COVID, LA SOLUZIONE DI BERTOLDO

COVID, LA SOLUZIONE DI BERTOLDO
Avendo l’intenzione di parlare di Covid, non so con quale coraggio presentarmi agli amici. Temo mi chiedano, delusi: “Tu quoque?”
Ma io, quando devo fare una sciocchezza, la faccio intrepidamente e a testa alta. Così rispondo: “Io quoque? No, manco pe’ gnente”, come dicono a Roma, seppure in una lingua più recente.
Come si sa, il mio nume tutelare in materia di economia, morale, filosofia e politica è un certo Bertoldo, di cui non so nemmeno il cognome. E Bertoldo mi suggerisce di ragionare come segue.
Il Covid-19 è una pandemia. Una brutta pandemia, tanto che qualcuno ci ha lasciato le penne. Ed anche più di qualcuno. C’è stato modo di difendersi? Dapprima no, o non tanto. Perché la malattia era nuova e i medici non sapevano ancora come combatterla. Dunque la gente stava quanto più era possibile rintanata in casa e faceva copiosi e non sempre decenti scongiuri.
Poi sono arrivati i vaccini e lo Stato, generosamente (a spese nostre) se ne è fatto carico, offrendoli a tutti. A questo punto, salvo eccezioni, chi si è vaccinato (anche ripetutamente) non è più morto, mentre hanno continuato a morire coloro che non si erano vaccinati. E perché non si erano vaccinati?
Secondo un ragionamento “modello Bertoldo”, perché, se lo Stato ce li offriva gratis, era segno che da un lato quei vaccini non valevano niente, e dall’altro che lo Stato aveva interesse a che noi ci vaccinassimo. E quando mai lo Stato ha fatto i nostri interessi piuttosto che i suoi? Ed anzi: chi ci dice che non ci voglia avvelenare in massa? Che diamine c’è, in quelle dannate fiale? Magari fosse acqua fresca!
Ed anzi a questo punto si imponeva una riflessione più radicale. “Vuoi vedere che tutta la baracca è una montatura, che il Covid non esiste nemmeno e che gli Stati, all’unisono, si sono messi tutti d’accordo per raccontarci questa balla e costringerci a vaccinarci? Ma io non ci casco mica. Vaccinarmi? Tiè”. E per fortuna, in uno scritto, i gestacci non si vedono.
In tutto questo frangente lo Stato – sempre per i suoi inconfessabili interessi – non sapeva come costringere i propri riottosi cittadini, in realtà strenui difensori della libertà, a vaccinarsi. E le inventava tutte. Non sapeva se allettarli (“Un lecca lecca a chiunque si vaccina”) o minacciarli (“L’ergastolo a chiunque non si vaccina”). Fino a creare una tragedia nazionale. Per due anni di seguito, su tutti i media indistintamente, e tutti i santi giorni, festivi inclusi, non si è parlato (e non si parla) che di pandemia. E questo perché? Perché lo Stato, come sempre ha detto Bertoldo, quando non è malefico, rimane un imbecille.
Lo Stato – a parere di questo illustre pensatore del XVII Secolo – per prima cosa avrebbe dovuto fare capire che il vaccino era cosa talmente preziosa e costosa, che non poteva farsene carico. Dunque, ad ogni vaccinazione, secondo il prodotto, ogni cittadino avrebbe dovuto pagare da dieci a quindici euro. “Così caro?” E a questa domanda sarebbe stato facile rispondere: “È un medicinale prezioso, ti assicura che non morirai di Covid, e ti metti a discutere del prezzo? E allora va’ via, muori pure, se questa è la tua scelta. Comunque, a chi presenta il certificato di povertà assoluta forniamo il vaccino gratuitamente. Tu puoi dimostrare di essere in povertà assoluta?” Insomma la lotta – secondo Bertoldo – avrebbe dovuto essere a procurarsi il vaccino, non a rifiutarlo. Ma, si dirà, lo Stato (ovviamente mentendo, quando mai ha detto la verità?) vorrebbe vaccinare tutti per contrastare la pandemia. Ed anche a questo Bertoldo risponderebbe: “Signori, ammettiamo che l’ottanta per cento dei cittadini si vaccini. Rimane un venti per cento. Benissimo, ammettiamo che di questo venti per cento, il 5% non si ammali, il 10% si ammali e guarisca e il 5% si ammali e muoia. Non è ovvio che, in base ad un tempo neppure troppo lungo, il 95% della popolazione è o vaccinata, o immune perché guarita, o immune perché refrattaria alla malattia? Non solo, si sarebbe scremata la società di un 5% di cittadini con un Q.I. inferiore alla media e francamente indecente, con un’efficace politica eugenetica. Qui non prendete due piccioni con una fava, qui prendete due aquile con una fiala di vaccino”.
Il re rise molto, a questi ragionamenti, proclamando che Bertoldo era un mattacchione, e che lui mai avrebbe rinunziato alla sua compagnia. Ma ovviamente continuò con la sua politica di prima. Perché Bertoldo era intelligente mentre lui era un perfetto cretino.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
3 gennaio 2022
Ed ora ecco l’articolo “serio” di ieri
.LA BONACCIA
Oggi, due gennaio 2022, dopo due giorni di silenzio, abbiamo di nuovo i giornali. E chi dispone di una Rassegna Stampa, o ne ha vista una in televisione, può notare quanto segue. Tutti gli editorialisti parlano del messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica:
Luciano Fontana, sul “Corriere della Sera”;
Lina Palmerini sul “Sole24Ore”;
Stefano Folli sulla “Repubblica”;
Marco Damilano sull’“Espresso”;
Massimo Giannini sulla “Stampa”;
Marcello Sorgi sulla “Stampa”;
Augusto Minzolimi sul “Giornale” e forse anche Marco Travaglio sul “Fatto”. Dico forse perché non me la sento di leggere una riga di Travaglio.
