L’ASSURDO DISPREZZO DELLA POLITICA

Al mondo ci sono dei disonesti, ma non immagino facilmente qualcuno che, in un talk show, in un comizio, o da un pulpito, si dichiari fieramente e orgogliosamente disonesto. Questo perché la disonestà è un “vizio” che nessuno reputa perdonabile (quando ce l’hanno altri), E così diviene vera la massima di La Rochefoucauld secondo cui l’ipocrisia è l’omaggio che il vizio tributa alla virtù.
Tuttavia, contrariamente alle sue intenzioni, la massima del grande “moralista” francese risulta più ottimistica del previsto. “Ipocrita” è parola che in greco significava “attore” e questa etimologia indica che, come l’attore, l’ipocrita è in malafede. Dice una cosa ma sa che la verità è un’altra. Come il vizio che tributa un omaggio alla virtù. Purtroppo nella realtà le cose stanno peggio.
L’ipocrita, essendo in malafede, paga uno scotto non indifferente: quello di sapere che sta nascondendo qualcosa di vergognoso. Moltissima gente invece non è disposta a pagare un simile prezzo e stravolge la realtà: cioè si dà ragione anche nel suo vizio, giustificandolo e volgendolo praticamente in una virtù.
Ecco un esempio. Un piccolo commerciante vende della merce a peso ed ha falsificato la bilancia in modo da rubare ai clienti cinquanta grammi ogni chilo. È chiaramente disonesto. Ma lo riconosce? Assolutamente no. A sentir lui, lo Stato lo opprime con tante imposte e tanti regolamenti che, se fosse perfettamente onesto, non guadagnerebbe abbastanza per nutrire la sua famiglia. Dunque non è “un commerciante disonesto” ma un eroico padre di famiglia che per essa “corre dei rischi”. Forse dovremmo applaudirlo.
Viceversa, ci sono dei vizi di cui nessuno – almeno, in Italia – si vergogna: per esempio quello di essere una bestia in matematica, o perfino in aritmetica. Molta gente allarga le braccia, disperata, dinanzi ad un problema da scuola elementare (per intenderci, uno di quelli che si risolvono con una banale “proporzione”) e dice sorridendo: “Non ho mai capito niente, di numeri”. Da noi, avere una grave lacuna in questo campo è quasi un vanto. Un po’ come se un poeta dicesse: “Il calcolo infinitesimale non fa per me”. Con l’unica differenza che chi dice quella frase non è un poeta, ma un professore di storia, e che non si tratta di calcolo infinitesimale, ma di addizionare due frazioni 1/4+1/2.
Sempre parlando di vantarsi di cose negative, dobbiamo mettere fra esse il disprezzo della politica. Per molti la politica è solo l’arte di riuscire a conquistare un posto importante e ben retribuito senza avere nessuna speciale qualità per meritarlo e spesso essendo anche cinici e disonesti. Ma le cose stanno diversamente. Se è vero che il politico deteriore può corrispondere al quadro appena delineato, la politica in sé merita tutto il nostro rispetto per due ragioni: in primo luogo perché ne dipende la nostra vita associata, in secondo luogo perché è una delle più alte e difficili specializzazioni professionali. Ed è questa seconda parte che va esplicitata.
Partiamo dalla definizione di tecnica. Secondo il Devoto-Oli essa è un “Complesso di norme che regolano l’esecuzione pratica e strumentale di un’arte, di una scienza”. Notiamo la parola “esecuzione”. La tecnica ci dice come costruire un ospedale ma non ci dice se dobbiamo costruirlo o no. Non è un particolare secondario. Se abbiamo deciso che lo vogliamo, la tecnica ci dirà come procurarcelo, ma non ci dice se facciamo bene a volerlo, se non faremmo bene a volere un carcere, una scuola, un aeroporto. Se costa troppo, se sia immorale e tutto il resto.
La politica, come l’economia, parte dal dogma fondamentale della limitatezza delle risorse. Una scuola è utile, ma lo è anche un carcere o un aeroporto. E la tecnica non ci aiuta a scegliere: la scelta è un atto eminentemente politico e soltanto politico. La tecnica esegue la nostra volontà, una volta raggiunta la decisione, e la politica, nel decidere, si apparenta con gli ideali sociali, con la filosofia, con la religione, con la morale corrente e persino con i pregiudizi della gente e il suo probabile prossimo voto. La politica deve chiedersi non soltanto che cosa sia meglio fare, ma anche chi sarà contento e chi sarà scontento del risultato, quali potranno essere le controindicazioni (non viene perdonato neanche l’imprevisto) e in fin dei conti quale sarà il futuro del Paese.
Possiamo dunque dire che l’uomo di Stato dovrebbe essere il professionista più colto, competente e saggio di tutti. Mentre ognuno si occupa del suo campo, o addirittura della sua tecnica, il politico è come il direttore d’orchestra che deve coordinare l’azione di molti. Anzi, è un direttore d’orchestra che dirige la musica che egli stesso ha composto, sicché alla fine andranno a lui gli applausi ma più probabilmente i fischi di tutti, senza che possa invocare alibi.
Così, non soltanto mi è sembrato uno scandalo vedere i “grillini” predicare l’incompetenza come un valore, ma mi sono chiesto se fossero sani di mente. I giornali oggi mi parlano di un tale Fedez (non so neanche come si chiami di nome) che pensa di darsi alla politica. Mi dicono che sia un giovane, che sia un cantante con milioni di “followers” (processionarie?). Ed io mi chiedo che cosa sappia il Fedez di economia, di storia, di morale, di geografia, di sociologia, di psicologia e di tutto ciò che deve sapere un politico per essere un politico, e non un peón che spinge il bottone rosso o il bottone verde secondo l’indicazione del capogruppo. Per non parlare delle qualità di carattere, tenacia, costanza, chiarezza di visione, coraggio e chissà quante altre virtù che deve avere il vero uomo di Stato. È questo genere di personaggio che, in fin dei conti, fa pensare alla gente che il politico sia soltanto il percettore di un lauto stipendio per scaldare col sedere gli scranni del Parlamento.
È lecito, addirittura doveroso disprezzare parecchi politici. Ma non è lecito disprezzare la politica. La cattiva politica può rovinare totalmente un Paese; la buona politica è la cosa migliore che possa capitargli.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
11 novembre 2021

