ALESIA È IN POLONIA

Ci sono delle battaglie che segnano il destino di una guerra e della storia. Una di queste è la battaglia di Alesia (Borgogna) che pose fine alla rivolta dei Galli e consacrò il genio militare di Cesare. Le vicende dell’assedio, del soccorso portato da oltre duecentomila Galli agli assediati, e dell’esito della battaglia vinta dai romani su due fronti, sono note. Ma quel che interessa è un particolare atroce e tuttavia significativo.
Vercincetorige cercava di evitare lo scontro frontale con l’esercito romano, perché ne riconosceva la superiore organizzazione. Così una volta, trovandosi a mal partito, si rifugiò con i suoi in una cittadina facile da difendere, perché posta su una collina e, prima che i romani avessero il tempo di rendere ermetico l’assedio, mandò dei messi a chiedere aiuto. Ciò fece particolarmente perché, valutando le riserve di cibo, e considerando che già i suoi soldati soltanto erano circa ottantamila, gli era apparso chiaro che Alesia non avrebbe potuto resistere a lungo.
Aveva visto bene. Infatti, prima ancora che arrivassero i soccorsi, le riserve di granaglie cominciarono ad esaurirsi e il capo militare si rese conto che non c’era cibo per tutti. Così adottò una decisione crudele ma l’unica – a suo parere – capace di permettere la resistenza: fece espellere dalla città vecchi, donne e bambini, cioè chiunque non potesse portare armi e contribuire alla difesa, sperando che Cesare li accogliesse. Ma Cesare fu irremovibile, anche se quelli si offrivano come schiavi. I poveretti perirono di stenti.
Questo episodio è indimenticabile. Da settanta e passa anni noi viviamo in un’epoca di pace e di buonismo e il comportamento di Vercingetorige ci appare semplicemente orribile. Né molto meglio giudicheremmo Cesare. Ma considerando che cos’è la guerra, e che cos’era a quei tempi, quando era normale rendere schiavi tutti i vinti, ma anche passarli a fil di spada a migliaia (a volte inclusi anche donne e bambini) il calcolo di Vercingetorige era semplice: se avesse fatto nutrire tutti, la sconfitta era sicura per tutti e le conseguenze inimmaginabili. Comunque negative. Con quel provvedimento c’era più che il pericolo di far perire la popolazione civile ma anche la possibilità di vincere la battaglia e forse la guerra contro i romani. Meglio la seconda soluzione.
Altro episodio. Caterina Sforza era assediata a Forlì e gli assedianti avevano catturato i suoi figli, due o tre, non ricordo. Così le fecero sapere che li avrebbero uccisi se lei non si fosse arresa e la città non si fosse consegnata. Caterina, salita sugli spalti, gli gridò che potevano impiccarli lì stesso, dinanzi a lei, che lei non si sarebbe arresa. E quanto ai figli disse – sollevandosi la gonna e mostrando il suo pube – che aveva “lì” di che farne quanti ne voleva, di figli. La storia ci dice che gli assedianti non uccisero i suoi figli, ma ciò che importa è chiedersi: Caterina era una madre indegna?
Non lo era affatto: soltanto viveva in un’epoca di ferro (è il tempo in cui Machiavelli scrisse il “Principe”, per intenderci) e dunque sapeva benissimo che arrendendosi gli assedianti avrebbero potuto lo stesso ammazzare i suoi figli, ed anche lei, e chissà quanta parte della popolazione di Forlì. Dunque la spacconata di invitare gli assedianti ad impiccare i suoi figli dinanzi a lei fu, per così dire, “gratuita”. Nel senso che forse un altro comportamento sarebbe stato ugualmente tragico per lei e i suoi figli. Dunque l’orgoglio e il buon senso le consigliarono quel gesto indimenticabile. Sia detto di passaggio: Caterina era intelligente, bella, colta, coraggiosa, abile politicamente e perfino forte fisicamente. Un gigante dinanzi al quale togliersi il cappello.
Ma questo genere di considerazioni valgono solo per la guerra delle Gallie, per gli innumerevoli conflitti del Rinascimento, o per sempre? La risposta è ovvia e ne abbiamo un esempio sotto gli occhi: l’autocrate (a quanto dicono) della Bielorussia, Alessandro Lukashenko, per fini che conosco male e che comunque qui non interessano, ha incoraggiato migliaia di aspiranti emigranti ad andare in Bielorussia (in aereo, nientemeno, e questo la dice lunga sull’indigenza di costoro) per entrare poi nell’Unione Europea attraverso il confine polacco.
Improvvisamente la Polonia vede apparire al di là del confine est questa massa enorme di gente che intende entrare nel suo territorio con le buone o con le cattive. Siamo in autunno e le temperature, in quella zona, non incoraggiano certo il campeggio. Deve dunque decidere come comportarsi e pensa: “Se faccio entrare costoro, si capirà che la Polonia è la porta d’ingresso dell’Unione. Ad ammettere che facciamo entrare ventimila persone ne arriveranno poi altre ventimila e altre ventimila e altre ventimila. Non è ovvio che arriverà il momento in cui diremo basta? E se allora saremo criticati per non avere fatto entrare gli ultimi arrivati, non è meglio essere criticati non facendo entrare i primi arrivati? A costo di farli straziare dal filo spinato, di congelarli con i getti d’acqua, di ricoprirli di lividi a manganellate, schierando sulla frontiera, se necessario, l’intero esercito polacco. Meglio risolvere il problema alla radice”.
Il ragionamento è talmente invincibile che la Polonia, benché il buonismo internazionale abbia tentato di darle la colpa (insieme a Lukashenko) delle sofferenze di quella povera gente, non ha sentito ragioni. Del resto, poteva sempre ribattere: “Chi li ha invitati? Chi mai gli ha detto che si può entrare in casa d’altri se il padrone di casa non è d’accordo? Delle loro sofferenze è responsabile soltanto Lukashenko il quale su queste sofferenze ha contato per ottenere dei vantaggi politici a nostre spese. Lui li ha fatti venire, lui è il responsabile di tutto”. E mentre il mondo non sapeva se condannare la Polonia, se voltarsi dall’altra parte, se dare il torto a Putin o chissà che altro, Varsavia ha resistito fino al punto che Lukashenko ha dovuto offrire un riparo contro il freddo agli emigranti e favorire il loro rientro alla base. Ovviamente così ha perso la partita e di questa crisi già non si parla più. La Polonia ha ragionato “militarmente” ed ha vinto.
Sul fronte sud dell’Unione Europea le cose sono andate diversamente. Qui tutti hanno detto che se degli incoscienti salgono in cento su un gommone per traversare il Mediterraneo e poi rischiano (come è normale e prevedibile) di lasciarci la pelle, la colpa è di coloro che non sono andati a “salvarli” prima che annegassero. Ragionando così, non sarebbe meglio organizzare un servizio gratuito di traghetti, dichiarandosi disposti ad accogliere centinaia di milioni di africani? Bisogna essere coerenti.
Il Tevere, la Senna, il Reno sono posti dove il buon senso non prospera. Per questo pare sia emigrato sulla Vistola.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
25 novembre 2021

