L’INUTILE RASSEGNA STAMPA

La lettura della Rassegna Stampa – o almeno di quella, striminzita, che sono riuscito a procurarmi – è sconfortante. Almeno per me. Ma dovrebbe esserlo per tutti.
La Rassegna si chiama “Stampa” ma il nome esatto dovrebbe essere “Rassegna dei Giornali”. Infatti si stampa di tutto e sempre meno, per giunta. Perché molto rimane congelato nel mondo elettronico del digitale.
I giornali, essendo dedicati al “giorno”, dovrebbero occuparsi dell’oggi, inseguendo l’attualità, così come i libri di storia parlano del passato e gli oroscopi (destinati agli allocchi) parlano del futuro. E tuttavia la Rassegna Stampa dimostra che, nei fatti, non è così. La maggior parte degli articoli dei grandi editorialisti, invece di spiegarci il presente, e al massimo quel passato prossimo di cui l’oggi è il frutto, ci parlano del futuro. Di ciò che dovrebbe fare l’Italia. Scendono persino a specificare i doveri dei massimi e a volte medi o piccoli governanti. Spiegano ai capi partito i loro errori e gli indicano come correggerli. Insomma, seggono tutti in cattedra, pronti a bacchettare questo e quello, dirigendo la banda. Nell’interesse della nazione. Ma purtroppo nel loro mondo immaginario.
Io non discuto la loro buona fede ma trovo lo spettacolo deprimente. Innanzi tutto non ricordo di avere visto un giornalista, un editorialista, un politologo o un filosofo passare dalla pagina scritta alla poltrona di Presidente del Consiglio, di ministro o anche di semplice parlamentare, e farvi faville. In questo campo un conto è parlare, un conto è agire. Ricordo l’esperienza di Luigi Barzini iunior, liberale perbene e persona intelligente: eletto per una legislatura, si accorse di non contare niente e di non poter far nulla per l’Italia. E tornò al suo vecchio mestiere.
La politica si svolge nella realtà concreta e questa, come si sa, offre più ostacoli e più problemi di quanti non ne preveda la teoria. Quella nella quale fanno il bagno ogni mattina gli editorialisti. Forse soltanto chi ha le mani in pasta ha un’idea di come stanno veramente le cose e di che cosa veramente si può fare. O non si può fare.
Ecco un esempio banale. L’Amministrazione della Giustizia è tale che non so come definirla senza rischiare il reato di dispregio e vilipendio delle istituzioni. Ma sono soltanto io ad accorgermene? Certamente no. E allora come mai da decenni nessuno riesce a riformarla? È chiaro che l’impresa è impossibile. Il problema non è l’identificazione dello scopo da raggiungere, ma il modo di superare gli ostacoli per raggiungerlo. E che gli ostacoli ci siano, e siano enormi, è provato dal lungo tempo passato da quando s’è cominciato a parlarne. E questo non vale soltanto per l’Amministrazione della Giustizia.
Quando vedo che al pur simpatico e coraggioso Renato Brunetta è stata affidata la riforma della Pubblica Amministrazione mi viene da sorridere. Anche ad ammettere che lui sia un gigante dalla volontà di ferro, è impresa umana riformare la burocrazia italiana?
Ciò malgrado gli editorialisti si affannano a diramare comunicati, indicare mete da raggiungere, malvezzi da stigmatizzare, speranze per il futuro, programmi di massima diligentemente coricati in pagine di giornali. Chissà, forse molti se ne appassionano, forse molti pensano che finalmente si è detto ciò che bisognerebbe fare, io semplicemente non ne posso più.
Sono al tramonto della mia vita, e per qualche verso ne sono felice. Perché, riguardo al futuro, ormai non ho diritto né a speranze né a timori.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
31 gennaio 2022

L’INUTILE RASSEGNA STAMPAultima modifica: 2022-01-31T17:39:09+01:00da gianni.pardo
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