E DOPO L’ASTENSIONE?

Immaginate di avere un figlio drogato. Le avete provate tutte, ma ormai ne siete certi: per nessuna ragione rinuncerà a drogarsi. Pur di avere la droga, vi ha ricattati in mille modi, soprattutto minacciando il suicidio. La minaccia era a vuoto, ma il suicidio lui lo sta commettendo realmente, con la droga: è magro da far spavento e comincia ad avere ogni sorta di malanno. Da quando avete provato a negargli i soldi per drogarsi, prima si è prostituito, poi, visto che il suo aspetto era tutt’altro che allettante, si è dato alle rapine, fino ad ora per fortuna senza essere arrestato. Insomma avete davanti un quadro tragico e siete nell’impossibilità di fare qualcosa per salvare una persona che fino a qualche anno fa meritava tutto il vostro amore. Per giunta sapete benissimo che una società superficiale e crudele è pronta ad accusarvi di non averlo salvato. Anche se nessuno sa dirvi come avreste dovuto fare.
A questo punto è comprensibile che smettiate di attivarvi. Di fronte ad una situazione senza sbocco, non facendo nulla quanto meno sfuggite al rimprovero di aver fatto la cosa sbagliata. Non per tutti i problemi c’è una soluzione.
Questo parallelo si attaglia perfettamente alla situazione politica dal punto di vista del popolo. Gli italiani non sono ciechi e vedono che il Paese ha troppi sprechi, troppe magagne, troppe malattie incancrenite. Si parla tanto di riforme, e non se ne fa mai nessuna: per esempio, non si può dire che la riforma Cartabia sia una cosa seria. Ha soltanto messo una pezza a colori all’abominio dell’abolizione della prescrizione.
Qui è necessaria una parentesi: l’immobilismo italiano non dipende dal governo. È il popolo italiano che è conservatore, quando si tratta di conservare il peggio. Anche riguardo alle cose patentemente sbagliate e che esso stesso condanna. Le riforme le vorrebbe gratis, senza disturbare nessuno, senza prezzi e senza controindicazioni. Così da decenni non si cava un ragno dal buco e sul Paese aleggia la disperazione.
Purtroppo, la disperazione è cattiva consigliera. Sui giornali ogni tanto leggiamo di casi dolorosi di omicidio-suicidio: il padre anziano teme di morire lasciando il figlio gravemente malato di mente senza nessuno che lo accudisca e per questo lo uccide e si uccide, in modo da risolvere drasticamente il problema. Almeno lui personalmente morirà tranquillo. Suona tremendo ma quando la situazione è tragica si prendono in considerazione le soluzioni più drastiche.
E questo è avvenuto progressivamente in Italia. Agli inizi nessuna persona ragionevole poteva prendere sul serio il Movimento 5 Stelle, e tuttavia di elezione in elezione i suoi consensi aumentavano. Perché aumentava il numero di coloro che, pur di ottenere “un cambiamento”, avrebbero votato per chiunque fosse radicalmente nuovo e diverso. Questa marea ha trovato il suo culmine nel 2018, quando il Paese si è “suicidato” dando al Movimento oltre il 32% dei voti e facendone il partito di maggioranza relativa. Il cittadino si è detto: ”Tutti i medici, inclusi i luminari di altre città, mi hanno dato per spacciato. A questo punto, non mi rimangono che le medicine alternative, prima di andare da un guaritore o a Lourdes”.
Atteggiamento comprensibile ma sbagliato. Se non possono guarirti i migliori medici, non ce la farà certamente il guaritore. Ed è quello che è avvenuto col Movimento 5 Stelle che ha dato continue prova di incompetenza, di inefficienza, di costosa demagogia. Così è arrivato a deludere quelli stessi che l’avevano votato e a convincerli che il guaritore non la sapeva più lunga del luminare. Infatti a partire dal 2018 il Movimento ha cominciato a squagliarsi e sono curioso di vedere la percentuale che raccoglierà nel 2023.
Ma lo sgonfiarsi della “disperata speranza” costituita dal Movimento non è drammatico soltanto per quel partito. Per il popolo significa anche che veramente per questo Paese non c’è alcuna soluzione. E dunque si convince che, per chiunque voti, non cambia niente. E per logica conseguenza che non val la pena di votare per nessuno. Da questo il drammatico astensionismo che leggiamo sui giornali.
Se a Roma si è astenuto il 40% degli elettori, e Gualtieri ha ottenuto il 60% dei voti espressi, è il sindaco del 24% dei romani. Uno su quattro. È una legittimazione, questa, o piuttosto una dichiarazione di totale sfiducia nell’istituzione?
Siamo dunque di fronte ad un’autentica crisi del sistema democratico. Il popolo mostra di crederci sempre meno, anche se non è affatto in grado di proporre un’alternativa. Né sembra disposto a rinunziare ai suoi vecchi vizi. Infatti chiediamo sempre più servizi allo Stato, meravigliandoci del fatto che poi esso ci sovraccarichi di tasse e imposte. Oppure fa aumentare le dimensioni di quell’immensa bomba a orologeria che è il debito pubblico. Né il nostro livello morale migliora: ci lamentiamo della corruzione della nostra società ma tutti cercano favori e raccomandazioni. E fin troppa gente sogna di vivere a sbafo, a spese dello Stato. Il Reddito di Cittadinanza docet.
Ovviamente qualcuno dirà, per consolarsi, che quelle recenti erano soltanto elezioni amministrative. Ma se i cittadini disperano di avere un sindaco capace di far raccogliere la spazzatura, quante speranze ci sono che possano credere in qualcuno che riformi la Pubblica Amministrazione e il sistema giudiziario?
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
19 ottobre 2021

