L’ARGOMENTO DEL GIORNO

Vorrei non dire la mia sull’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, ma come si può non dire una cosa, se l’unico modo di non dirla è dire che non la si dice, con ciò stesso dicendola?
E tuttavia non bisogna avere paura di contraddirsi o di commettere un errore. La paura di non azzeccare una previsione può paralizzare ma questo atteggiamento costituisce un errore. Chi si intestardisce ad essere perfetto è come se sfidasse il prossimo e infatti da quel momento tutti staranno col fucile puntato nella speranza di prenderlo in castagna. Anche per una sciocchezza. Fra l’altro, dal momento che prima o poi sbagliamo tutti (o gli altri pensano che abbiamo sbagliato) è una battaglia persa in partenza. È più semplice riconoscere l’errore commesso, con ciò stesso rinunciando alla pretesa di infallibilità e calmando gli ipercritici .
Questo mi ricorda il mio imbarazzo dinanzi alla parola “guaina”. Se pronuncio “guàina” nessuno ci fa caso, ma mi rimorde amaramente la coscienza, perché so che la pronuncia esatta è “guaìna”. Ma se pronuncio “guaìna” costringo il prossimo (quello che pensa che la pronuncia esatta sia “guàina”) a perdonarmi, pensando: “Anche lui può sbagliare”. E se per caso fossi rimbeccato, sarei costretto io a fare il maestrino: chi mai dice “vàgina”, invece di “vagìna”? E dal momento che le due parole hanno la stessa etimologia non c’è che fare: la pronuncia esatta è ”guaìna”.
Torniamo ai nostri montoni, diceva Rabelais. Cioè al nostro argomento: l’elezione del Presidente della Repubblica. Se qualcuno ha la pazienza di leggere la miriade di articoli che pressoché quotidianamente inondano i giornali, presto saprà tutto ciò che c’è da sapere. E cioè che non c’è niente da sapere. Le variabili sono più numerose che mai, gli incerti sono ovviamente imprevedibili e le (cattive) sorprese assicurate. In queste condizioni, a che scopo grattarsi la zucca? Quando pioverà apriremo l’ombrello.
Mi sono fatto una fama (immeritata) di pessimista, ma ciò è avvenuto perché ho parlato più spesso della realtà collettiva che della mia. Personalmente sono ottimista e soltanto riguardo alla mia personale immortalità sono pessimista. Ma non si può riuscire in tutto. E proprio tenendo conto della realtà collettiva, per quello che ce ne può insegnare il passato (la chiamano storia) sappiamo che di solito gli uomini non riescono a prevedere i disastri in cui incappano. Non solo: spesso, quando riescono a prevederli, non per questo li scansano. Infine l’esito di quei guai può essere anche peggiore del previsto; o magari per niente negativo ed anzi utile. Il caso gioca con noi come il gatto col topo. Abbiamo inventato la bussola per navigare, non per vivere. E ancor meno per guidare lo Stato.
Per questo mi pare futile almanaccare pancia a terra, come tanti fanno, per astrologare sul futuro, nel caso Mattarella accettasse un secondo mandato o nel caso lo rifiutasse; nel caso sia o no sostituito da Draghi o da un altro. Un altro chi? Ah, saperlo. E giù paginate.
Capisco che gli editorialisti devono guadagnarsi il pane. E a volte quello che scrivono è perfino interessante. Ma prendiamola come un gioco, una sorta di schedina del Totocalcio, buonanina. I problemi veri del Paese sono altri. L’ecologia, direbbe qualcuno, facendomi sorridere. Il debito pubblico, dico io. La denatalità. L’immigrazione clandestina. La disoccupazione. La sorniona crisi delle istituzioni. Tutti problemi “immanenti”, quasi a riprova della costanza delle nazioni, nelle cose buone come nelle cattive. E – per quanto riguarda mettere rimedio alle cose cattive – ho ben poche speranze, se guardo al passato. Certo, potremmo avere un Presidente della Repubblica peggiore di Mattarella, anzi, è probabile. Ma siamo sopravvissuti al supertartufo Oscar Luigi Scalfaro, potremmo sopravvivere a chiunque. Magari io no, ma per età, non perché l’Italia affonderà.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
15 novembre 2021

L’ARGOMENTO DEL GIORNOultima modifica: 2021-11-15T09:17:10+01:00da gianni.pardo
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