E non pensiate che parlino tutti della stessa cosa per l’improvviso entusiasmo che ha suscitato il caro Presidente. Il fatto è che in questi giorni nessuno ha detto niente d’interessante, nessuno ha fatto niente di speciale e non è successo niente. E allora tutti giù a raschiare il fondo del barile.
Pare che un tempo, quando non c’erano gli orologi, ogni tanto passasse qualcuno per le strade gridando: “Sono le due e tutto va bene”. E un‘ora dopo: “Sono le tre e tutto va bene”. Forse gli editoriali avrebbero dovuto scrivere soltanto: “Siamo a gennaio 2022 e tutto va bene”. Quanto meno, se non tutto va bene, va comunque come prima. E un tempo si diceva: “Nessuna nuova, buona nuova”. Il che è vero. Potrebbe sempre andare peggio e, come diceva quello, “Potrebbe anche piovere”. Ma questo non significa che ci sia da star tranquilli.
Lo Stato è spesso paragonato ad una nave. Cominciò già Padre Dante parlando dell’Italia come “Nave senza nocchiero in gran tempesta”. Ora, a giudicare dagli editoriali, pare che stiamo vivendo l’opposto: la bonaccia implacabile. L’assenza totale di vento. Un mare calmo come l’olio. Ma il porto rimane lontano. Un pessimista chiederebbe: “Non è che per caso la differenza è che la tempesta ci uccide velocemente e la bonaccia a poco a poco?”
Per la sensibilità corrente, se non ha una crisi il malato cronico passa alla categoria dei sani. Certo, deve morire, ma come tutti. Gli amici insomma tendono a dimenticare che continua a soffrire della sua malattia e delle incapacità che gli procura. In questo senso l’Italia non è un semplice malato cronico, ma un malato grave cronico.
La quantità dei suoi problemi è tale che se ne sono accorti anche a migliaia di chilometri di distanza: prova ne sia che hanno condizionato il rilascio di centinaia di miliardi di prestiti alla realizzazione delle riforme. Solo negli ultimi mesi del 2021, 51 adempimenti. E Draghi si vanta di averli portati a termine. Sarà. Malgrado la simpatia che potrei sentire per lui come Presidente del Consiglio, o per Renato Brunetta come novello Ercole incaricato della fatica di riformare la Pubblica Amministrazione, a quelle riforme crederò quando le vedrò funzionare in concreto. “Alzati e cammina” è una bella frase che si ritrova nel Vangelo, ma nella realtà si può indirizzare soltanto a chi non è paralitico.
E non parliamo della riforma della giustizia. Si è cercato di mettere una pezza all’abominio giuridico dell’abolizione della prescrizione nel processo penale, ma non sono sicuro che ci siano riusciti. Aspetto la conferma della realtà. E comunque, quand’anche riuscissero in quell’impresa, rimarrebbero tutti gli altri problemi.
La Giustizia in Italia è uno scandalo. La Magistratura ha perduto credibilità ma non per questo si è riformata: ha fatto finta di togliere la mela marcia dal cestino, ma quella mela non era più marcia delle altre. E i cittadini svegli lo sanno perfettamente. Quanto ai processi, nulla è cambiato: la lentezza è la regola. Il mio condominio si è visto far causa per meno di mille euro e il processo dura da tre anni o poco meno. E figuriamoci quelli più seri. Ogni tanto qualcuno si suicida, i giornali ne parlano ma gli italiani, se non hanno un processo loro in corso, della Giustizia si disinteressano. Molti addirittura vorrebbero vedere magistrati in tutti i posti dirigenziali, contando su una solerzia, una competenza e una equanimità su cui gli avvocati non scommetterebbero. Ma intanto i togati mancano, nell’organico, e se ne potrebbero ricuperare a decine facendoli tornare dai Ministeri al loro lavoro normale. Ma loro l’hanno sempre vinta.
La bonaccia ci fa galleggiare sul mare ma una nave non è fatta per galleggiare soltanto. Se va a vela, una bonaccia prolungata diviene una minaccia prolungata. Ma la paralisi da noi è strutturale, o forse costituzionale. Nel 1947 i nostri Padri si sono preoccupati di lottare contro il Fascismo e contro l’autoritarismo e gli italiani, fedeli al mandato, lottano ancora oggi contro il Fascismo e contro l’autoritarismo. Impedendo che si decida qualcosa. Sono talmente antifascisti che non credono, non obbediscono e non combattono. E se qualcuno gli fa notare che con la nostra Carta è garantito l’immobilismo, vi rispondono che quella è la Costituzione più bella del mondo. Ci fu consegnata sul Monte Sinai e chiunque parli di modificarla anathema sit.
Il bello è che sono anch’io di questo parere. Stimo così poco l’attuale Parlamento da temere che, modificando la Costituzione, riuscirebbe forse a peggiorarla. Già si è visto con i disastri seguiti alla riforma del Titolo Quinto. Ci hanno messo le mani, e va peggio di prima. Che cosa non potrebbero combinare, domani?
Così non ci rimane che occuparci del discorso di fine anno di Mattarella. Uomo saggio che già rimpiango. Da anni non ascolto gli inutili messaggi del Presidente della Repubblica, ma se penso che – salvo errori – Sandro Pertini tenne uno sproloquio di quarantacinque minuti, e il discorso di Mattarella è durata soltanto quindici minuti, dichiaro che perdiamo un grande Presidente.
E così ho parlato anch’io del messaggio di fine anno. Un argomento più contagioso della Variante Omicron.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
2 gennaio 2022

