LA SFIDA IMPOSSIBILE DELL’ITALIA

La sfida nel mito e nella realtà.
Le sfide hanno qualcosa di epico. Non a caso, dai tempi dell’Iliade ai romanzi cavallereschi e agli infiniti film di Hollywood, esse rappresentano il momento topico dell’azione. Ma esistono dei canoni da rispettare.
Se lo sfidante è nettamente più debole, come quando è un bambino o – nel mondo degli animali umanizzati – una bestia molto più piccola dello “sfidato”, lo spettacolo per gli adulti perde interesse, perché incredibile; mentre lo conserva per i più piccoli perché la vicenda è narrata sul filo della favola e il bambino alla verosimiglianza non bada.
Nella fiction, anche nel caso degli adulti, la vittoria di “chi doveva vincere” è più frequente del normale, ovviamente perché così decide il soggettista. E perché lo spettatore, se vedesse il “suo” eroe perdere, rimpiangerebbe i soldi pagati al botteghino. Il risultato preordinato e l’elemento fantastico purtroppo falsificano la sfida e vanno dunque vanno inseriti con moderazione.: ma la tentazione comunque deve esere forte, se già Omero, nella sfida fra Ettore ed Achille, fa intervenire delle dee in prima persona. Fino a far perdere valore alla vittoria di Achille.
Il duello ha sapore quando appare onesto e “realistico”. Quando chi lancia il guanto di sfida è ritenuto meno forte del detentore del titolo e tuttavia non è tanto debole da dover giudicare la sua audacia una forma di stupidità.
Lo scontro in condizioni di fair play rappresenta la “pesatura”, la valutazione, e in fin dei conti il giudizio sugli eroi. Come avviene nei grandi incontri di pugilato. Gli spettatori – almeno quelli che non hanno un partito preso pregiudiziale – aspettano di entusiasmarsi per il vecchio leone che ha mantenuto il titolo, dimostrando il suo orgoglio e la sua resistenza, oppure ammirano il sorgere di un nuovo astro, e riconoscono che il vecchio campione ha fatto il suo tempo. Forse meglio avrebbe fatto a ritirarsi prima.
La vita invece non è spettacolare nel senso che vorremmo. Le cose non vanno sempre come sarebbe “giusto”. Non soltanto il più forte vince anche se è antipatico (Cassius Clay) ma a volte vince anche il più debole, perché bara; o il più immorale, il più cinico e persino il più crudele. Coloro che sono abbastanza vecchi da avere vissuto la rivoluzione ungherese del 1956 sono ormai rari ma certamente ricordano come hanno trepidato vedendo un intero popolo che combatteva contro un nemico spregevole e purtroppo molto più forte. Ovviamente vinse l’Armata Rossa. Ma alcuni, incluso il sottoscritto, non hanno mai perdonato a Giorgio Napolitano (anche se oggi ha mille anni) di avere approvato quella repressione. Ci sono crimini imprescrittibili.
Le sfide reali non hanno soggettista. Non ci si può aspettare che vinca “l’eroe buono”. Nel Ghetto di Varsavia sarebbe stato bello che vincessero gli ebrei, minacciati di sterminio, ma vinse la Wehmacht. Mentre i russi, a pochi chilometri di distanza, assistevano impassibili.
La sfida dell’Italia
Nell’indifferenza colpevole dei cittadini e quel ch’è peggio dei politici, l’Italia affronta nei prossimi mesi una sfida temeraria e quasi esistenziale. Una sfida che è necessario vincere e che invece temo perderà. La gente si culla nell’idea che Mario Draghi, essendo un grande tecnico ed essendo sostenuto da un’ampia maggioranza, “saprà come fare”. Ma Mario Draghi è soltanto un essere umano e solo nei più infantili film asiatici gli sfidanti volano. L’aritmetica non fa sconti e Draghi non può fare miracoli. Se li farà, applaudirò di tutto cuore: ma fino ad allora mi tengo il mio scetticismo. Per chi ha uno stomaco forte, segue la lista delle “doléances”.
Il nostro debito pubblico era estremamente alto già decenni fa e la prima volta che qualcuno gridò che era il re era nudo (cioè che l’Italia era insolvente) fu nel 2011. Ci abbiamo messo rimedio? Nient’affatto. E certo non l’ha fatto Draghi dicendo che, “Whatever it takes”, l’Italia ha il diritto di far debiti all’infinito. Non so quanto Adam Smith sarebbe stato d’accordo, non so quanto sia possibile che il debito contribuisca a quella “ricchezza delle nazioni” di cui si occupava quel grande scozzese, ma così è andata. E così va.
Il debito ha continuato a gonfiarsi ed è letteralmente esploso col Covid, passando dal 134% del pil al 158% attuale. Una montagna sopra la montagna. Poi sono stati necessari altri “scostamenti” (ma quanto siamo bravi, con le parole!) cioè ulteriori debiti per decine di miliardi, ed ora aneliamo a far debiti con l’aiuto, non solo della Bce, ma dell’Unione Europa. A che punto arriveremo? Con la torre di Babele i dementi dell’antichità cercavano di toccare il cielo. Noi pensiamo che il cielo non si possa toccare: e allora dove diavolo vogliamo arrivare?
Non basta. Se terrà fede ai patti sottoscritti, e a mano a mano che li manterrà, l’Italia riceverà circa 210 miliardi, di cui una quarantina in regalo, contraendo comunque circa centosettanta miliardi di nuovi debiti (oltre i 2.700 o più che già abbiamo). Per fare che cosa?
Partiamo dai sogni. Se offrissero ad un uomo di buon senso una montagna di soldi per migliorare l’Italia penserebbe, almeno per qualche anno, a ridurre di molto la pressione fiscale, in modo da incoraggiare il lavoro e la produzione di ricchezza; penserebbe ad investire nella giustizia, per renderla efficiente; penserebbe a pagare meglio i docenti di tutti i livelli di scuola, introducendo però controlli di produttività e licenziando coloro che non ottengono risultati; penserebbe a riparare i manufatti stradali che rischiano di crollare ma con opere ingegneristiche, non gettando in galera chi avrebbe dovuto realizzarle senza avere i fondi per farlo. Insomma, le finalità non mancherebbero, ed avrebbero tutte lo scopo di migliorare la nostra vita concreta. Invece a che cosa servono i fondi del Next Generation Eu? Ecco le sei linee di intervento.
1 Ricerca e innovazione. Nessuno dice che non siano utili, ma quando arriveranno i dividendi?
2 Transizione climatica e digitale: ecco per cosa spasimano gli italiani;
