LA TRANSIZIONE ENERGETICA

Ci sono domande che dovrebbero avere una risposta semplice, dal momento che questa risposta viene quotidianamente fornita da tutte le parti. Se si chiede che cos’è l’anima dell’uomo, la maggior parte delle persone sa (o crede di sapere) di che si tratta. E nondimeno qualche seccatore come il sottoscritto reputa che nessuno ne sa niente e parla per sentito dire.
Ancora peggio vanno le cose se si chiede: “Che cos’è lo spirito? E che prova abbiamo che esista?” Non è domanda da poco. Basti pensare che a tutta la filosofia di Hegel verrebbe a mancare il punto d’appoggio se non ci fosse questo “spirito”. Ma sfido tutti a darne una definizione e sfido tutti a dimostrare la sua esistenza, salvo che a via di parole reboanti e retorica.
Il fatto che tutti citino qualcosa e ne parlino come se sapessero che cosa dicono non prova nulla. Ed anzi il tono di ovvietà con cui si parla di certe cose spesso nasconde la più totale ignoranza al riguardo: nel senso che non si va oltre la parola. E dire che a volte esse sono furiosamente di moda, come “resilienza”. La “resilienza” viene citata col tono di sollievo di chi finalmente ha scoperto un concetto che mancava e che finalmente si deve introdurre nella realtà. Come se le parole “resistenza” e “ripresa” non fossero mai esistite, e come se quest’ultima fosse ora più possibile perché l’abbiamo battezzata diversamente.
Ma se quanto precede può riguardare la lingua, la filosofia o la religione, molto diversamente vanno le cose quando si parla di “transizione energetica”. Qui si parla di cose molto concrete, e che costano molto. L’esistenza o no dello spirito dopo tutto ci lascia indifferenti, ma che si abbia o no il riscaldamento, il prossimo inverno, e che il gas abbia moltiplicato per due o tre il suo prezzo, è più che interessante: è doloroso. Sia detto al passaggio: se la transizione energetica fosse già possibile, questo sarebbe il momento per attuarla, poiché la concorrenza dei prezzi delle energie fossili è molto minore. Ma in concreto non se ne parla neppure.
La transizione energetica consiste nel passare da un vecchio genere di fonti energetiche a un nuovo tipo di fonti. In particolare dalle non rinnovabili alle rinnovabili. Ma anche così stiamo parlando difficile. Scendiamo sul concreto: transizione energetica significa niente più petrolio, niente più gas, niente più carbone, niente più elettricità prodotta col gas, niente più elettricità prodotta col carbone, niente più elettricità prodotta col petrolio, come pure si è fatto in passato. Chiaro? Solo elettricità. E questo perché non inquina, non fa nemmeno rumore, è un’energia nobile ed è perfetta per tutti gli usi. Dal piccolo rasoio elettrico al treno. Il guaio è che bisogna produrla. Infatti producendo elettricità, in particolare bruciando carbone, si inquina eccome. Dunque il problema che non si ha in città, con l’automobile elettrica, si ha in campagna: e per il pianeta è assolutamente la stessa cosa. Forse è anche peggio, perché all’automobile di energia ne arriva meno di quanto ne ha prodotta il carbone.
Come produciamo l’energia elettrica senza aumentare il costo della bolletta nazionale e senza aumentare l’inquinamento del pianeta? La risposta universale è: con le fonti rinnovabili. E qui ancora dobbiamo avere chiaro che significa “rinnovabili”. Se si brucia del carbone, dopo quel carbone non c’è più. Non possiamo piantare carbone come si piantano le patate per ottenere più carbone di quanto ne abbiamo piantato. Di carbone ce n’è un’infinità ma non per questo è un’energia rinnovabile. Invece il vento è una fonte rinnovabile perché – se pure ad intermittenza – non smetterà mai di soffiare. E già qui vediamo un primo difetto delle fonti rinnovabili: l’intermittenza, che non sarà una parola di moda come “resilienza”, ma fa più danni. Non soltanto l’energia prodotta con le pale eoliche è più costosa di quella prodotta col carbone (soprattutto per l’installazione del mulino) ma non si può sapere né quando produrrà (cioè quando soffierà il vento) né quanta ne produrrà (cosa che dipende dalla forza del vento). Insomma se avessi un mio mulino privato sulla testa, tirando un bel vento potrei regalare energia a tutto il quartiere, e spesso dovrei buttarne via una parte, ma di notte, se non tira un alito di vento, dovrei affidarmi ad una candela.
Grazie al cielo esiste un altro tipo di fonte rinnovabile: i pannelli fotovoltaici. Questi funzionano anche in assenza di vento. Ma ovviamente non in assenza di un sole smagliante. Se il nostro amico si nasconde dietro le nuvole la produzione cala drammaticamente. E per giunta non c’è mai di notte. E come faranno gli apparecchi elettrici degli ospedali, i nostri frigoriferi, i lampioni delle strade, le mille cose essenziali alla vita, di cui abbiamo bisogno anche la notte? La candela non basta.
E c’è di più. È vero che l’elettricità prodotta dal pannello fotovoltaico mi viene quasi gratis, ma l’installazione è così costosa che lo Stato, per incentivarmi, ci mette la metà del prezzo di tasca sua (cioè dei contribuenti, inclusi quelli che non possono permetterseli). Dunque attualmente l’energia eolica e l’energia fotovoltaica sono molto più costose e molto più aleatorie dell’energia elettrica prodotta, per esempio, con una centrale nucleare. Ma la centrale nucleare è stata dichiarata nefas da Mosè e dunque è inutile parlarne.
E l’energia idroelettrica? Questa energia è benedetta ed ha tutti i pregi, tecnici, economici e via dicendo. Ha un solo difetto: siamo a fondo corsa. Stiamo già sfruttando tutta l’energia idroelettrica che può fornirci il nostro territorio e da quel lato non possiamo sperare in nulla di più.
E se ci sono tutti questi problemi come mai si parla di transizione energetica? Semplice: si fa un ragionamento sul modello “se mia nonna avesse le ruote”. Cioè: se il Paese disponesse di un numero enorme di pale eoliche, e di migliaia di chilometri quadrati di pannelli fotovoltaici, oltre che di qualche modo di accumulare l’energia per sopperire ai momenti senza vento e senza sole, l’Italia disporrebbe di tanta energia elettrica da poter dire no grazie al gas, al petrolio e al carbone. Perfettamente vero. Come è vero che, se disponessimo di tanta acqua potabile, e di adeguati acquedotti, da irrigare il Sahara, potremmo mettere a coltivazione il deserto. Chiacchiere perse.
E allora, mi chiederà qualcuno, a quando la transizione energetica? Ho la risposta pronta: a quando mia nonna avrà le ruote.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
23 ottobre 2021

