L’EBREITUDINE

Chi è un ebreo?”, “Chi sono gli ebrei?”. A questo genere di domande tutti saprebbero rispondere. Ma la definizione – per esempio “una persona di religione ebraica” – è per sua natura una delimitazione, non una descrizione. In base ad essa sappiamo che una data persona non è buddista, non è shintoista e non è musulmana. Ma nulla di più. E in particolare non sappiamo che significhi essere ebrei.
Il problema è generale. Se qualcuno mi chiede dove abito, e gli do l’indirizzo, sarà in grado di ritrovare la casa anche in capo al mondo. L’indirizzo elimina ogni possibile equivoco ma nulla dice del tipo di abitazione. Se invece dico: “Vivo in una villetta monofamiliare, nel verde”, chi mi ascolta avrà una prima idea (descrizione) della mia casa, ma non saprebbe dove trovarla (identificazione, definizione). Se poi mostro una foto a colori, oltre che della casa vista da lontano, delle stanze, fornisco l’indirizzo, si ha fornito il massimo di dati. Ma l’unica vera conoscenza di una casa si ottiene visitandola personalmente.
Riguardo agli ebrei Wikipedia è evidentemente in imbarazzo, se se la cava con un trenino di due parole, “un gruppo etnoreligioso”, che poco dopo divengono tre: un’entità caratterizzata da un legame fra “etnia, nazionalità e religione”. Dunque ebreo sarà in primo luogo un ebreo la cui famiglia è ebrea da tempo immemorabile, di nazionalità israeliana e di religione ebraica. Giusto. Ma un ebreo polacco, che vive in Polonia, ed è polacco di nazionalità, non è forse ebreo pure lui? E quanto all’etnia, sono ebrei i falasha di pelle nera mentre i polacchi di religione ebraica sono di pelle bianca e magari biondi come gli altri polacchi. E allora? E se un ebreo si dichiara ateo, pur essendo di nazionalità israeliana e pur abitando a Gerusalemme, sarà o no un ebreo? Insomma, la definizione di Wikipedia mi convince fino ad un certo punto. E comunque, se limitassimo la definizione al dato religioso, dovrebbe essere considerato non ebreo chiunque dichiari di essere ateo, buddista o cristiano.
La mia definizione è diversa. Do per scontata la storia di Israele. Do per scontato il suo tormentato rapporto con i romani. Do per scontata la diaspora e do per scontato che, per i cristiani, gli ebrei sono stati per innumerevoli secoli il “popolo deicida”, avendo ucciso Gesù. E mentre i primi fatti sono storia, quest’ultima è una calunnia insostenibile.
Gesù è stato processato e condannato dai romani ed ha subito un supplizio romano. Su questo punto non ci sono dubbi, se non mi sbaglio il fatto è citato anche da Tacito. Se nei vangeli vengono rappresentate le autorità ebree e perfino il popolo ebreo (“Crucifige, crucifige!”) come colpevoli della morte del profeta, è stato per ingraziarsi i romani e rigettare la colpa sugli ebrei. Ciò dal momento che la nascente setta si è sviluppata a Roma più che a Gerusalemme o dovunque altrove. Ma questo, qui, poco importa. Più importante è la diaspora successiva ai drastici provvedimenti di Tito. Infatti a questo evento storico si fa risalire lo sparpagliamento degli ebrei in tutti i Paesi europei, del Vicino Oriente e del Nord Africa.
Purtroppo, questo fatto non spiega il fenomeno per il quale, secoli dopo, in Francia o in Inghilterra gli ebrei non sono diventati soltanto francesi o inglesi. A mio parere non lo sono diventati non perché loro fossero talmente orgogliosi di essere ebrei, o talmente attaccati alla loro religione da rendersi inassimilabili (l’Inghilterra ha assimilato ben altro) ma – al contrario – perché i popoli che li ospitavano li hanno sempre visti come nemici: non erano forse membri del popolo deicida? Non erano quelli che si rifiutavano di divenire cristiani? E infatti li consideravano irrimediabilmente ebrei. Potevano essere ricchi, potevano divenire importanti, ma nessuno dimenticava mai che erano ebrei. Io non so quale fosse la religione di Gladstone, di Pitt o di Churchill, ma so che era ebreo Disraeli. Non so quale fosse la religione di Niels Bohr ma so che era ebreo Einstein. Come lo so di Freud, di Mendelssohn e di tanti altri.
Gli ebrei non sono ebrei per qualche loro specifica, intrinseca caratteristica, ma lo sono perché sono ebrei per gli altri. Se un ebreo è ateo, lo cosa riguarderà lui e il suo biografo, se è un genio. Ma per i suoi vicini di casa è sempre stato e sempre sarà un ebreo. Del resto, non diciamo tutti che Woody Allen è un ebreo, pure se sappiamo che non è credente?
Non è che gli ebrei siano inassimilabili perché si rifiutano di essere assimilati, sono inassimilabili perché tutti i popoli li rigettano implacabilmente nella loro “ebreitudine”. Io miscredente invece ho avuto amici ebrei perché gli ebrei non li ho mai discriminati, né in positivo né in negativo.
Essere cristiani è cosa che può essere evitata, dichiarandosi atei; essere ebrei è cosa che non può essere evitata, perché sono gli altri a dare a quella religione un’importanza spropositata. Fino e farne qualcosa di ineliminabilmente inerente alla persona. I nazisti non avrebbero sospeso il rastrellamento (e la Endlösung ad Auschwitz) se qualcuno si fosse dichiarato ebreo non praticante o addirittura ateo. E infatti i tedeschi allora parlavano, se pure assurdamente, di “razza”. Perché la razza sì (se esistesse chiaramente) sarebbe inerente alla persona. Ma dallo svedese più sbiadito al senegalese più nero non ci sono che sfumature. Molti europei sono più bianchi di un senegalese ma più neri di un norvegese.
Così arrivo alla definizione finale. Che significa “essere ebrei?” Ecco la risposta: “Essere ebrei significa essere vittime del pregiudizio internazionale”. Di cui noi cristiani e noi europei dovremmo vergognarci.
Se nel mondo la smettessimo di considerare gli ebrei “diversi”, gli “ebrei” in quanto tali sparirebbero. Così come in Europa ci distinguiamo fra francesi, tedeschi ecc., non tra protestanti e cattolici, come nel XVI Secolo.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
12 gennaio 2022

