FILOSOFIA DEL DIRITTO

Un’eternità fa, all’università, ho quasi studiato “Filosofia del diritto”. Non ho imparato molto allora e figurarsi ciò che posso ricordare ora.

La filosofia del diritto si occupa innanzi tutto del problema fondamentale: “quid est ius?”, che cos’è il diritto? Come si distingue dalla morale, dalla religione, dall’arbitrio? Ed io, in questa sede, ne parlerò da profano, come se il problema fosse posto per la prima volta.

Per Hans Kelsen (consultato su Wikipedia) il diritto è una struttura piramidale di tutte le norme che reggono la convivenza civile e che culminano in una norma fondamentale, dalla quale dipendono tutte le altre. E non ricordo quale sia questa norma fondamentale. Ma per me essa è chiaramente il potere in sé. Chiunque abbia il potere concreto di comandare nella nazione, dice: “Si fa così perché lo dico io, e guai a chi non mi obbedisce”. Espressione volgare che corrisponde al concetto filosofico secondo cui il diritto è caratterizzato dall’essere cogente.

Il diritto – diversamente ad esempio dalla morale – si impone con la forza, o concretamente (il sequestro e la vendita di una casa del debitore per saldare il creditore) o con la minaccia: “Se fai questo, avrai quest’altro come punizione” (cosa che i tecnici chiamano “valore retributivo della pena”). La prima attività (il recupero del credito) è caratteristica del diritto civile, la seconda del diritto penale.

Il concetto piramidale di Kelsen è perfettamente valido per il “diritto positivo”, cioè il complesso delle norme in vigore. Ma non dice nulla (che io sappia) del perché esiste quella piramide: cioè del perché esista il diritto. Ed è su questo punto che vorrei concentrarmi.

L’uomo è un animale sociale. Vive in famiglia e caccia in compagnia. Dunque anche all’età della pietra il gruppo doveva avere una struttura ordinata con norme accettate da tutti. Per esempio sul modo di suddividere i proventi della caccia. Da che cosa lo possiamo dedurre? Dalla nuda necessità. Se gli uomini cacciavano in gruppo (come i leoni, i lupi, le iene) dovevano avere delle regole su come spartirsi la preda. Perché, se non le avessero avute, a conclusione di ogni caccia si sarebbero azzuffati. E invece non si azzuffano nemmeno gli animali. Se non c’è posto per tutti intorno all’animale ucciso, hanno un ordine di precedenza nel pasto, secondo la loro scala gerarchica. Una regola che, con i cani, vige ancora oggi. Non dobbiamo guardarli mentre mangiano perché guardare il cane che mangia è dargli la patente di nostro superiore. Come se noi aspettassimo il nostro turno.

Naturalmente, più l’organizzazione umana si complica, più numerose sono le regole, fino ad arrivare alla situazione attuale. Noi sottostiamo infatti ad una miriade di norme. Da quelle penali a quelle civili, da quelle amministrative a quelle morali, da quelle della buona educazione a quelle dell’abitudine.

La prima norma che il cittadino medio sa di dover seguire è quella dell’ipocrisia, eufemisticamente chiamata cortesia. Fingere rispetto e stima delle persone che non si rispettano e non si stimano; salutare sorridendo persone che avremmo preferito non conoscere; esprimersi in termini gentili anche nel caso di critiche o proteste, e mille altri comportamenti atti a smussare gli angoli. Questa è la prima regola del vivere civile, che vale dovunque ma non fa parte delle leggi.

Il diritto – qualcosa di più serio e di più cogente – è anch’esso figlio della socialità: lo Stato può essere definito come “L’insieme piramidale dell’organizzazione pubblica” e l’ordinamento giuridico come “il braccio armato dell’organizzazione pubblica”.

Il diritto positivo può avvalersi della forza per applicare le proprie norme, ma nella sua genesi è subordinato alla morale. Al loro nascere le leggi si conformano alla morale corrente e alla lunga, quando cambiano i costumi, cambiano le norme giuridiche. Ecco perché è stato “depenalizzato” il reato di ingiuria e prima ancora è stato eliminato l’omicidio “per causa d’onore”.

Considerato sociologicamente, il diritto è la regola del pacifico vivere comune. Quanto meno riguardo alle cose importanti. Se non saluto un conoscente, costui dirà di me: “È un maleducato”, e basta. Ma se non gli pago un debito lo Stato mi forza a farlo. Il saluto non è importante, il denaro sì. Ecco perché è stato anche detto che il diritto tutela “il minimo etico”.

Ma c’è un punto che non credo sia sufficientemente sottolineato nella filosofia del diritto, ed è che esso viene correntemente fatto corrispondere alla sua patologia. Se ho un debito e lo pago – pensa la gente – giuridicamente non è successo niente. È soltanto se non lo pago, che interviene la legge. Ebbene, non è così. Il mancato pagamento è la patologia del diritto, ma esiste la fisiologia: il cittadino che paga il suo debito. Per questo secondo cittadino il diritto non esiste? Credo proprio che non sia così.

Aulo Agerio (un Tizio, secondo i giuristi romani) deve 100 a Numerio Negidio (Caio), ma Numerio gli deve 40, ed è normale che Aulo gli dia soltanto 60. Ed ora completiamo l’esempio. Aulo deve 100, ma ha speso 40 per fare un favore a Numerio. Quanto deve Aulo?

Mentre ognuno di noi, nella vita civile, risolverebbe la cosa a modo suo (magari fino ad arrivare alla lite), il diritto ha le idee chiare. Nel primo caso, si ha la compensazione (Aulo deve 60) perché i debiti sono certi, liquidi ed esigibili, nel secondo caso deve 100, perché i debiti non sono analoghi. Potrà considerare Numerio un ingrato, ma questi sono problemi umani, non giuridici.

La conoscenza del diritto rende chiaro ad ognuno in che modo la società considera le diverse fattispecie. Il buon senso non basta. Il buon senso è soggettivo e potrebbe dar luogo ad una lite, mentre il diritto è “obiettivo”. Conoscendolo e seguendolo, si evitano molti contrasti. Il diritto è una sorta di bussola del vivere sociale. È un argine all’emotività e alla soggettività. Non ci chiede di essere eroi, ci chiede di essere “decenti” e di non credere che il nostro parere corrisponda sempre alla giustizia astratta. Meglio seguire la regola accettata dalla società, chiamata diritto, nella sua fisiologia prima che nella sua patologia.

Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com

7 dicembre 2021

FILOSOFIA DEL DIRITTOultima modifica: 2021-12-08T10:23:45+01:00da gianni.pardo
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