ESSERE UOMO, ESSERE DONNA

Se un Americano pensa a se stesso e vuole stabilire il proprio status dirà: sono un Americano. Ma se si tratta di un negro, dirà: sono un Americano di colore. E se invece che di un uomo si trattasse di una donna, questa direbbe: sono una donna americana di colore. In altre parole, mentre l’uomo reputa se stesso un essere umano senza aggettivazioni, un allogeno sente la necessità di dichiarare la sua diversità e – cosa notevolissima – nelle stesse condizioni è la donna.

Va pure detto che quest’aggettivazione non sempre è vista negativamente. Un’avvocata che ha fatto carriera penserà di sé che è una donna eccezionale, proprio perché, essendo donna, ha dovuto superare difficoltà maggiori di quelle che incontrano gli uomini. Questi infatti considerano normale (anche se doloroso per il loro amor proprio) che un altro uomo abbia successo, ma considerano anormale che ci riesca una donna, un negro, uno straniero. Qualcuno lo potrebbe chiamare razzismo, maschilismo, o qualche altro “ismo” negativo. Quel che è certo è che le cose stanno così. Per conseguenza, se vogliamo sapere in che modo ciascuno si sente un uomo o una donna, sarà più facile considerare per primo il caso di quest’ultima.

Alla donna è insegnato, sin dall’inizio della sua esistenza, che è una femmina. Cioè un essere “diverso”. Anche se vede i maschietti fare a pugni, lei non deve fare a pugni. Anche se il fratellino è un ribelle, lei ha il dovere di essere più obbediente, più pulita, più dolce. Deve giocare a fare la madre e la massaia – cioè a servire – piuttosto che a dominare. Le sue stesse pulsioni sessuali, quando nasceranno, dovranno essere tenute segrete, visto che è assolutamente inammissibile che una giovane dica di aver voglia di fare l’amore. Il sesso dovrà essere incanalato verso il matrimonio e la formazione di una famiglia.

Si può già a questo punto delineare per contrasto la posizione dell’uomo. Il bambino viene in genere educato alla libertà col solo limite del non farsi male. Se fa male agli altri, infatti, i genitori lo considerano con benevolenza: è già un piccolo capo, uno che è nato per comandare più che per obbedire. Quello che le dà piuttosto che quello che le prende. Crescendo, sarà rimproverato se farà a pugni coi coetanei, ma con molto maggiore preoccupazione se le prende invece di darle. E in ogni caso gli è insegnato che è lecito ricorrere alla violenza. La violenza fa parte del linguaggio, per così dire, e infatti i bambini hanno per giocattoli armi e sono pressoché sempre in competizione. Mentre alla donna è stato insegnato che anche avendo ragione, anche potendola esercitare, la violenza (crescendo si chiamerà potere) non va esercitata. Il potere, esercitato da una donna, la mette in cattiva luce. Gli uomini non amano obbedire alle donne, neanche se queste donne il comando lo meritano. E perfino le altre donne non sono contente di obbedire ad una donna, tanto forte è il condizionamento: la donna è nata per obbedire e l’uomo per comandare.

In totale, un uomo sa di esistere, una donna sa di essere una donna che esiste. E sa che deve esistere come donna, non come essere libero e autonomo. Questo anche nei paesi civili.

Questo deplorevole status della donna non ha solo aspetti negativi. L’essere sin dal primo momento una persona di seconda categoria, con doveri di seconda categoria, è consolante. Da giovane, Cesare ha potuto rammaricarsi di non avere compiuto le grandi imprese che Alessandro aveva già compiuto quando aveva avuto la sua età ma nessuna giovanetta romana avrà avuto lo stesso rimpianto. Dunque la donna ha meno frustrazioni dell’uomo. Non è depressa se non fa carriera, non è depressa se non si sente un capo, non è depressa perfino se è vittima di soprusi, visto che sopportare ingiustizie fa parte del suo status: da quando i suoi genitori permettevano ai suoi fratelli cose che non permettevano a lei. Non è depressa se non ha una buona vita sessuale visto che il sesso, per le donne, non dovrebbe esistere. O dovrebbe servire, molto occasionalmente, per avere figli. Che è poi la dottrina del Cristianesimo. Insomma può essere un pressoché totale fallimento e rimanere serena, purché sia sposata.