L’EBREITUDINEultima modifica: 2022-01-14T11:05:34+01:00da gianni.pardo
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18 pensieri su “L’EBREITUDINE

  1. Pare che molti italiani, specie coloro che hanno una certa vita “pubblica”, si preoccupino del rapporto con gli [italiani] ebrei, e che criticare certe usanze ebraiche [ ad esempio la mutilazione rituale maschile che molti di essi praticano ai loro neonati all’ottavo giorno dopo il parto e ovviamente senza anestesia, oppure la macellazione rituale animale a scopo alimentare senza previa anestesia totale della bestia ] implichi controproducenti accuse (grottesche e immotivate) di “razzismo” ( ?! ) o altre.
    I cittadini italiani di origine/religione ebraica residenti in Italia sono circa trentamila persone. Piuttosto che una “minoranza”, sono numericamente irrilevanti; e -alcuni di loro- “culturalmente” rivendicano un peso che non hanno (e mai hanno avuto). Caso mai da noi sono riusciti ad averlo -il peso sproporzionato al loro numero- grazie all’ignoranza storica di molti “gentili” e al cessare della persecutoria politica secolare della Chiesa Cattolica (la quale nei loro confronti mutò atteggiamento in pratica solo dopo il “Concilio Vaticano II” che mise fine alla secolare diffusione della nefasta e grottesca accusa di “deicidio” in passato a loro rivolta, con le conseguenze storiche note).
    Gli ebrei hanno sempre sfruttato l’ignoranza altrui nei loro riguardi e le opportunità derivanti dall’essere stati -a torto o a ragione- “vittime” lungo varie epoche storiche.
    Tuttavia, il fatto di esser stati e/o atteggiarsi a “vittime” nel passato più e meno recente, non li autorizza certo a violare la Legge oggi, tanto meno a rivendicare privilegi di sorta rispetto agli altri cittadini italiani. E questo lo sanno benissimo.
    Inoltre, nella Legge di Intesa tra Stato e Comunità Ebraiche non vi è la minima traccia di testo ( nemmeno in forma allusiva, si badi, e fino a prova contraria ) che autorizzi le “mutilazioni rituali” né le “macellazioni rituali” le quali, non mi stanco di ripeterlo, sono incompatibili col nostro ordinamento giuridico : evidentemente a prescindere da quale “religione” le volesse praticare.
    E gli italiani di religione ebraica, nonostante la pretesa loro “influenza politico-sociale” se ne sono fatta una ragione.
    Gli italiani-ebrei-osservanti, poi, sono sì e no il trenta per cento circa del totale.
    Ho parlato a lungo con vari capi delle piccole comunità ebraiche sparse in Italia e unanimemente lo hanno ammesso. Sulle “mutilazioni rituali” ai loro neonati, esiste un forte dissenso anche nell’interno delle loro stesse comunità, e sulla spinosa faccenda essi complessivamente preferirono e preferiscono pubblicamente tacere, salvo la voce isolata e vana di qualche ottuso bigotto. Poi, vi sono italiani-ebrei vegetariani, che non accettano le “macellazioni rituali” e non maltrattano gli animali.
    Combattere la “islamizzazione” dell’Italia anche interdicendo le mutilazioni rituali dei minorenni musulmani [e contrastare la loro insolente ed inaudita pretesa di praticarle negli ospedali pubblici addebitando le spese a carico della Collettività = VERGOGNA ! (pretesa che mai gli italiani ebrei hanno osato allegare)], ed esigere il rispetto del Codice Penale relativamente al divieto di maltrattamenti inutili agli animali, non può che fare piacere agli italiani di religione ebraica ragionevoli, che sono molti e rispettabilissimi.