L’ASSURDO DISPREZZO DELLA POLITICAultima modifica: 2021-11-11T10:55:08+01:00da gianni.pardo
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6 pensieri su “L’ASSURDO DISPREZZO DELLA POLITICA

  1. “Fedez pensa di darsi alla politica…”
    È un desiderio legittimo il suo, dato il significato che in Italia hanno “darsi alla politica”, “fare politica”.
    Galli della Loggia ci illumina sul significato particolare che il termine “ politica “ riveste in Italia. Nel suo “L’identità italiana” (Bologna: Il Mulino, 1998) si legge (p. 93): (…) la politica in Italia si lega sempre di più ad una dimensione di esclusivo potere, viene considerata e praticata come puro esercizio di autorità e come appropriazione-distribuzione di risorse pubbliche.” Ed ancora (p. 94): “( …) ed è questo che fa terribile difetto nell’esperienza italiana: la politica pensata ed agita come definizione (e realizzazione) dell’interesse collettivo (…)”
    A ciòio aggiungerei che gli italiani, al contrario di altri popoli pragmatic (“things-oriented”) che pongono al centro le cose e il fare, sono invece “ people-oriented “ come lessi anni fa in un una rivista americana in un pezzo consacrato al pianeta Italia. Quindi, i politici della penisola lottano non per far trionfare le loro idee ma per trionfare sui loro avversari “mandandoli a casa”.