COVID, LA SOLUZIONE DI BERTOLDOultima modifica: 2022-01-03T09:04:46+01:00da gianni.pardo
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7 pensieri su “COVID, LA SOLUZIONE DI BERTOLDO

  1. La tesi del vaccino a pagamento è interessante. Tuttavia, l’immaginazione e l’irrazionalità umana non conoscono limiti ed è pertanto probabile (certo) che si sarebbero inventati altre storie ed altri pretesti.
    Quando c’è di mezzo la massa, che in questo caso significa addirittura la totalita’ della popolazione, il buonsenso di tutti è una chimera.

  2. Residuo del guasto, il sistema richiede sempre la mia approvazione, per pubblicare i commenti. Vedrò se posso risolvere anche questo.

  3. “Come sapete, in questo periodo il blog fa i capricci.”

    Non e’ impossibile neanche che l’ “intelligenza artificiale” della piattaforma non gradisca molto disquisizioni, seppur ironiche e simpatiche, sulla politica vaccinale del governo. Vista l’isteria in corso, mi aspetterei questo e altro. Un sacco di cittadini, sicuramente la maggioranza, approverebbe “democraticamente”.

    Vediamo se passa 😉

  4. Il commento di Fabrizio è stato pubblicato in ritardo perché il sistema (insieme con le altre due copie del commento) lo ha messo d’autorità fra quelli “in attesa di approvazione”, mentre la regola, fino ad oggi, è stata la pubblicazione salvo cancellazione per turpiloquio, insulti, calunnie, ecc. Fortunatamente rari, in questo blog. Come sapete, in questo periodo il blog fa i capricci.

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