  2. @ Pardo

    Mah, la definizione di ebreo di Giancarlo Matta mi sembra giusta. Come definire un italiano, un tedesco, un americano? Direi che è italiano chi è nato in Italia da genitori italiani, ha quindi la cittadinanza italiana, e parla italiano. Che poi sia cattolico o protestante non conta: la religione non ha oggi nessuna importanza, mi sembra anche per la maggioranza degli ebrei nel mondo (gli israeliani, per quanto ne so, sono in grande, forse anche in stragrande maggioranza, agnostici). Non so che importanza diano alla Torah o al Talmud gli israeliani e gli ebrei agnostici. Una cosa in comune hanno però gli ebrei, ma forse non tutti: la conoscenza della lingua (ebraico antico e/o moderno). Di nuovo vediamo quanto sia importante la lingua (“Die Heimat des Menschen ist die Sprache.”) Che importanza abbiano la storia e le tradizioni del popolo ebreo non lo so.

    La domanda di Matta circa l’osservanza dei seicento e passa precetti non è impertinente. È chiaro che ebrei e cristiani – a parte gli ortodossi e i veri cattolici (specie rara) – non si attengono per filo e per segno ai precetti o comandamenti delle rispettive religioni. Matta, che è ateo, ci tiene a mettere in rilievo l’incoerenza – per non dire peggio – dei credenti. Sottoscrivo.

    Comunque per finire non so ancora cosa significhi essere ebreo oggi. Né Lei né gli altri che hanno partecipato al dialogo (un ebreo e uno che voleva diventare ebreo) hanno offerto delucidazioni. Quanto mi dispiace non aver potuto porre la domanda a Reich-Ranicki (è morto nel 2013). Sono sicuro che da lui avrei avuto risposte chiare e soddisfacenti. E se volessi parlare di religione – cattolica o in generale – l’interlocutore ideale sarebbe per me Eugen Drewermann (anche Uta Ranke-Heimann mi andrebbe bene, però è morta l’anno scorso). Drewermann e la Ranke-Heinemann sono usciti dalla Chiesa pur dicendosi sempre credenti e cristiani. La Ranke diceva addirittura di non “credere” in Dio in quanto per lei Dio era una realtà evidente (ma a parte questo era davvero una gran donna).

  3. Un piccolo dettaglio, tanto per terminare l’argomento.
    Io sono un miscredente, sarei diventato ebreo soltanto per far piacere a mia moglie.
    Pero’ poi venni a sapere che il nome del rabbino che avrebbe dovuto incidermi era Shabsi Katz. Katz ! “Nomen omen” pensai, e abbandonai l’idea.

