COSI’ DICEVO

In questo articolo faccio il possibile per rendermi odioso. Infatti le persone che ci riescono meglio sono coloro che si vantano con le parole: “Ve l’avevo detto”. E il caso peggiore è se hanno incontestabilmente ragione.
Non solo. Se già si rende odioso chi riassume il suo “Ve l’avevo detto” in una frase, figuratevi chi lo dice con più frasi, e anche lunghe”. Se dunque mi lancio in questa impresa suicida è perché non intendo dimostrare quanto sia bravo io, ma quanto sia valido un metodo di analisi che fu di Augusto Guerriero (“Ricciardetto”) e, più recentemente, di George Friedman.
Scrivevo il 5 di gennaio: “Augusto Guerriero fu un giornalista di estremo successo. Si firmava ‘Ricciardetto’ e chiunque a suo tempo l’abbia letto non l’avrà certo dimenticato. A me personalmente una cosa è ancora molto chiara: col suo metodo faceva apparire gli altri giornalisti superficiali e poco affidabili.
Guerriero non sapeva più cose degli altri ma, appunto, non pretendeva di saperle. Si limitava ad enumerare i dati sicuri e da essi traeva le uniche deduzioni che gli sembravano lecite. Si trattava, in sostanza, di una mondatura sistematica dell’informazione da tutto ciò che era incerto, opinabile o predicatorio. L’impressione finale era quella di aver fatto chiarezza su argomenti riguardo ai quali ci eravamo fino ad allora sentiti disinformati e confusi”.
E proseguivo: “Così mi sono chiesto: che dati sicuri ci sono, che cosa so dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica? E la risposta è stata: non ne so niente. Cioè quanto gli altri”. Ma sulla sorte di Mario Draghi qualche dato credevo di avere. Ecco che cosa scrivevo, lo stesso 5 gennaio:
“Quando il voto è segreto l’unico metro è l’interesse personale. E le opinioni politiche passano in secondo piano.
Ora ammettiamo che tutti indistintamente i grandi elettori siano convinti che il miglior Presidente della Repubblica sarebbe Mario Draghi. Voterebbero per lui? Certamente sì, se fossero assolutamente sicuri (e come esserlo?) che la legislatura continuerà regolarmente fino al 2023. Ma certamente no, se fossero convinti che sicuramente, o molto probabilmente, o perfino soltanto possibilmente, le Camere sarebbero sciolte e loro perderebbero stipendio fino al 2023 e pensione per l’eternità. Dunque molto difficilmente Draghi potrà essere eletto dal momento che, mentre la sua elezione a Presidente metterebbe in pericolo la tranquillità economica di molti elettori, la sua permanenza a Palazzo Chigi garantirebbe questa tranquillità fino al 2023. Dunque, tutto il parlare che si fa di Draghi è soltanto chiacchiericcio, ciarla, inciucio (nel senso napoletano)”
E il 13 gennaio:
“Personalmente aggiungo che se molti vogliono che Draghi rimanga Presidente del Consiglio è perché il suo personale interesse a rimanerlo è garanzia di prosecuzione della legislatura. Mentre se egli fosse eletto Presidente della Repubblica, nessuno potrebbe garantire niente e non si può mai sapere dove condurrebbero gli interessi contrapposti. Né ci si può fidare dell’assicurazione di un “papabile” che, in caso di elezione, non scioglierà le Camere. Forse che Scalfaro non aveva promesso a Berlusconi elezioni a breve? E mantenne forse la parola? I grandi elettori, essendo “grandi”, appunto, non sono bambini”.
E il 17 gennaio:
“Purtroppo, se Mario Draghi è il concorrente ideale per l’Italia, non lo è per chi dovrebbe eleggerlo. Vediamo perché.
Prima ipotesi: Draghi è eletto presidente. Dal giorno dopo cade il governo e bisogna formarne un altro. Ma con quale maggioranza? Chi ci sta? Ci si riesce o non ci si riesce? E se non ci si riesce, se Draghi è costretto a sciogliere le Camere, come diceva un mio zio: “Chi la porta questa notizia a casa?” Naturalmente nessuno dice che andrebbe così. Ma chi può dimostrare che NON andrebbe così?
Seconda ipotesi, Draghi non è eletto presidente. Ovviamente nessuno proverà a smuoverlo da Palazzo Chigi, proprio per evitare il pericolo di cui al paragrafo precedente. Non solo: la stessa Europa sarebbe gravemente allarmata dalla caduta di questo governo di (dis)unità nazionale che tira avanti, bene o male, cercando almeno di apparire capace di realizzare le condizioni richieste dal Pnrr.
Per giunta, anche ad ammettere che Draghi speri di divenire Presidente della Repubblica, se non lo eleggono avrebbe tutto l’interesse, per sé e per l’Italia, di tenersi stretto Palazzo Chigi”.
Ora i gioghi sono fatti e Mario Draghi non è Presidente della Repubblica, come previsto. E allora a che serve questo scritto? Serve ad insegnare che il profeta che rischia di meno è quello che si basa su fatti sicuri,e in particolare sull’invariabilità della natura umana. Se molti avessero tenuto conto dei dati da me umilmente enumerati, ci saremmo risparmiato qualche quintale di saliva e qualche milione di parole di parole inutili.
Del resto concludevo così l’articolo del 17 gennaio: “Contro la candidatura di Draghi opera l’interesse di chi dovrebbe eleggerlo. Perdere il tempo – come fanno tanti editorialisti – a dimostrare quanto converrebbe all’Italia averlo Presidente per sette anni, è una dimostrazione di ignoranza: questi signori non conoscono l’aurea massima di La Rochefoucauld secondo cui ‘Tutte le virtù si perdono nell’interesse come tutti i fiumi si perdono nel mare’”.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
26 gennaio 2022

COSI’ DICEVOultima modifica: 2022-01-29T18:28:20+01:00da gianni.pardo
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