APORIA IMMOBILIARE

Non sono un competente in materia di tassazione degli immobili e non parlo affatto da esperto. Dunque chiedo in anticipo scusa per le eventuali imprecisioni e i possibili errori.
Comincerò col dire che l’ideale sarebbe non tassare gli immobili, in quanto la tassa su un immobile, costruito con denaro onestamente guadagnato (e che dunque ha pagato tutto quello che c’era da pagare, anche in campo fiscale) costituisce una patrimoniale. E le patrimoniali sono odiose. Ma dal momento che gli immobili sono tassati dappertutto, lasciamo perdere la questione della fondatezza teorica del balzello sull’immobile e diamolo per necessario. O comunque per inevitabile.
Il problema serio a questo punto diviene quello della misura della tassa (recte imposta). Fino a qualche tempo fa – se non vado errato – si contavano i vani, come se fosse la stessa cosa un salone con stucchi e lampadari di Murano o una stanzetta di tre metri per quattro. In seguito, più razionalmente, si è passati ai metri quadrati, e così credo sia ancora oggi. Ma anche così, non ci siamo. Ho per caso un eccellente esempio sottomano: mia moglie ed io abbiamo comprato due appartamenti gemelli, sullo stesso pianerottolo, in tutto e per tutto simmetrici. Lei ha ristrutturato il suo con tutti i possibili confort: dal controsoffitto ai pavimenti di lusso, dal riscaldamento all’aria condizionata, sostituendo le oneste porte che c’erano con manufatti in vetro e alluminio che sono costati un occhio della testa. Io invece ho lasciato il mio com’era, sia per non avere fastidi, sia perché mi interessava soprattutto come investimento e mia casa personale. Dal punto di vista del fisco, i due appartamenti sono identici, e forse il mio vale di più, perché esposto a sud, mentre dal punto di vista commerciale credo che se li vendessimo tutti e due, quello di mia moglie varrebbe forse il 50% o il 60% in più del mio. Dunque neanche i metri sono un buon parametro per misurare il valore di una casa.
Sogniamo allora che il governo riesca a mobilitare coorti di Cherubini e Serafini laureati in ingegneria e costoro da un giorno all’altro, visitando tutte le case d’Italia, ne stabiliscano il valore commerciale. Improvvisamente avremmo una valutazione “divinamente” oggettiva di tutte le case e potremmo tassarle razionalmente. Ma quanto durerebbe? La casa che oggi è curata e vale x, quanto varrà fra trent’anni se chi la abita non si occupa della manutenzione? E come far risultare l’incremento di valore di una casa comprata allo stato di catapecchia e trasformata, con una radicale ristrutturazione, in un gioiello fornito di tutti i lussi e di tutti i vantaggi di una casa moderna?
Probabilmente il problema non ha una soluzione ottimale. Probabilmente ci si dovrà sempre contentare di una situazione di compromesso che lascerà dei cittadini scontenti, alcuni di loro molto giustamente. Altro è essere miliardari e vivere in un castello, altro è essere nobili decaduti, possedere un castello che è stato dichiarato monumento nazionale e non poterne assicurare la manutenzione per mancanza di denaro.
Forse l’ideale sarebbe – contrariamente a quanto pensano coloro che hanno una mentalità di sinistra – alimentare l’erario più con le tasse che con le imposte. L’imposta chiede denaro senza informarsi sulla condizione economica del contribuente, mentre la tassa pesa su una spesa che il contribuente ha liberamente deciso di effettuare, come per esempio è l’Imposta sul Valore Aggiunto. E comunque anche in questo caso bisognerebbe avere la mano leggera, perché da un lato un’alta tassazione indiretta frena la circolazione del denaro e l’economia, dall’altro più è alta, più incrementa l’evasione.
La risposta ai problemi dello Stato è la sua sobrietà. Lo Stato non dovrebbe occuparsi di troppe cose e non dovrebbe chiedere troppi soldi per funzionare. Ma la gente è convinta che, quando paga lo Stato, la cosa è gratis, e contro questa perniciosa illusione non c’è rimedio che tenga. Inoltre la lotta diuturna contro la ricchezza induce persone come me a tenere un profilo basso, a non produrre quasi nulla e a vivere del favore dello Stato. Perché il nostro preferisce i parassiti ai produttori di beni e servizi.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
30 settembre 2021

APORIA IMMOBILIAREultima modifica: 2021-09-30T15:50:07+02:00da gianni.pardo
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6 pensieri su “APORIA IMMOBILIARE

  1. Qualunque modifica della tassazione degli immobili verrà approvata, equità vorrebbe che fosse introdotta dopo un congruo numero di anni a partire dal giorno della approvazione stessa.

    Mi spiego con un esempio del tutto immaginario:

    Oggi compro un appartamento per 100€, ben sapendo che la tassazione sullo stesso è di 5€/anno. Chi me lo ha venduto, o meglio il mercato, tiene ovviamente conto di questi 5€/anno, altrimenti avrebbe preteso più di 100€.