  4. A Giancarlo Matta mi sento in dovere di rispondere io prima di altri, perché se lo facessero degli ebrei si potrebbe pensare che difendano sé stessi, se lo facessero dei cristiani ci potrebbe essere il sospetto di una vecchia ostilità, mentre lui ed io siamo miscredenti, e in linea di principio neutrali.
    Lei chiede se gli israeliti osservino integralmente i 613 precetti della torah. Le rispondo io: no. Come nessun cristiano osserva integralmente i precetti della dottrina cristiana. Glielo dico da persona che qualcosa sa, in materia. Fra l’altro perché la dottrina è cambiata nel tempo, e non si saprebbe quale prendere sul serio. Insomma, lei non ha il diritto di porre quella domanda, perché quella domanda farebbe arrossire qualunque credente di qualunque religione.
    Sulla circoncisione lei ha opinioni sue, ed altri possono avere le loro. È questione secondaria. E – insisto – lei non dovrebbe nemmeno porre queste domande per questione di Bood e bad manners. Gli inglesi beneducati le sue le chiamerebbero personarl remarks, e non le apprezzerebbero.
    Le beghe interne giudaiche sono niente rispetto alle beghe interne cristiane. Basta studiare la storia del Cinquecento in Europa. Ma già si cominciò nel Primo Secolo d.C.
    La sua definizione di ebreo mi lascia perplesso. Chi “osserva i precetti della religione ebraica”? Per porre domande “alla lei”: il 100%? (E dunque nessuno). L’87%? Il 71%? E come misuriamo queste percentuali?
    La stessa difesa dello Stato di Israele è opinabile. Io l’ho difeso molte volte, perché dal lato della ragione. Se, in una certa occasione, passasse dal lato del torto, gli darei torto. La difesa dello Stato d’Israele nasce dalla malafede internazionale nei suoi confronti. Ha mai sentito parlare di “maggioranza automatica”, all’Onu, quando si tratta di andare contro Israele?
    Vogliamo cambiare argomento? Io cercherò di non rispondere alla sua eventuale replica.

  5. Perdiana, quanta confusione !
    Provo a fare un poco di ordine, partendo dal fondo. Premetto che io “credo” a niente.
    “ma che razza di domanda è?” = mi risulta che la “torah” ebraica contenga seicentotredici precetti, e che ogni ebreo sia tenuto a osservarli scrupolosamente : sbaglio ? Dunque, lei e “raffaele” li osservate ? tutti ? sì o no ? e perché ?
    “la circoncisione non è niente di spaventoso o mutilante” = questa è solo una sua (discutibile) opinione, guarda caso in contrasto con la moderna scienza medica e con l’ordinamento giuridico italiani.
    Entro nei dettagli : i suoi figli li ha circoncisi lei o il “mohel”? dove (nel senso di “in che Paese”), e a che età sono stati circoncisi ? Con o senza anestesia ? Conosce lei la “metzitzah-b’peh” ? Cosa ne dice ? Sa cosa sia la “fibrotizzazione tissutale” ?
    “Gianni ha parlato di decine di milioni di circoncisi, certamente si riferiva anche ai musulmani, tra i quali la circoncisione è raccomandata, anche se non obbligatoria.” = NO : secondo la religione islamica la circoncisione maschile è OBBLIGATORIA, la circoncisione femminile è altamente raccomandata. Si veda al riguardo quanto pubblicato e ribadito in proposito anche dalla Università Islamica Al-Azhar del Cairo.
    Non intendo entrare nel merito delle polemiche tra ebrei-ortodossi, ebrei-riformati, ebrei-osservanti, ebrei-non-osservanti… : qualcuno le definì “beghe interne giudaiche”.
    Mi risulta che oggidì effettivamente la circoncisione ( è una mutilazione rituale, portate pazienza ) maschile sia praticata oramai da una ridotta percentuale di “ebrei”, tanto in Israele quanto nelle comunità della diaspora.
    A Pardo mi permetto esporre la mia opinione (naturalmente posso sbagliare) in sintesi = è “ebreo” colui che a prescindere dalla sua razza o nazionalità, prima di tutto osserva i precetti della religione ebraica, e poi che difende gli interessi dello Stato di Israele.

  6. Perdiana, quanta curiosita’ sull’argomento della circoncisione. O per essere piu’ precisi, sulla MIA mancata circoncisione. Curiosita’ morbosa? Non saprei dirlo. Comunque, non ho difficolta’ a parlarne.
    Se avessi deciso di diventare ebreo, avrei avuto ben tre possibilita’. La prima, di farmi circoncidere, e d’accordo. Non e’ la fine del mondo, puo’ essere fatta chirurgicamente sotto anestesia locale. La seconda, di diventare un “ebreo riformato”. Gli ebrei di oggi si dividono in ortodossi e riformati, e ci sono sostanziali differenze. Tra gli ebrei riformati anche le donne possono diventare rabbini (lo e’ un lontana parente di mia moglie), mente tra quelli ortodossi, neanche a parlarne. E gli ebrei riformati tollerano la non-circoncisione.

    https://en.wikipedia.org › wiki › Conversion_to_Judaism

    E terza possibilita’, avrei potuto rifiutare tout court la circoncisione, buona parte degli ebrei americani (anche ortodossi) oggi lo fanno. Questa e’ una decisione che spetta al rabbino.
    Quando Gianni ha parlato di decine di milioni di circoncisi, certamente si riferiva anche ai musulmani, tra i quali la circoncisione e’ raccomandata, anche se non obbligatoria.
    Tutto sommato, la circoncisione non e’ niente di spaventoso o mutilante. Entrambi i miei figli sono circoncisi, e devo dire che hanno grande successo con le ragazze. Non entrero’ nei dettagli.