ALESIA È IN POLONIAultima modifica: 2021-11-27T09:18:35+01:00da gianni.pardo
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5 pensieri su “ALESIA È IN POLONIA

  1. L’unica regola è che non ci sono regole: da sud entrano tutti e tutti sono accolti, nonostante gli allarmi per il virus che, evidentemente colpisce solo i residenti. A est i migranti non autorizzati sono bloccati (che li porti il cattivissimo Lukashenko, che li lasci passare il dittatore Erdohan o che arrivino da soli, in aereo, con i bus, in bicicletta o a piedi). A nord la Francia spinge (o finge di non vedere) quelli entrati passando dall’Italia a lasciare l’EU per approdare in Britannia, sulle orme di Cesare, anche se il pericolo di morire è elevato perchè non ci sono le quinqueremi a disposizione.
    Ma la Commissione europea, quella che tutto regolamenta, che cosa vuole fare, concretamente?

  2. 1) i “fuggitivi” non devono necessariamente essere “poveri”: molti italiani riuscirono ad emigrare in America pur riuscendo a pagarsi il biglietto (“mamma mia dammi cento lire, che in America voglio andar”) e molti italiani fuggirono dall’Italia durante il fascismo non per povertà ma per “disagio etico”;
    2) la questione dei migranti in Bielorussia e il loro “uso” da parte di Lukashenko è uno dei suoi aspetti di “brutalità ideologica”; quindi “autocrate” (e prossimamente “presidente a vita con successore designato”, salvo infortuni) è quantomeno una diagnosi;
    3) il richiamo a certi fatti storici di brutalità, durezza d’animo, mancanza di pietà, uso spregiudicato della forza (a quei fatti storici aggiungerei anche il rogo di eretici e streghe, nel segno di Cristo), opportunamente sono considerati in contrasto con gli attuali principi di “civiltà”, sanciti anche da altisonanti Dichiarazioni approvate da tutti i Paesi (anche quelli poco “civili”…). Quindi, indicarli come “esempio per oggi” mi sembra inconferente. Aggiungerei anche che certe efferatezze e crudeltà sono “da ricordare” nella NOSTRA civiltà come esempio negativo, ma risultano inesistenti o del tutto eccezionali in altre civiltà; ciò influenzò perfino certi filosofi illuministi riguardo a egalité, fraternité, liberté (cfr. The dawn of everything, D. Graeber e D. Wengrow). Se vogliamo parlare “in universale”, non guardiamo solo il nostro ombelico.
    4) E la contraddizione è che, nonostante il 3) e le Dichiarazioni, le efferatezze “di guerra” e di “difesa della nazione” continuano alla grande in tutto il mondo, appena che chi le compie ne trovi una giustificazione adeguata ai suoi fini; segno che il percorso “verso la civiltà” indicato da quelle tre parole è semplicemente un gioco di società tipo Mercante in fiera;
    5) circa la “invasione di migranti”, non è che i nostri immigrati in America trovassero il tappeto rosso; tutt’altro. E non essendo neanche loro ragionieri o geometri, trovarono lavoro come braccianti, sguattere, operai infimi, muratori, scaricatori di porto, a tariffe “convenienti” (cosa che in Italia, ora suscita scandalo e denuncia penale) e con apprezzamento sociale infimo da parte dei WASP che, incontrandoli, non pensavano certo a Dante e Michelangelo (che neanche gli italiani conoscevano). Certo era un’immigrazione regolamentata e gestita anche negli sviluppi, per l’utilità degli USA e non per spirito umanitario, cosa che noi e in UE non siamo capaci di fare.
    6) sempre sul punto, mi pare che per trattare il problema l’appiccicare sull’album “Immigrazione” le figurine Panini di “immigrati tipo” non serve a definire il problema e studiare e applicare strategie. Tanto per chiarire, mi domando come i Paesi europei “mediterranei” non si siano mai posti il problema (soprattutto l’Italia, che è un “pontile” gettato verso il nordafrica, ma anche la Spagna) di creare legami stabili di “progresso” verso i Paesi di fronte; con le delocalizzazioni verso l’Asia abbiamo supportato il loro sviluppo e il loro progresso, ma anche con vantaggi per noi; certo, pagati dalla distruzione di certi settori, ma forse con una diversa strategia “mediterranea” si riusciva ad evitarlo, per le diverse “volontà di potenza” di quei Paesi. Insomma, le semplificazioni a colpi di accuse di “buonismo” contro “accoglienza incondizionata” sul ring della “difesa della Nazione” non servono a niente. Litigi tra comari; o tra bambini.

