IL PRESIDENTE

Ci sono parole che hanno un valore magico: oriente, per esempio; sogno; destino. Presidente è una di queste.
Presidente fa pensare al potere, ma il potere ha un sapore diverso secondo la sua origi­ne. Luigi XIV, nella Francia del Seicento, è monarca assoluto per diritto divino. Se questo da un lato lo rende meno responsabile, in quanto dovrebbe rispondere delle proprie azioni solo a Dio stesso, dall’altro gli toglie il merito del comando: egli non comanda infatti perché è migliore degli altri, o perché sia riuscito a battere gli altri nella lotta per il potere: comanda perché è re. E proprio questo essere re non dipende da lui. Il sovrano ereditario coniuga in sé il massimo del comando col minimo del merito.
Un secondo caso è quello del boss mafioso. Costui ha un potere immenso, conquistato personalmente, e può decidere della vita e della morte di amici e nemici: ma manca totalmente di maestà. È come un uomo armato in mezzo ad uomini disarmati: tutti obbediscono, ma certo nessuno lo chiamerebbe presidente. Il boss non ha una carica, ha una pistola.
Invece il Presidente, ah! il Presidente è tutt’altra cosa. Diversamente dal re, è divenuto tale per merito proprio. Dal presidente del consiglio dei ministri, al presidente del consiglio di amministrazione di una società, dal presidente del condominio cui apparteniamo a qualunque altro presidente, egli è un’autorità elettiva e per ciò stesso approvata e riverita. Diversamente dal boss, non ha armi, in mano: è solo uno che siede di fronte agli altri. Non per niente presidente, oltre che protettore, significa che siede prima, o che siede davanti. In inglese infatti è Chairman, l’uomo della sedia.
Purtroppo, la magia della parola fa sì che se ne abusi e se ne faccia un feticcio. Ed ecco ci si batte pateticamente per la presidenza di qualunque cosa, dal circolo della caccia all’associazione amici dell’orso marsicano, dal clan filatelico al club dei fumatori di pipa. Ci si scorna anche quando l’esser presidenti non significa più nulla ed anche quando la nomina a presidente è un modo per rimuovere una persona da un incarico in cui dava fastidio: promoveatur ut amoveatur. Si arriva al grottesco.
La proliferazione dei presidenti li rende vagamente ridicoli. Come erano vagamente ridicoli quelli che venivano chiamati “cavalieri” perché non erano neppure ragionieri.
Si sa, ognuno è occasionalmente e inevitabilmente presidente di qualcosa, ma l’unico rimedio, quando proprio non si può rifiutare, è non prendere la carica sul serio. E dimettersi alla prima occasione. Un notevole umorista italiano, Longanesi, ha detto che non basta rifiutare le decorazioni, bisogna non meritarle.
Non si sta con questo dicendo che bisognerebbe reprimere ogni ambizione: ma per l’appunto, bisognerebbe battersi per il potere quando si tratta effettivamente di potere, non di un pennacchio o di una sedia speciale. Ché anzi, per quanto riguarda gli organi collegiali, se si potesse dare un consiglio da valere in tutti i casi, bisognerebbe che tutte le riunioni si tenessero in piedi: non solo durerebbero di meno, per l’ovvia stanchezza , ma si eviterebbe di avere qualcuno che, accidenti a lui, si siede per primo o di fronte.
Gianni Pardo, 1992

IL PRESIDENTEultima modifica: 2021-12-26T09:19:34+01:00da gianni.pardo
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