LA TRANSIZIONE ENERGETICAultima modifica: 2021-10-23T12:25:03+02:00da gianni.pardo
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7 pensieri su “LA TRANSIZIONE ENERGETICA

  1. “Al di fuori di queste cose, che sono attività (ma anche l’attività è materiale) cosa c’è di immateriale? ”
    L’avviamento di un’attività commerciale ! 🙂

  2. Per curiosità, ho cercato spirito nel dizionario incorporato nel pc (wordreferene) e trovo che esso è una “Realtà immateriale configurabile come entità trascendente o come principio della vita morale, religiosa e intellettuale”. Lasciamo stare il principio. Una realtà immateriale? Mi mostrate per favore una realtà immateriale? E quando dico “immateriale” non intendo, per esempio, un movimento. Perché il movimento in sé non esiste, esiste soltanto qualcosa (di materiale) che si muove. Così come non esiste il pensiero in sé, esiste un essere umano che pensa, con un cervello materiale. Come materiale è l’elettricità. Né esiste il concetto in sé, esiste sempre e soltanto qualcuno che ha un concetto, e via di seguito. Lo stesso vale per le parole e via dicendo. Al di fuori di queste cose, che sono attività (ma anche l’attività è materiale) cosa c’è di immateriale?
    E che significa “trascendente”? Secondo lo stesso dizionario significa “Non riconducibile alle determinazioni dell’esperienza”. Cioè mi si ridice che non mi si può presentare niente che provi ciò che è trascendente. E allora perché cominciano la definizione con la parola “realtà”? Per me “reale” significa per l’appunto “riconducibile alle determinazioni dell’esperienza”.
    Forse, quando hanno spiegato queste cose, a scuola, ero assente. E dire che di solito non ho fatto nemmeno un’assenza l’anno.

  3. Sto per compiere 52 primavere. Ma ricordo perfettamente che già quando avevo 12 o 13 anni si sosteneva con insistenza che di carbone o di petrolio ce ne era disponibilità per non più di 30 anni. Mi sa che qualcosa non torna….

  4. Caro Gianni,

    Ma come fa a non sapere che cos’e’ lo spirito?
    Un mio vecchio amico, Mons. Joseph Kutny, segretario particolare del Cardinale Ottaviani, soleva dire: “Si comincia con l’amore Di vino, e si finisce con l’amore per lo Spirito”. Il quale nel suo caso, essendo cecoslovacco, significava lo Slivovitz.
    Per quanto riguarda le ruote di sua nonna, queste dovranno venir fuori tra una cinquantina d’anni.
    Attualmente le risorse rimaste dei vari produttori di energia sono:
    Petrolio: 51 anni
    Gas: 53 anni
    Carbone: 114 anni.
    (da: https://group.met.com/fyouture/when-will-fossil-fuels-run-out/68)

    Dopo di che… le déluge.

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