    Adesso, Giancarlo Matta, e’ il mio turno di farle domande. Nel suo commento a Raffaele, lei chiede testualmente: “= in quanto “da ebreo” ebbene, come si comporta Lei, essendo ebreo ? cosa “fa” e cosa “NON fa” essendo tale ? [graditi esempi precisi]”
    Ma che razza di domanda e’? Lei forse crede che gli ebrei si comportino diversamente dal resto dell’umanita’? Neonati cristiani per colazione?

  7. Caro dr Pardo,
    grato per Suo riscontro (moderatore…) , sarei tuttavia interessato a leggere anche la replica di quelli da me nominati .
    Con tutto il rispetto, Lei la circoncisione la chiami come Le pare.
    Su manuali di chirurgia e in sentenze di tribunali (in Italia, naturalmente) tale pratica è stata definita
    ” asportazione chirurgica di tessuto biologico sano con esiti di lesioni fisiche e psicologiche ed alterazioni anatomiche permanenti ” ;
    mi consta che i medici (in Italia, naturalmente) considerano la “circoncisione” igienica tanto quanto sarebbe igienico estrarre dalla bocca i denti sani per evitare la formazione di carie. O, se preferisce, amputare la appendice intestinale sana per prevenire l’appendicite.
    Quanto al trattare “tanto altezzosamente”… sarà. Sarei interessato, ripeto, a leggere anche la replica dei diretti interessati.  

  8. @ Giancarlo Matta

    Ho visto recentemente un lungo documentario su Freud. In quanto ateo e non padrone dell’ebraico non so in che consistesse la sua ebraicità, però afferma nel film menzionato di sentirsi profondamente ebreo. Ma è un Freud prossimo alla morte che fa questa affermazione. E ben quattro sue sorelle finirono nei campi di sterminio nazisti. Forse è per questo che rivendica la sua appartenenza al “popolo eletto”. Marcel Reich-Ranicki, di cui ho parlato sopra, considera Freud un grande scrittore, non era solo uno psicanalista. Freud scrive lettere meravigliose.

    Sergio Pastore *

    * Visto che ci tiene tanto a che si firmi con nome e cognome! Neanche io apprezzo i ridicoli nomignoli che si danno i blogghisti e gli anonimi. Ma qui ci conosciamo, ci parliamo da anni.

  9. @ Pardo

    È vero, il “tono” di Giancarlo Matta può andare di traverso a qualcuno, ma le domande che pone le ritengo degne di una risposta che interesserebbe anche me. Quella sulla circoncisione una domanda poco delicata? Mah, non direi. È una mutilazione? Per alcuni lo è e ricordo di un ebreo che se ne lamentava. Decine e decine di milioni circoncisi? Gli ebrei sono in tutto circa 16 milioni (di cui circa 7 in Israele). La circoncisione sembra però essere praticata anche da non ebrei.

  10. Se mi permette rispondo io. Il sistema (è un guasto fra gli altri) permette l’apparizione dei commenti soltanto dopo che io li ho approvati. Aspetto che lo riparino, per tornare alla situazione di prima.
    Caro Giancarlo, se mi permette, La inviterei ad un tono meno ultimativo. Gli altri potrebbero prenderla male.
    In secondo luogo, rispetto alla circoncisione, Lei fa domanda personali, che mi sembrano poco delicate.
    Inoltre io non chiamerei la circoncisione “mutilazione”, dato che molti medici la considerano perfino igienica. A me non piacerebbe, ma non tratterei tanto altezzosamente decine e decine di milioni di altri esseri umani.