    Un mese dopo il mio bell’acquisto la tassazione cambia da 5€/anno a 10€/anno. Se lo avessi saputo, non avrei comprato l’appartamento per €100, ma per una cifra inferiore, allo stesso modo chi me lo ha venduto, o meglio il mercato, avrebbe preteso meno di 100€.

    Mi sono spiegato?

  2. En passant, il trasferimento agli enti locali della facolta’ e l’obbligo di autofinanziarsi attraverso la tassazione immobiliare (esplicita con l’Imu o mascherata con la tariffazione dei servizi comunali monopolistici e obbligatori), ha condotto alla sistematica “concessione a titolo oneroso” di porzioni di territorio allo scopo di soddisfare la insoddisfacibile fame di entrate tributarie.
    Per chi se ne ricorda, nel 1970 ci fu la riforma urbanistica per cui lo jus edificandi diventava da diritto implicito del titolo di proprieta’, a monopolio di Stato da concedere centellinato a titolo oneroso, che dette la stura al vero inizio della speculazione immobiliare e alla trasformazione dell’immobile da bene dotato di mero valore d’uso, a oggetto di accumulazione e speculazione sul suo valore finanziario (mentre, a parole e nella propaganda, si diceva e si continua a dire il contrario, con grandissima soddisfazione degli operatori e speculatori del settore che, in societa’ di interesse con gli enti pubblici, ci sguazzano).

    E’ molto interessante notare che la attuale crisi immobiliare in Cina e’ maturata nello stesso contesto: gli enti locali ricavano una considerevolissima frazione delle loro entrate dalla cessione dei terreni pubblici agli immobiliaristi (in cina la terra, dai tempi di Mao, e’ tutta di proprieta dello Stato, che adesso si sta finanziando vendendola ai privati, finche’ dura – c’e’ un’interessante disamina qui di scacciavillani e forchielli, peccato che siano abbastanza ignoranti, o omertosi, da non fare il parallelo con la situazione storica italiana: https://youtu.be/BEM-Nck5eGM ).

  3. Prima della riforma Amato-Ciampi del 1992 che introdusse l’ISI (imposta STRAORDINARIA sugli immobili subito trasformata in ICI, dove la C sta per comunale, e poi in Imu, imposta municipale UNICA, notate l’ironia), se non mi sbaglio l’unica imposta sugli immobili era l’Invim, una specie di Iva che si pagava solo al momento della vendita, quindi quando si incassavano effettivamente dei soldi per pagarla, ed era limitata ad una percentuale sull’incremento del valore immobiliare. Proprio come l’Iva. Bei tempi.

    Qui che ci si interessa di politica e si e’ elettori, ci si dovrebbe ricordare che in quel decennio, gli anni ’90, lo stato centrale come al solito in crisi finanziaria dette licenza ai comuni di tassare gli immobili perche’ taglio’ loro i fondi in modo da tenere tutto il provento della tassazione centrale per le proprie clientele (qualsiasi stato centrale per stare in piedi deve prima di tutto assicurarsi la collaborazione, attraverso l’elargizione di privilegi, di tutti i suoi dipendenti e pensionati, che piu’ sono piu’ aiutano a vincere le elezioni, in un loop di autorinforzo).

    Ci si dovrebbe ricordare anche che la giustificazione per questo procedere fu almeno a parole liberista e federale (in modo da neutralizzare i movimenti secessionisti), sull’idea che il decentramento della tassazione avrebbe prodotto responsabilizzazione della spesa e maggiore controllo del cittadino su di essa… (bum!)

    Lo stesso si fece con la cosiddetta privatizzazione delle aziende municipalizzate, che mutarono da aziende fornitrici di servizi di base indispensabili a prezzo calmierato, in ditte di proprieta’ pubblica a scopo di lucro in regime di monopolio assoluto e tariffazione decisa per legge in modo da coprire sempre i costi comunque essi lievitassero, un comodo e bel modo di assicurarsi il “pareggio di bilancio” (con conseguente liberta’ zero da parte dell’utente di rivolgersi a qualsiasi concorrenza o arrangiarsi in proprio).

    Praticamente si tratto’ di un disastro premeditato, legiferato guarda un po’ sotto clima emergenziale e il solito debito ricattatorio, che porto’ ad un enorme incremento della tassazione effettiva senza che essa nemmeno risultasse come tale (ufficialmente si parla di “tariffe in cambio di servizi”, una presa per il culo colossale su cui tutta la politica, che quelle aziende controlla e nelle quali piazza i suoi favoriti e i suoi numerosissimi “clienti” e “fornitori”, omertosamente tace).

    Non si dovrebbe perdere la memoria cosi’ in fretta.

  4. Pare che tutto dipenda dal tasso eccessivo di prime e seconde case in mano a privati.
    Avevo inviato una serie di link a pagine che trattavano il livello di tassazione immobiliare in Italia rispetto ad altri Paesi ma il messaggio “non è passato”.
    Avrò violato chissà quale “policy”.

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