E DOPO L’ASTENSIONE?ultima modifica: 2021-10-19T12:09:31+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “E DOPO L’ASTENSIONE?

  1. Al primo turno delle amministrative avevo chiesto di aspettare i ballottaggi prima di dire che il centro destra aveva perso. Al secondo turno non è andata meglio e, anche se sono solo elezioni amministrative, il segnale che c’è qualcosa che non va nella coalizione di centro destra è partito forte e chiaro.
    Ma nel comportamento degli elettori c’è qualcosa che non capisco: prendiamo Latina che, al primo turno, aveva visto il cadidato del centro destra in vantaggio sul sindaco uscente di centro sinistra: al primo turno il candidato del CD prende 30.433 voti (va al ballottaggio con il 48,5%) al secondo turno i suoi elettori stanno a casa e prende 24.888. il candidato di sinistra al primo turno prende 22.469 ma al secondo turno vince con 30.293 (lo votano anche gli elettori di altre liste), meno di quelli del CD al primo turno. Risultato, il candidato di Centro sinistra è sindaco ma non ha la maggioranza in consiglio (i consiglieri sono eletti al primo turno). Negli USA direbbero che è un’anatra zoppa (lame-duck).
    Questo sembra un comportamento masochistico perchè governare la città diventerà difficile e chi ne soffrirà saranno i cittadini. C’è chi dice “l’elettore ha sempre ragione” ma credo che quegli elettori che non hanno votato al secondo turno per il candidato votato al primo turno, abbiano seri problemi comportamentali. (credevano di avere già vinto?)
    A Torino invece nel PD e nei Media dicono esultanti che ha vinto la sinistra ma il candidato del PD al ballottaggio ha preso gli stessi voti di Fassino nel 2016 (169.000 voti) mentre il candidato dei 5S (l’Appendino aveva preso 200.000 voti) quest’anno ha preso 29.000 voti. E pensare che l’elevato dice che sono alleati.
    Elettori: 689.684 | Votanti: 290.632 (42,14%) Schede nulle: 4.110 Schede bianche: 1.178 Schede contestate: 25. Si direbbe che non c’è stata gara: vincere come a Roma con il 24% degli aventi diritto perchè gli avversari non giocano non assomiglia a una vittoria (come dice l’ex Pot Op Cacciari) ma tant’è.
    Enrico Letta, che ha insegnato a l’École des hautes études commerciales di Parigi, userà certamente l’espressione “je m’en fous” e brinderà felice. è la democrazia, bellezza!

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