3 Ripresa e resilienza. Soprattutto la resilienza, mi raccomando. E qui si vede quanto siano infantili a Bruxelles: giocano con le parole. Si parla addirittura di RescEU, parola misteriosa, vero? Ma – preparatevi ad applaudire – in inglese si legge “rèskju”, come rescue, che vuol dire ripresa. Potremmo fallire, con simili capi?
4 Politiche di coesione. Colla arabica o colla vinilica?
5 Lotta ai cambiamenti climatici, a cui verrà riservato il 30% dei fondi. Signori, il 30% di 200 miliardi sono sessanta miliardi. Mentre in Italia, col Covid, si sono persi (dicono) trecentomila posti di lavoro, la nostra prima preoccupazione pare siano i cambiamenti climatici, che nulla dimostra dipendano dall’uomo e sui quali noi pesiamo per una percentuale minima. La Cina, che scoppia di salute economica, ed è energivora come forse nessun altro, ha addirittura aumentato l’estrazione e l’uso di migliaia e migliaia di tonnellate di carbone. E noi dovremmo dedicare il 30% dei nostri nuovi debiti a salvare la Terra, mentre gli altri lavorano, inquinano, producono e pensano alla pagnotta?
6 Infine ecco l’ultimo scopo: la protezione della biodiversità e la parità di genere. Ecco che cosa mi teneva sveglio stanotte. Ecco che cosa teneva svegli stanotte i disoccupati, quelli che hanno perso il lavoro, i gestori di discoteche, gli operatori del turismo e della ristorazione. Ecco che cosa preoccupava le persone colte, pensando a ragazzi che hanno perso due anni di scuola, in cui avrebbero imparato poco, ma stavolta non hanno imparato niente. Perché non ci sono nemmeno andati.
Dimenticavo: si insiste tanto sulle fonti rinnovabili dimenticando che l’energia così prodotta, oltre ad essere intermittente e imprevedibile, è molto più costosa di quella che si può produrre col nucleare. E perfino di quella che si può produrre con i combustibili fossili. Dunque gli investimenti di cui si parla non servono a migliorare la nostra vita, ma lussi. Lussi che non ci possiamo permettere, con questi chiari di Luna. Purtroppo, la pettinatissima Ursula von der Leyen, e chi le tiene il sacco, queste cose sembrano non saperle. Tirano diritto, con gli occhi fissi sull’ideale, mentre c’è gente che non sa come sbarcare il lunario e il barometro annuncia tempesta.
Ci si può consolare soltanto pensando che, se le cose si metteranno veramente male, saliremo sulla sulla nostra macchina elettrica nuova e andremo in un buon albergo di Montecarlo a goderci il sole aspettando che la situazione economica migliori.
L’Europa ci impone di aumentare il nostro debito per riforme stupide, costose e improduttive. Ci impone l’auto elettrica, col risultato che la gente non compra né le auto elettriche né le auto normali (destinate tutte alla rottamazione). Con conseguente crisi del settore. E non solo del settore, anche del suo enorme indotto. Ci ha incoraggiato a rinunziare al nucleare (anche se ora ha cambiato opinione) e ci ha imposto di odiare i combustibili fossili. Ed ora che il prezzo del gas è stato moltiplicato per quattro, vediamo che assolutamente non possiamo rinunziare al metano e più che odiarlo dobbiamo pagarlo. Nel frattempo, le imprese che non possono resistere chiudono e lo Stato non ha la possibilità di ridurre seriamente il peso delle bollette. Nei prossimi mesi la gente alzerà altissimi lai e se la prenderà col governo: a torto, certo, dal momento che esso non poteva parare la botta neppure investendo qualche miliardo. Ma ha illuso la gente che potesse farlo, e questo è imperdonabile.
Sempre a proposito di sfide, torniamo al Next Generation EU. L’Europa ci impone riforme discutibili, ma a quale prezzo? Esige – con decine, forse centinaia di prescrizioni minuziose e dettagliatissime, in modo che non possiamo sfuggire – la riforma della giustizia, la riforma della pubblica amministrazione, del fisco, dei lavori pubblici ed altre ancora. Ricordate quante volte se ne è parlato in passato? Ricordate quante volte sono state promesse? Ricordate che, nei decenni, non se n’è avuta una – dico una – seria? Ebbene, in questi casi è inutile prendersela col destino cinico e baro. Se le riforme non sono mai state attuate è segno che gli italiani – checché dicano – non intendono farle. O sarebbero disposti a farle “a gratis”, senza disturbare nessuno. In queste condizioni si rimane fermi per l’eternità.
Ed ora Draghi, novello Ercole, a mani nude e contro tutti, dovrebbe riuscire a farle tutte insieme? Col sostegno della destra, della sinistra, dei magistrati, dei burocrati, dei diavoli e dei santi? Sarà che sono ateo, ma non ci credo. Troverei più naturale veder buttare fuori Super Mario da Palazzo Chigi a calci nel sedere che vedere riformate la Pubblica Amministrazione e la Giustizia.
Altro problemino. Il pacioso e simpatico Paolo Gentiloni, parlando con Lucia Annunziata, ci ha fatto sapere che non si può dilatare il debito all’infinito (chi l’avrebbe mai detto?) e tuttavia ha riconosciuto che il famoso “patto di stabilità” era troppo severo. Effettivamente, ve l’immaginate l’Italia che riduce il suo debito pubblico al 60% del pil, mentre fino a poco tempo fa era già al 158%? Proprio per questo, spiegava l’uomo dalla capigliatura bipartita, quel patto non è stato applicato. Ma ora esso sarà rinnovato in modo più realistico – dal momento che il debito pubblico medio dei Paesi europei è del 97% – e stavolta sarà applicato seriamente. Come sempre, quando la gente parla al futuro, io mi dico: “Staremo a vedere”. Ma ve l’immaginate se ci imponessero sul serio di ridurre i nostri debiti, o almeno di non contrarne più? E di che vivremmo?
Il governo italiano, costretto dai partiti, promette costantemente la Luna ed eroga sussidi a tutti. Anche con i bei risultati del Reddito di Cittadinanza. Come reagirà la gente quando la bonanza finirà, quanto i nodi verranno al pettine, quando qualcuno chiuderà col cemento il pozzo di San Patrizio, quando bisognerà limitarsi a consumare la ricchezza che produciamo, quando rimetteremo i piedi sulla terra?
Se non fossi vecchio, me ne andrei in Australia avvertendo gli amici che “Ho dimenticato la lingua italiana”. Se avete qualcosa da dirmi, ditemelo in un’altra lingua. Diversamente, permettetemi di dimenticare l’Italia, l’Europa e l’Occidente. Viva i canguri.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
7 febbraio 2022

