita il concetto di nazioni sarebbe sparito, e saremmo diventati tutti “cittadini del mondo”. Invece.

  4. Di sinistra ma spesso anche novax: molti di quelli che gridavano alla dittatura per il green pass sono gli stessi che ce l’hanno con la Nato e strizzano l’occhio a Putin.
    Questa sovrapposizione la trovo confortante: almeno i due gruppi non si sommano. Altrimenti significherebbe essere in minoranza e circondati.

  5. Io non ho nessun social perché mi fanno ribrezzo, ho solo Youtube perché quando compri il telefono viene collegato di default, così mi sono guardato diversi video sull’Ucraina in italiano e in inglese.
    Leggendone gli infiniti commenti, ho potuto constatare che mentre quelli in inglese, da tutto il mondo, sono nella stragrande maggioranza a favore dell’Ucraina ed esprimono rispetto ed ammirazione per il coraggio del popolo ucraino, nei video italiani è quasi il contrario: Zelensky prende molti più insulti di Putin e viene dato molto più credito alla propaganda russa. Si legge che “gli ucraini sono nazisti”, “la guerra è colpa di Zelensky”, “Zelensky è un vigliacco perché se ne sta al sicuro nel suo bunker e fa morire gli altri”, oppure “Zelensky è scappato in Polonia ahahah” e via imbecillando. I più seri (tantissimi) si limitano ad invitare legittimamente gli ucraini alla resa, qualcuno magari adducendo come motivazione il fatto che qui la benzina ha superato i due euro (il vero dramma della guerra).
    Ho dedotto quanto segue:
    1) anche ammettendo che una certa tipologia di individui sia molto più attiva nei social rispetto a persone più ragionevoli, lo stesso dovrebbe valere per gli altri paesi. Quindi è probabile che in Italia il tasso di persone diversamente intelligenti sia, ahinoi, più elevato che altrove.
    2) non soltanto in Italia da molto tempo non si è più disposti a combattere per la propria libertà ed indipendenza, ma non si riesce più nemmeno a comprendere quelli che lo fanno. Gli ucraini sono dei fessi, nella migliore delle ipotesi, perché si fanno ammazzare per niente. L’italiano dei film di Alberto Sordi era consapevole che quantomeno esisteva un’altra opzione, adesso l’altra opzione è fantascienza.
    In questo senso ricordo come, anni fa, Napolitano era arrivato addirittura a celebrare l’8 settembre come una svolta che segnava la rinascita del nostro paese, quasi come il 25 aprile. Questo quando, per molti decenni, ci si era invece vergognati dell’8 settembre, o almeno si era sempre mantenuto un certo pudore.

  6. In effetti anche in questo caso ci sono altre possibili alternative. Ne cito una: TRATTATIVA (magari con uno o più mediatori). Forse meglio prima che la Russia raggiunga una posizione di forza maggiore.

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