  11. Mi astengo dal commentare, pur avendo sul tema (di certo stimolante) qualche nozione e correlate valutazioni.
    Piuttosto :
    a “Raffaele” vorrei domandare
    1 = se, in quanto “ebreo, di madre israeliana ed ebrea e padre italiano”, venne sottoposto, l’ottavo giorno dopo il parto, alla mutilazione sessuale rituale.
    2 = in quanto “da ebreo” ebbene, come si comporta Lei, essendo ebreo ? cosa “fa” e cosa “NON fa” essendo tale ? [graditi esempi precisi];
    a “Nicola De Veredicis” vorrei domandare se, da “ebreo-in-pectore” “(io quasi decisi di diventarlo, parecchi anni fa, avendo sposato un’ebrea)” si sarebbe sottoposto alla mutilazione sessuale rituale.
    a “Sergio”-Pastore farei osservare che il grande S. Freud, (per ciò che di lui avevo letto e ricordo, e fino a prova contraria) era dichiaratamente ateo e non si sentiva in alcun modo “ebreo”.
    Sarei grato di leggere i loro riscontri.

  12. “… ma temo che nemmeno lui l’abbia spiegato a me.”

    Ma appuntoperché non so ancora cosa significhi davvero essere ebrei e credevo che me lo spiegasse lei! Posso pensare che ci sia negli ebrei un senso di appartenenza (a una comunità, a un destino). Ma come si manifesta questo senso di appartenenza? Penso che in passato la religione sia stato il più forte collante, poi certe tradizioni, la lingua. Ma la maggioranza degli ebrei israeliani di oggi sono agnostici. Poi tanti ebrei anche colti, come Ranicki e Zweig, non conoscono nemmeno l’ebraico, credo non lo conoscesse nemmeno Freud che si sentiva profondamente ebreo (anche lui agnostico o ateo). Noi due siamo italiani, ma cosa abbiamo in comune? Direi soprattutto la lingua. Mi piace tanto quella frase di Max Frisch: “Die Heimat des Menschen ist die Sprache”. Dove il sì suona lì è l’Italia, almeno un po’. Bergman dopo il suo esilio forzato per questioni fiscali si sentì felice quando sentì di nuovo parlare svedese, era di nuovo “a casa”.

    Diversi siamo un po’ tutti se abbiamo un minimo di personalità. E la diversità è una cosa positiva. Però c’è un limite, se lo siamo troppo è naturale che nasca diffidenza e anche sconcerto. Su un sostrato comune forte la diversità va benissimo. Ma leggevo proprio ieri di un ebreo che affermava la loro “doppia lealtà”: gli ebrei italiani sono sì italiani, ma anche – immagino – israeliani o parte della comunità mondiale ebrea. Valenti ebrei furono al servizio del fascismo e tanti ebrei sono morti per l’Italia. Ma trovo che la “doppia lealtà” è un problema: a un certo punto si deve stare di qua o di là.

  13. Io credo che l’ essere ebrei sia principalmente una questione genetica. Se tua madre e’ ebrea, tu sei ebreo. Il fatto che si possa decidere di diventare ebrei (io quasi decisi di diventarlo, parecchi anni fa, avendo sposato un’ebrea) non cambia la situazione generale, visto il piu’ che esiguo numero di convertiti.

  14. A Sergio faccio notare che, se tutti ci considerano diversi, non ci rimane che vergognarci della nostra diversità, oppure farcene un vanto. Per questo è nato l’assurdo, ma comprensibile, “Orgoglio gay”.
    Sergio mi accusa amichevolmente di non avere detto in che senso gli ebrei sono ebrei, ma temo che nemmeno lui l’abbia spiegato a me.
    Ma in generale penso che siamo un po’ tutti d’accordo.

  15. Rispondo a Raffaele consigliandogli di scrivere commenti meno lunghi.
    Per il resto il suo commento – a mio parere – nello sforzo di essere equanime, è troppo a sfavore degli ebrei. Le colpe del resto del mondo contro gli ebrei sono largamente preponderanti.