  2. Dolente, caro Roberto, sono più “fuori del mondo reale” di quanto Lei creda.. Mai perderei il tempo di andare a leggere qualcosa che riguarda gente come quella di cui mi parla lei, e potrebbe parlarmi “linkiesta”.
    La Costituzione impone la libertà di parola ma non il dovere di lettura.
    Comunque troppa gente ignora il concetto greco di Nemesi. Chi fa il passo più lungo della gamba di solito finisce col farsi male.

  3. Sempre in tema di disprezzo delle competenze, che dire della raccolta firme per Liliana Segre Presidente della Repubblica? Liliana Segre…

  4. Caro Pardo, Fedez ha degli “ideali”, dei “sentimenti”; vaghi, ma dichiarati con fermezza. Ma su un ideale è molto chiaro e preciso: quello di gestire molto proficuamente, con la moglie Chiara Ferragni l’azienda di famiglia, che cattura l’attenzione di milioni e milioni di followers con foto di loro stessi in ogni istante della loro vita con attorno o indosso – casualmente! – “oggetti” di marca e costosi che, in quanto “vicini” a loro, diventano immediatamente desiderabili. Altro che Gesù, o Marx! E così il loro patrimonio, grazie alla “gratitudine” delle case produttrici, ammonta ora a qualche decina di milioni di euro.
    Appetto a loro, caro Pardo, che cosa pensa di valere Lei, con tutta la Sua “filosofia” e i 4 gatti che La seguono? Meno di nulla. Quante (in)”coscienze” Lei riesce a smuovere e “convogliare” verso “buone cause” e, durante il percorso, ad acquistare una borsa X, uno shampoo Y o a prenotare una cena da Z?
    Fa benissimo Fedez a piazzarsi in “politica”, e magari fra pochi anni avremo una Chiara Ferragni First Lady: che colpo!
    Saluti commiseranti.

  5. La politica all’italiana
    Il potere per il potere
    Per la maggioranza dei politici italiani il “far politica” equivale al “potere per il potere”: come conquistare e conservare il potere; attraverso chiacchiere, insinuazioni, accuse, smentite, polemiche, protagonismi, schemi tattici, intese, alleanze, creazione di nuovi partiti o di nuove correnti, invocazione di nuove leggi (si invoca ogni momento “una nuova legge” nel paese che detiene forse il record mondiale per numero di leggi), celebrazione dei grandi principi (“Occorre fare qualcosa di Sinistra!” Al che io obietto: anche Stalin, immagino, faceva cose di Sinistra…) e il drappeggio delle ideologie come lenzuola per nascondere le vergogne e la nullità. La politica è un’aria fritta. Ma un’aria fritta che arricchisce chi la pratica.
    È da anni che i politici italiani fanno politica in questo modo prima, durante, e dopo le elezioni, con una sequela di governi che si succedono l’uno all’altro come in una comica di Ridolini o di Charlot.
    La cosa mi pare talmente ovvia che non merita neppure dirlo: la politica all’italiana è una caricatura dell’operare, del fare, dell’impegnarsi, del parlare di cose e di problemi concreti.
    La visione di un film che coprisse vent’anni di politica all’italiana, con le cose dette, le accuse, le controaccuse, le strategie, i funambolismi, farebbe venir fuori questo delirio di chiacchiere, oggi di quasi impossibile comprensione perché i temi dell’ora cambiano appunto ogni ora. E ogni ora c’è una nuova polemica. Parimenti uno straniero italofono che leggesse un articolo di politica in un giornale italiano avrebbe bisogno, per capirvi qualcosa, di un corso preliminare di un paio di mesi sul mondo politico italiano.
    Il governare, per molti politici, è l’equivalente di un masturbarsi. Peccato solo che anche opinionisti, esperti, politologi, giornalisti, analisti, critici di questa stranissima maniera di far politica (che noto incidentalmente è assai simile a un calcio che si riducesse solo al “calcio parlato” e al “calcio mercato” avendo eliminato il “calcio giocato”) tengano bordone a certi grotteschi politici abili soprattutto a far chiacchiere e polemiche.

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