PROBLEMI SERI, PROBLEMI RISIBILI

Un tizio diceva: “Ho tre problemi. Non so che cosa prevedere per la prossima partita del Milan. Poi si è guastata la caldaia, e col freddo che fa è un guaio. Infine mio cognato ha saputo di avere il cancro e mia moglie è disperata”. Messa così, se non si parlasse di cancro, sarebbe una battuta da comico. Come quella di Woody Allen: “Non solo Dio non esiste, ma provate a trovare un idraulico di domenica”.
In questi casi l’umorismo nasce dall’accostamento di due grandezze molto diverse, facendo finta di dare più importanza alla cosa senza importanza. Ma la lezione è seria.
Mettendo sullo stesso piano valori diversi si fa un grave torto ai più grandi. Se l’uomo dell’esempio parlasse seriamente si vedrebbe rispondere: “Ma sei pazzo? Tuo cognato muore e tu pensi al Milan?” Neanche la caldaia e il freddo si salverebbero, talmente la tragedia del cancro è più grande.
Dovrebbe essere così e tuttavia questa classifica, questa tassonomia delle preoccupazioni, non sempre è rispettata. Se muore il più illustre filologo dell’Università “La Sapienza” di Roma, i telegiornali non ne parlano neppure. Se muore un collega che lavora nella stessa televisione, i telegiornali ne parlano come di una perdita irreparabile. E si è visto con la morte di David Sassoli. Può dispiacere che muoia un uomo relativamente giovane, come può dispiacere per qualunque altro uomo della sua età, e tuttavia parlarne come se l’Europa si chiedesse: “E ora come faccio?” è ridicolo. Ma non c’è niente da fare: Sassoli compariva anche in televisione, era una faccia conosciuta, e dunque la sua morte richiede un lutto nazionale.
Questo stravolgimento si ha anche in campi importanti e di ambito nazionale. Seguendo la televisione si apprende che in Italia i problemi sono due: il primo è l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica; il secondo la pandemia. Mentre in realtà del primo alla gente comune non importa un bel niente e, riguardo alla pandemia, gli italiani si dividono in due categorie: i vaccinati, che se ne fregano, perché tanto sono sicuri di non morirne; e i non vaccinati che – magari prima di morire – sono convinti che il Covid non esiste. O comunque non se ne muore. Affari loro.
I problemi veri sono quelli di cui non si parla. O – almeno – non si parla abbastanza. Il primo è il debito pubblico corrispondente al 158% del prodotto interno lordo (il 158% della ricchezza che l’Italia produce in un anno), che fino a qualche mese fa faceva spavento. Un tale spavento che anche a Bruxelles si sono detti: o l’Italia mette la testa a posto e si salva, a costo di aumentare per un paio d’anni il suo debito già mostruoso (unde il Pnrr), oppure affonderà, forse tirandosi dietro l’euro. Per questo le offriamo un ingente prestito: se, facendo le riforme, inverte la rotta della decadenza, avremo salvato l’Italia e l’Europa; se non ce la fa, calerà la tela.
Ora, se pensiamo al nostro debito e alla nostra annosa incapacità di riformare il Paese, non dovremmo preoccuparci della situazione in cui siamo? Come mai nessuno ne parla? Come mai tutti prendono sul serio la riforma Cartabia della giustizia, che non ha risolto neanche il 10% dei suoi problemi? Lo strapotere dei pubblici ministeri, capaci di incriminare chiunque, anche il più innocente degli uomini, è stato forse intaccato? La lentezza e l’inaffidabilità dei giudizi che scoraggiano gli imprenditori stranieri dal venire ad operare in Italia sono state corrette? Come sopportiamo lo scandalo di reati opinabili e flessibili (ad usum delphini, ma in senso negativo) come l’abuso d’ufficio e il concorso esterno in associazione mafiosa? Se ne è forse occupato, Draghi, se ne è forse occupata la signora Cartabia? Mi direte che non potevano, ma con ciò mi dite anche che l’Italia è insalvabile, e questo m’importa più di sapere chi sarà il prossimo Presidente della Repubblica. Visto che niente cambierà.
Ma non basta. Ci siamo persi per anni in fantasie ecologiche ed ora subiamo un rincaro anche del 400% del gas da cui dipende la nostra elettricità, la nostra industria, il nostro riscaldamento e in una parola la nostra vita. Come non bastasse, invece di differenziare al massimo le fonti, per evitare di consegnarci con le mani legate ad un unico fornitore, l’Europa importa la metà del nostro gas dalla Russia. Dandole la possibilità di metterci in ginocchio girando un rubinetto.
Non solo: anche ad ammettere che i prezzi, dopo questa fiammata calino, arrestandosi per esempio al doppio di prima, ci rendiamo conto di quanto questo peserà nella nostra economia? Per giunta nel momento in cui si annuncia una ripartenza dell’inflazione?
E che dire del risiko sull’Ucraìna? Tutto potrebbe finire con un brindisi ad un pezzo di carta, ma tutto potrebbe anche finire con una guerra europea. E noi ci occupiamo del Presidente della Repubblica? E speriamo di essere difesi da un Joe Biden, un fulmine di guerra molto simile ad un fiammifero acceso in un bosco?
Forse è per questo che gli italiani sono stanchissimi di una politica che sembra vivere su un altro pianeta e l’astensionismo tocca livelli preoccupanti. Troppa gente ha perso fiducia nella democrazia. Tre anni fa ha perfino tentato di affidarsi al folle, nella speranza che per bocca sua parlasse un dio. Così ha votato per il Movimento 5 Stelle, per poi accorgersi che quel folle non soltanto non era il portavoce di un dio, ma era anche stupido. Come andrà la prossima volta? Una cosa è certa: la disperazione è cattiva consigliera.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
24 gennaio 2022

PROBLEMI SERI, PROBLEMI RISIBILIultima modifica: 2022-01-25T10:16:46+01:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo

4 pensieri su “PROBLEMI SERI, PROBLEMI RISIBILI

  1. Non soltanto sono d’accordo ma – può non credermi – lo sapevo. Ma in un articolo bisogna essere brevi, Né io sono in grado di fornire un’alternativa al pil (assurdo) come lo si calcola attualmente.

  2. Articolo eccezionale. Ma ahimè la sua eccezionalità non sta nel fatto che dice cose eccezionali, pur con la lucidità essenziale cui siamo abituati con GP, ma ahimè ahimè per il fatto che lui È IL SOLO A SCRIVERLO!
    Rodolfo

  3. Ho un piccolo dubbio. Lei scrive: “… il debito pubblico corrispondente al 158% del prodotto interno lordo (il 158% della ricchezza che l’Italia produce in un anno)”
    Non sono sicuro che il PIL rappresenti effettivamente la ricchezza prodotta: esso include anche la spesa pubblica, che in parte avviene in deficit.
    Supponiamo di avere, al 31/12 dell’anno precedente, debito pubblico = 100 e PIL = 50 (rapporto debito/PIL = 2). L’anno dopo lo Stato spende in deficit 50. Ergo l’anno (supponendo invariati tutti gli altri fattori) si chiuderà con debito pubblico = 150 e PIL = 100, con un grande miglioramento del rapporto debito/PIL, sceso a 1,5. Ma siamo proprio sicuri che i 50 spesi in deficit siano “ricchezza prodotta”? Parlerei piuttosto di ricchezza inesistente distribuita.

I commenti sono chiusi.