  16. Che delusione questo articolo (sicuramente non l’archivierò). Speravo di apprendere finalmente cosa significhi essere ebrei, invece. Poi leggo pure: “Se nel mondo la smettessimo di considerare gli ebrei “diversi”, gli “ebrei” in quanto tali sparirebbero.” A me sembra che loro si sentano diversi e lo vogliano pure far vedere. Chi si sente e si vuole diverso non può meravigliarsi se gli altri lo considerino tale. E verso il diverso, per quanto intelligente e simpatico possa essere o apparire, è naturale provare qualche sospetto (Sartori direbbe: sta scritto nei nostri geni).
    Io ho incontrato in tutta la mia vita solo due ebrei, un israeliano che aveva fatto la guerra dei sei giorni, e un ebreo francese. Ho conversato con entrambi a lungo e piacevolmente. Ma continuo a non sapere cosa significhi davvero essere ebrei. Credo che una risposta soddisfacente me l’avrebbe data un ebreo polacco che ammiro tanto (ho appena ordinato un’antologia sua di scrittori tedeschi: Kafka, Kleist, Büchner, Heine, Lessing). Parlo di Marcel Reich-Ranicki (pronuncia: Raniczi). Un ebreo polacco che è diventato un grande critico della letteratura tedesca, ammirato ma anche esecrato per le sue stroncature. Tutto quello che leggo di Ranicki è interessante, chiaro, rivelatore – tanto che mi sembra sia lui il più grande autore di lingua tedesca di tutti i tempi, non i suoi amatissimi Goethe e Thomas Mann (oltre alle opere degli scrittori conosceva anche vita, morte e miracoli dei suoi autori).
    Ranicki era ateo e credo non conoscesse nemmeno l’ebraico, come tanti altri ebrei (per es. Stefan Zweig). Una persona ragionevole e razionale. Eppure Ranicki si era sposato con un’ebrea e disse che non poteva immaginarsi qualcosa d’altro. Io trovo la cosa strana. Ecco, penso che lui avrebbe potuto finalmente spiegarmi cosa significhi essere ebreo, ieri e oggi. Non avevo a lungo nemmeno sospettato che fosse ebreo, finché lessi il suo libro su Heine. E pensare che Ranicki, scampato all’olocausto, si sia installato in Germania e abbia fatto la fortuna di tanti autori di lingua tedesca.

  17. Da ebreo, di madre israeliana ed ebrea e padre italiano, mi sento di dover in parte smentire quel che Lei ha scritto, pur ribadendole la mia stima per i suoi quotidiani scritti.
    E lo farò cercando di fuggire sia dalla retorica antisemita – che, non fosse altro per le mie origini, non ho certo interesse ad incentivare – che da quella, ricattante ed altrettanto irritante, acriticamente filoebraica. Che in un’eterogenesi dei fini, ha provocato ulteriore antisemitismo, suggerendo nella gente l’immaginario dell’ebreo piagnucolone e vittimista.
    Noi ebrei ci sentiamo sicuramente italiani. Ma ci sentiamo anche se non soprattutto ebrei. Sia perché abbiamo un’identità nazionale forte come il granito, sia perché per molto tempo noi siamo stati considerati come stranieri ovunque. Questo, ovviamente, ha rafforzato la nostra identità.
    Il problema di noi ebrei è che abbiamo sempre pagato – e non sempre siamo stati esenti da colpe – un meccanismo che si ripete da secoli e secoli con la precisione di un orologio a cucù. Essendo stranieri, invece di combattere il nemico, ci siamo mossi in una direzione “double bind”, da una parte cercando di convivere, dall’altra rifiutando di omologarci. Questo ha dato il destro alle classi dirigenti di ogni tempo di usarci come specchietto per le allodole per camuffare le proprie malefatte. E purtroppo, c’è chi ci casca, non distinguendo tra gli ebrei che pur non rinnegando le proprie radici, comunque si sentono anche italiani – e che sono morti a migliaia per difendere il nostro paese durante le sue varie guerre – e chi invece si adagia (per convenienza o paura?) sull’uso che il potere fa della nostra particolare peculiarità.
    In sintesi, dalla diaspora in poi, noi ebrei siamo stati spesso usati – e per sopravvivere, spesso ci siamo dovuti prestare – per fare il lavoro sporco del potere che, al momento opportuno, dai tempi di Roma fino all’epopea nazista, ci ha abbandonato per dire “la colpa è degli ebrei, non di noi che li abbiamo usati”. Questo è alla base del ricorrente pregiudizio che ci tormenta ed è una prassi troppo sistematica nel corso della nostra storia per non poter pensare che, certo non simpatizzando con chi ci ha perseguitati, non vi sia anche qualche responsabilità storica da parte nostra. Non in quanto persone ma in quanto ebrei. La responsabilità storica di un popolo esiste, gentile professore. Il popolo tedesco è responsabile di aver consentito che il nazismo prendesse piede, nonostante certamente molti tedeschi non fossero nazisti. Noi ebrei siamo responsabili di aver contribuito all’odio nazista nei nostri confronti, sia attraverso alcuni finanzieri che hanno speculato sull’economia tedesca, sia assaltando le proprietà della borghesia tedesca: che il 90% degli spartachisti fosse ebreo è un fatto, come è un fatto che lo fossero molti finanzieri che fecero collassare la Repubblica di Weimar. La nostra responsabilità sta nel non aver preso le distanze dai tanti che, sfruttando la nostra causa, hanno complottato contro le nazioni. Nei nostri confronti si è, così, creato uno stigma morale del tutto analogo a quello che nella Sua Sicilia si verifica con la mafia. Certamente Lei, come tantissimi Suoi conterranei, è un siciliano perbene, con la fedina penale intatta, che vive della sua pensione dopo aver vissuto onestamente del suo lavoro e dunque non è responsabile individualmente della mafia. Ma lo è in quanto siciliano, perché se la mafia dilaga, lei ha comunque, in quanto siciliano, una responsabilità storica. E questo vale anche per noi ebrei. Noi non siamo riusciti a toglierci di dosso i pregiudizi della gente. E un pregiudizio può, in un caso, essere colpa altrui. Ma quando è da millenni che esistono pregiudizi sul nostro conto, un esame di coscienza – di tipo storico, non individuale, ripeto – forse converrebbe farcelo.
    Affrontare le nostre colpe storiche non significa avere meno diritti di rivendicare la propria identità: si tratta soltanto di poter presentarsi di fronte agli altri popoli con la consapevolezza intellettualmente onesta di avere anche noi i nostri scheletri nell’armadio e affrontare il giudizio degli altri.
    Di certo, da quando abbiamo finalmente un focolare nel quale ritrovarci, questa esigenza di dover scendere a compromessi con i popoli che ci ospitano, è drasticamente diminuita. E questo smentisce parzialmente quel che Lei dice. Noi ebrei abbiamo vissuto per millenni senza una patria e questo ci ha costretti a dover sopravvivere inserendoci come virus in ogni stato nel quale ci siamo trovati.
    Proprio per questo, la nascita di Israele è stata se non l’inizio della fine dell’antisemitismo, quantomeno la fine dell’inizio. Gli ebrei oggi sanno dove rifugiarsi se arriva un altro Hitler: in una nazione dove c’è l’atomica e un potentissimo servizio segreto. E’ proprio per questo motivo che chi, ad esempio, dà colpe al nazionalismo dell’antisemitismo, a mio avviso commette un grave errore.
    La Shoah è esattamente ciò che accade ad un popolo quando non ha una patria.
    E questo, da nazionalista, che ama in maniera uguale e con grande intensità, sia l’Italia che Israele, è una convinzione che non mi abbandonerà più.

