I DUE EQUILIBRI

In questi giorni viviamo come se avessimo subito un lutto in famiglia. Non possiamo pensare costantemente alla stessa cosa, perché bisogna pur vivere, ma ci accompagna una sorta di dolore sotterraneo. Un pensiero che ci attende dietro l’angolo per tornare ad essere attuale. E ad affliggerci.
È il pensiero di ciò che soffre un intero popolo innocente, aggredito nella sua casa. Della pena di tante brave persone che chiedevano soltanto di essere lasciate in pace. A Mosca qualcuno ha deciso di seguire un suo delirante disegno imperiale e chi paga il conto è gente che di quel disegno non ha mai saputo niente. E mai avrebbe voluto saperne. Gli Ucraìni, in una crescente angoscia, soffrono la fame, il freddo e la paura e noi non possiamo far nulla. Come possiamo pensare ad altro?
Ma forse non dobbiamo rassegnarci al peggio. Possiamo sempre dire, col Vangelo, “non praevalebunt”, un’espressione che, secondo la Treccani, “nel linguaggio comune [si usa] per significare che i proprî avversarî non riusciranno a prevalere”. Dirlo da Kiev, mentre la forza del nemico sembra irresistibile, potrebbe essere wishful thinking, un pio desiderio: e tuttavia nel detto c’è qualcosa di vero. Tutto sta a distinguere un equilibrio stabile da un equilibrio instabile.
Un equilibrio instabile, turbato, si dissolve definitivamente. Pensate a una matita in piedi. Un equilibrio stabile è invece quello di un materasso posato per terra. Certo non lo metterete in piedi con un calcio.
Nella storia, alcuni eventi fanno parte dell’equilibrio stabile; altri sono fenomeni che, anche se durano secoli, sono lo stesso passeggeri. Ad esempio, alcune nazioni possono avere lunghi contrasti – l’ostilità franco-inglese ha riempito la storia d’Europa – ma infine quell’ostilità finisce e si arriva all’alleanza. Neanche la Guerra dei Cent’anni, che di anni ne durò centosedici, ha messo in terra il seme dell’odio definitivo. E lo stesso – anche se per un tempo infinitamente più breve – è avvenuto per Francia e Germania. Le guerre ci saranno sempre, perché corrispondono alla natura umana, ma sono temporanee e appartengono all’equilibrio instabile.
Ha senso invadere un Paese per appropriarselo? La risposta è sì e no. Dipende da chi è l’invasore e da chi è l’invaso. I russi hanno tenuto il piede sul collo dell’Ungheria per un totale di quarantaquattro anni ma poi se ne son dovuti andare. E nessuno li rimpiangerà mai. La loro dominazione ha cementato un’imperitura ostilità. Lo stesso è avvenuto con la Cecoslovacchia, con gli Stati Baltici e con molte delle Repubbliche ex sovietiche. La stessa Unione Sovietica, anche se è durata settant’anni, è stata un equilibrio instabile. Infatti Putin non sogna di ricostruirla e (criticando Lenin, nientemeno) si rifà all’Impero zarista.
I romani invece la maggior parte delle volte hanno invaso dei Paesi soltanto per impedire che divenissero una minaccia per Roma. E infatti da vincitori tendevano a non imporre nulla ai vinti: né il latino, né le istituzioni romane, né la religione romana, niente di niente. Fornivano l’esempio delle loro istituzioni, della loro amministrazione della città, della loro cultura e del loro modo di vivere (inclusi i divertimenti) e spontaneamente quella nazioni si romanizzavano. Per sempre. Tanto che sono rimaste romanizzate la lontana Romania, la bellicosa Gallia, la Spagna e perfino l’Inghilterra la quale, anche se oggi parla una lingua germanica, è fiera della sua esperienza nell’Impero Romano.
Ammettendo che Mosca conquisti l’Ucraìna, otterrà un equilibrio stabile o instabile? Prima di invaderla, Putin ha sostenuto che quella nazione non esiste. È sempre stata Russia e sarà sempre Russia. La Russia stessa è nata dall’Ucraìna e dunque una frontiera, fra loro, è un nonsenso storico ed etnologico.
Purtroppo per lui (e per tutti) Putin si è pesantemente sbagliato: l’Ucraìna si sente Ucraìna e non Russia. Se riguardo al passato Mosca potrebbe avere qualche ragione, la sua tesi è totalmente falsa per il presente. L’Ucraìna è orgogliosamente sé stessa e qualunque invasione non farà che opprimerla per un certo tempo, nulla di più. Che la Russia si ritiri fra qualche anno perché dissanguata dalla guerriglia, che si ritiri perché a Mosca c’è stato un cambio di regime in senso democratico, o per qualche altra causa, il finale è già scritto.
Non si domina eternamente un grande popolo contro la sua volontà e su un territorio immenso. Nell’antichità, le invasioni barbariche sono riuscite a prendere il posto di un popolo perché lo hanno sterminato o spinto ad emigrare ad ovest. Ma se trovavano una grande civiltà, in quel territorio, l’adottavano. Se la Francia si chiama Francia è perché i Franchi hanno sì sopraffatto i Gallo-Romani ma la civiltà che hanno trovato è stata così forte che sono diventati loro latini, invece di far divenire germanici i Gallo-Romani. E gli stessi Vandali, invadendo la Spagna, sono diventati spagnoli, anche in Vandalusia/Andalusia.
Tutto questo per dire che abbiamo non il diritto, ma addirittura il dovere di soffrire per l’Ucraìna. E tuttavia, nella prospettiva storica, quella che l’Europa sta vivendo sarà soltanto un’infelice parentesi. Come l’invasione nazista della Danimarca o del Belgio.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
6 marzo 2022

I DUE EQUILIBRIultima modifica: 2022-03-07T07:12:57+01:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo

3 pensieri su “I DUE EQUILIBRI

  1. I negoziati sono una cosa, quello che nel pieno della guerra i leader dicono ai loro combattenti per spronarli a resistere sono un’altra cosa. Sono due piani totalmente diversi.
    Se Putin dovesse essere seriamente interessato ad una trattativa seria (non “accettate tutte le mie condizioni e smetto di spararvi”, evidentemente), queste parole di Zelensky, peraltro piuttosto normali in questi contesti, non avrebbero nessuna influenza.

  2. Faccio copia-incolla da Sky TG24:
    “Non perdoneremo. Non dimenticheremo. Puniremo tutti coloro che hanno commesso atrocità in questa guerra sulla nostra terra. Troveremo ogni bastardo che ha sparato alle nostre città, alla nostra gente, che ha bombardato la nostra terra, che ha lanciato razzi. Non ci sarà posto tranquillo su questa terra per voi. Eccetto la tomba”. Lo ha detto ieri il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
    Non mi sembra – al di là delle considerazioni morali e delle buone ragioni dell’Ucraina – una buona base di partenza per un negoziato. Del resto lo stesso Zelensky, all’inizio del conflitto, si era dichiarato disponibile a trattare con la Russia solo se questa avesse accettato tutte le sue condizioni.

I commenti sono chiusi.