LA DICHIARAZIONE DI IMBECILLITA’

Facendo il solito, disperato zapping, su Rai Scuola m’è capitato di vedere l’inizio di una lezione di filosofia sui “Diritti Umani”. Ovviamente a partire dal Settecento, perché appunto si tratta di uno dei principali prodotti dell’Illuminismo. Parlava una professoressa con l’aria convinta di chi sa di che cosa parla e in particolare di cose che nessuno potrebbe mai contestare. Del resto, commentava un testo dell’Onu che si riferiva anch’esso a tali “diritti”, ovviamente con l’aureola di un’indiscutibile autorità.
A me è venuto da ridere. Diritti? Ma di che cosa stanno parlando? Da sempre applaudo la famosa “Déclaration des droits de l’homme et du citoyen” del 1789, ma devo aggiungere che il mio applauso è “letterario”. E sarebbe molto più convinto se essa si fosse chiamata “Déclaration des espoirs des hommes”. Delle speranze, non dei diritti degli uomini.
Il fatto che i rivoluzionari parlassero di diritti dell’uomo, e soltanto poi del cittadino, corrisponde a dire che l’uomo ha alcuni diritti per natura, cioè prima ancora di essere un cittadino. Cosicché, quando diviene un cittadino, lo Stato deve limitarsi a riconoscergli quei diritti, perché già li aveva. Balle. Gigantesche balle. Ed è facile dimostrarlo.
Se quei diritti il cittadino li avesse già, lo Stato non avrebbe nulla da riconoscergli; e se non li avesse prima che lo Stato glieli riconosca, significa che non sono diritti dell’uomo ma soltanto del cittadino una volta che lo Stato glieli ha riconosciuti. Se quei diritti l’uomo li avesse in quanto uomo, dovrebbe esserne in possesso sia il selvaggio dell’Amazzonia che il notaio di Parigi. Risulta a qualcuno che sia così? Un diritto è tale quando uno Stato lo dichiara e poi lo applica. Altrimenti è morale, filosofia, politica. Chiacchiericcio.
Inoltre l’ideale illuministico dei diritti dell’uomo è figlio di un’altra illusione: il “diritto naturale”. Cosa di cui si cominciò a parlare in quell’epoca e che, dai tempi di Grozio, è rimasto un sogno di molti.
Il diritto naturale ha una strana caratteristica: tutti credono di sapere che cos’è e tutti l’approvano, prima ancora di conoscerne il contenuto. Ed inoltre – ulteriore illusione – pensano che, se si adottasse, il Paese funzionerebbe benissimo. In realtà, in primo luogo gli interrogati non sanno dire che cos’è; in secondo luogo – e soprattutto – non saprebbero esporne il contenuto. Lo stesso Grozio, che del diritto naturale è stato il teorico, si è limitato a tre o quattro norme. Ciò significa che un Paese in cui le uniche leggi fossero quelle “naturali” previste da Grozio sarebbe un Paese anarchico. Non si può governare un Paese stabilendo soltanto che è meglio non uccidere il prossimo e non molestare chi possiede qualcosa.
Il diritto naturale non esiste. Esiste soltanto il diritto positivo. Ed anzi non basta che le leggi siano scritte e promulgate: il diritto esiste quando esistono anche le strutture (forza pubblica e amministrazione giudiziaria) che lo applicano. Dunque lasciamo perdere il diritto naturale e torniamo alla Déclaration e a tutte le sue parafrasi, inclusa quella del Palazzo di Vetro.
Se l’Onu avesse il potere di imporre l’applicazione della sua famosa Carta (anche alla Cina? anche alla Russia? anche allo Zimbabwe?) i suoi “Diritti” sarebbero tali. Ma poiché di fatto essa non ha nessun potere su nessuno Stato, i suoi “diritti” sono al massimo raccomandazioni morali. Il diritto è un’altra cosa.
Prendiamo un principio che moltissime persone civili dichiarerebbero volentieri “naturale” ed anzi tale da essere applicato dovunque: la parità della donna rispetto all’uomo. Nella realtà concreta sappiamo che proprio in questi giorni in Afghanistan questa parità è calpestata con tutti e due i piedi, stavo per scrivere con tutti e quattro. E che cosa può fare, l’Onu, al riguardo? Niente. Che cosa può fare l’Europa? Niente. Che cosa possiamo fare noi italiani? Niente. E allora quanto vale quel principio?
Ora ammettiamo che un’Onu armata fino ai denti e pronta ad intervenire con tutte le sue forze imponga all’Afghanistan di riconoscere quel principio, e inserirlo nelle sue leggi. E se poi i suoi magistrati, la sua polizia, insomma tutti i suoi organi statali non lo applicassero? Se i mariti continuassero a picchiare le mogli, sicuri dell’impunità? Qualcuno pensa che la civiltà possa essere imposta per legge?
Gli Stati Uniti non sono quel Paese bassamente razzista che vogliono rappresentare alcuni (inclusi degli sciocchi americani) ma una cosa è certa: benché la schiavitù, e cioè la diversità, sia stata abolita nella seconda metà dell’Ottocento, ce ne sono ancora tracce. E noi abbiamo torto, se ci crediamo migliori degli americani. Se un giorno nostra figlia, universitaria, tornasse a casa con un compagno di corso che è ormai il suo fidanzato, e noi constatassimo che è di origine senegalese, cioè nero come l’ebano, siamo sicuri che gli sorrideremmo con la stessa spontaneità che avremmo avuto per un suo collega originario di Brescia?
La Dichiarazione dei diritti dell’uomo è soltanto la dichiarazione di alcuni idealisti disinformati. Avere osato chiamare “diritti” quei principi li rende ridicoli. Come è ridicolo parlare di “diritti degli animali” e superfetatorio parlare dei diritti del bambino o del malato, quasi che avessero bisogno di una doppia razione di giure.
Quella di cui stiamo parlando è una delle tante tracce di un vizio imperdonabile dell’epoca contemporanea: quello dei sogni ad occhi aperti. Quello di immaginare che il mondo reale possa somigliare alla conclusione delle favole (“e vissero tutti felici e contenti”) e soprattutto che le parole possano creare i fatti. Uno dei tanti modi in cui la società contemporanea, oltre ad avere creato la generazione più ignorante da quando esiste la scuola gratuita ed obbligatoria, si industria di rimbecillirla. In modo da annichilire ogni spiraglio di senso critico.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
25 ottobre 2021

LA DICHIARAZIONE DI IMBECILLITA’ultima modifica: 2021-11-10T10:57:07+01:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “LA DICHIARAZIONE DI IMBECILLITA’

  1. Gli eccessi del presente pochi li vedono. Ad esempio gli eccessi della religione di diritti umani che esalta l’uguaglianza ad un punto tale che pone sullo stesso piano sia la vittima sia l’aguzzino. E aguzzini mi appaiono i propagandisti di una religione che fa della donna un animale al guinzaglio e con museruola. E sempre per il principio di tolleranza, di uguaglianza, di libertà religiosa, gli Imam – invocanti una guerra assai poco santa contro i miscredenti, ossia contro le popolazioni dei paesi da cui questi Imam sono stati accolti – sono equiparati dai nostri progressisti al curato nostrano che invita le pecorelle a porgere l’altra guancia.

  2. L’unico diritto che esiste in natura è il diritto del più forte nei confronti del più debole.
    Più che dell’Illuminismo, la professoressa avrebbe dovuto parlare di un signore austriaco coi baffetti.

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