  18. Sono d’accordo, in linea di massima, con l’intero articolo. Vorrei soltanto aggiungere qualcosa.
    “Se nel mondo la smettessimo di considerare gli ebrei “diversi”, gli “ebrei” in quanto tali sparirebbero.”
    Beh, io spero di no. Perche’ cosi’ sparirebbe la miglior razza umana (ho detto “razza”? forse meglio “comunita’ “). Premetto che parlo per me’ stesso, per le mie esperienze, e non pretendo che nessuno mi dia ragione.
    Secondo me gli ebrei oggi costituiscono l’apice dell’umanita’, la parte “eletta”. L’ IQ degli ebrei Askhenazi (quelli che vivevano prevalentemente nell’Europa delll’est) e’ probabilmente il piu’ alto del mondo. E non a caso oggi Israele e’ il Paese piu’ innovativo, piu’ all’avanguardia del pianeta intero.
    I matrimoni avvenuti in Europa all’interno delle comunita’ ebraiche, a volte tra famiglie imparentate tra loro, hanno condotto a questo, acuendo l’intelligenza della prole, ma purtroppo anche la loro predisposizione a molte malattie genetiche, situazione alla quale oggi essi stanno cercando di porre riparo (e stanno riuscendo anche in questo).
    Sarebbe difficile fare un elenco delle invenzioni israeliane, sono innumerevoli. Si va dall’ Iron Dome al Firewall che protegge il PC, all’ irrigazione “a goccia” , al Watergen (acqua prodotta dall’aria), alle stampanti per produrre bistecche partendo da alcune molecole di sangue e grasso.
    E che dire delle donne ebree?
    Rosalind Franklin scopri’ il DNA; Vera Rubin ha scoperto la “Dark Matter”, che costituisce un terzo dell’universo; Sharon Barak l’anno scorso ha inventato una plastica completamente biodegradabile.
    Non toccate gli ebrei, lasciateli in pace per conto loro. Il futuro dell’umanita’ dipende da essi.

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