Lo status dell’uomo ha invece tutti i corrispondenti lati negativi. Posto nelle condizioni di potere aspirare a tutto, anche ad essere Alessandro il Macedone, l’uomo – che non vale più della donna – è ovviamente un frustrato. Se c’è un problema tecnico da risolvere la moglie aspetta la soluzione dal marito, il marito invece non ha a chi rivolgersi. Il contraltare del potere che la società conferisce all’uomo è il dovere di esercitarlo ed esercitarlo correttamente. L’uomo per esempio ha il dovere di iniziativa nel campo sessuale ed è certo un vantaggio. Ma è poi un vantaggio se, al dunque, l’uomo non è in grado di farlo bene, questo sesso? L’impiegata postale, soldato semplice della macchina statale, è un’impiegata e basta. Invece il direttore di banca suda freddo, quando concede un grande fido. La donna può abbandonarsi ai suoi sentimenti, magari in pubblico, un uomo deve essere “forte” e dominarsi. E si potrebbe continuare.

L’uomo si considera in conclusione un normale essere umano ma non ha scuse, nei confronti dei suoi propri limiti. Mentre una donna spaventata è una donna affascinante che dà a tutti – e specialmente agli uomini – la voglia di proteggerla, lui, se è pauroso, è squalificato. Se è poco intelligente, anche se fosse bello, sarà ridicolo, mentre una donna bella non sarà mai ridicola: basta che sorrida e gli altri – soprattutto gli uomini – le perdoneranno quasi tutto.

Se dunque una donna vuol sapere come si vive, dall’interno, l’esperienza dell’esser maschi, deve fare il cammino inverso di quello che fa un uomo se vuole capire come ragiona una donna. E se entrambi non vogliono essere vittime del condizionamento, dovrebbero sforzarsi di capire che da queste gabbie bisognerebbe pure uscire. Trattando l’altro sesso come una semplice differenza non troppo significativa, più o meno come l’essere bianchi o gialli, Tedeschi o Giapponesi. Invece tutti considerano offensivo – o nel migliore dei casi divertentissimo – essere presi per una persona dell’altro sesso. Talmente l’individuo è stato condizionato ad appartenere al proprio sesso. Nel “Brave New World” di Aldous Huxley gli individui delle varie caste erano educati ad essere fieri di appartenere a quella data casta, anche se era una casta inferiore, e ancora oggi, nell’esercito, si cerca di convincere i genieri che sono meglio degli artiglieri e gli artiglieri che sono meglio dei genieri. Gli uomini sono educati ad essere fieri di essere uomini e le donne – chi non ci crede provi a chiederglielo – rifiuterebbero in massa di divenire uomini. Dunque per arrivare a considerare le persone dell’altro sesso come persone identiche a noi, salvo che per il condizionamento e la muscolatura, ci vorrà molto tempo.

Giannipardo@libero.it

Settembre 1997

ESSERE UOMO, ESSERE DONNAultima modifica: 2021-12-22T08:35:56+01:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “ESSERE UOMO, ESSERE DONNA

  1. DISCRIMINAZIONE SISTEMICA E LOGICA FEMMINISTA
    Mestieri e professioni non vedono sempre una presenza uguale di uomini e di donne nei loro ranghi. È il ruolo familiare e sociale particolare della donna, vista per secoli come madre e come sposa (chiedo scusa per l’insulto) a spiegare in gran parte questa differenza. Dopotutto gli uomini e le donne non sono ancora perfettamente interscambiabili. Femministi e femministe attribuiscono invece ogni differenza esistente nella società tra uomini e donne all’azione maschilista, mirante a tener relegata la donna in un ruolo inferiore. È un dato di fatto innegabile: in certi campi la donna non è presente in maniera adeguata, per esempio tra i piloti di formula uno. E nessuna donna ha creato finora una scuola filosofica di pensiero. Per femministi e femministe questi diversi risultati sono causati da una nociva discriminazione sistemica. In sostanza, la discriminazione, dati i risultati, c’è ma non si capisce come la si attui…
    Certe armi elaborate dalla logica femminista possono essere a doppio taglio. Le donne, ad esempio, terminano, in genere, gli studi secondari e universitari in maggior numero e con voti più alti rispetto agli uomini. In certe nazioni – vedi il Québec – la maggioranza degli studenti nelle facoltà di medicina è composta da donne. Eppure, stando alla propaganda, gli uomini hanno sempre difeso con unghie e con denti le professioni più remunerative e prestigiose.
    Se si accetta la logica femminista fino in fondo, secondo la quale ogni dato svantaggioso riguardante la donna rispetto all’uomo si spiega con la discriminazione patriarcale e fallocratica, oppure con una discriminazione insita nel sistema, allora bisogna concludere che gli scarsi successi dell’uomo sono oggi dovuti ad una discriminazione sistemica nei confronti dell’ex sesso forte. Questa conclusione s’impone, in nome della logica femminista. Se le femministe rifiutano di ammetterlo, noi potremmo allora accusarle di far prova di logica femminile.

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