  3. C’è da ringraziare sentitamente la biologia per i limiti che impone alla durata della nostra vita. Diversamente, oggi avremmo magari il cuoco da campo di Giulio Cesare sotto processo per crimini contro l’umanità.
    Sembra una battuta, ma non lo è: in Germania è attualmente a processo una signora di 96 anni (sic!) per essere stata, quando ne aveva 18, segretaria del comandante del campo di concentramento di Stutthof. Già la cosa in sé sarebbe sufficiente oggi (non certo negli scorsi decenni, quando il perseguimento dei crimini nazisti era una cosa seria) per una condanna certa per concorso nello sterminio: in più la signora avrebbe battuto a macchina gli ordini del comandante, apriti cielo!
    La prospettiva per lei è di scontare anche la condanna in carcere, se dovesse campare a sufficienza. Inoltre, i parenti (discendenti ) delle vittime hanno chiesto i danni (chiamateli fessi).
    In Europa occidentale non si è perso solo il buon senso ed il senso della storia: si è perso il senso del ridicolo.
    A proposito, come mai con la variante africana si sospendono i voli dall”africa e si accettano gli sbarchi a Lampedusa?

  4. a Sergio Pastore :
    in genere non intrattengo corrispondenza con altri lettori [ men che meno se anonimi -i quali purtroppo sono la maggioranza- ], limitandomi a commentare l’articolo; ma lei e io mi pare ci siamo già scambiati  messaggi su un altro ottimo “blog” (e -forse, se non erro- sul mio “il Polemista Polemologo”).
    Alle pienamente condivisibili -e dotte- osservazioni di Pardo e sue, aggiungerei che l’Italia dell’attualità, la quale percorre a grandi passi la via di un degrado generale probabilmente irreversibile ( grazie alla degenerazione catto-comunista coi suoi frutti velenosi, anzi mortali ) dimostra come le “economie forti” diano spesso origine al “pensiero-debole” che è poi una delle principali cause della loro rovina. GM

  5. Semplice puro buon senso (della Polonia, di Pardo). Il diritto internazionale riconosce la sovranità e l’integrità dei – credo – 194 Stati di questo mondo. E per garantire sovranità e integrità questi stati hanno pure degli eserciti (salvo il Vaticano e Costa Rica). I soldati si esercitano a sparare e se si spara si rischia di uccidere qualcuno (i nemici, gli invasori, che di solito arrivano armati pure loro). Oggi gli invasori arrivano disarmati e bisogna accoglierli e trattarli bene (e il papa sostiene che bisogna accoglierli tutti, proprio tutti – ma in Vaticano non ne ha accolto nemmeno uno che è uno). Draghi – mica un Di Maio qualunque – ha persino detto che è nostro interesse trattare bene i nuovi – e per la maggior parte degli italiani – indesiderati arrivati se no non si integreranno e ce li inimicheremo. Purtroppo non ci sono in circolazione un Vercingetorige o un Cesare o una Caterina. Dum Romae consulitur (sui diritti sacrosanti degli invertiti sessuali) Saguntum (ovvero l’Italia) expugnatur.
    P.S. Credo che aver scritto “invertiti sessuali” sia oggi un crimine (di odio?). Ma io non vivo per fortuna nell’UE e in mandato d’arresto europeo non vale per il paese in cui abito.

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