LA SFIDA IMPOSSIBILE DELL’ITALIAultima modifica: 2022-02-08T11:53:27+01:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “LA SFIDA IMPOSSIBILE DELL’ITALIA

  1. Per il resto, l’articolo è tristemente condivisibile.
    Il PNRR sarà uno degli ultimi chiodi coi quali verrà sigillata la bara di questo sciagurato paese. Altro che esultare per i soldi che arrivano

  2. Giusta precisazione, Luigi.
    Inoltre, non fu la Wehrmacht a soffocare la rivolta nel ghetto ma le unità di polizia delle SS. La Wehrmacht schiacciò l’insurrezione di Varsavia dell’agosto 1944.

  3. Perdoni la precisazione, professore:
    La rivolta del ghetto di Varsavia è del’aprile-maggio del 1943 e i sovietici avevano ben altre gatte da pelare, per sopravvivere. Gli ebrei in questo caso si rifiutarono di morire “come pecore al macello” e si opposero con le poche armi e senza speranza ai macellai nazisti.
    La liberazione di Varsavia, anticipata in modo non concordato dai resistenti, è della seconda metà del 1944 e fu repressa nel sangue ferocemente dai nazisti quando ormai era evidente che si stavano ritirando e che stavano perdendo la guerra.
    Stalin aveva già i suoi progetti sulla Polonia del dopo guerra e non aveva interesse ad appoggiare una resistenza nazionale non comunista.
    Le differenze ideologiche della resistenza le abbiamo conosciute bene anche in Italia.

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