POPOLO E COMPETENZA

Immaginiamo di vedere un film western pieno di azione e di dialoghi, purtroppo in ungherese. Il film potrebbe anche essere bello, ma siamo sicuri che comprenderemmo bene chi ha ragione e chi ha torto, il perché di certe azioni, insomma il senso profondo della vicenda? Per farlo ci mancherebbero i dati.
Purtroppo qualcosa di analogo avviene nella storia. La sua complessità è tale che anche il lettore di una certa cultura alla fine è disorientato. Troppi errori, troppe variabili, troppe cose che sarebbero potute andare in un modo e sono andate in un altro. Per giunta, quando ci sono i grandi protagonisti, come i dittatori, ci si può almeno chiedere perché un uomo – un singolo uomo – ha pensato una certa cosa ed ha deciso una certa cosa. Ma quando si tratta di democrazia, quando cioè l’individuazione del soggetto attivo e delle sue motivazioni diviene ardua, come orientarsi?
È proprio per questa complessità che la storia della Grecia Classica – quella di cui parla Tucidide, per intenderci – è la migliore palestra per studiare il fenomeno. La Grecia era caratterizzata dalle polis, cioè da una moltitudine di città e piccoli territori che costituivano Stati indipendenti, con il loro esercito, la loro politica estera, le loro istituzioni. Dalla caotica democrazia ateniese a quell’unicum storico che fu Sparta. Dunque il loro numero e la complessità delle loro interazioni è come un esperimento in laboratorio di ciò che potrebbe accadere nel grande mondo. E una delle cose più interessanti che si scoprono è il fatto che i difetti dell’autocrazia e della democrazia furono perfettamente evidenti già allora.
I difetti dell’autocrazia sono così evidenti che non val la pena di parlarne. Basti dire che non soltanto il dittatore può commettere gravissimi errori che nessuno riesce a frenare (e poi pagano tutti) ma quell’uomo – come tutti gli uomini – vuol sempre lasciare in eredità al figlio quello che lui si è conquistato. Così abbiamo anche le dinastie dei dittatori, come in Corea del Nord. E chi è il figlio, se non un uomo qualunque che ha avuto la ventura di essere figlio di un uomo eccezionale? Ed è giusto concedere il massimo potere al primo che passa? Ma dire male della dittatura è fin troppo facile.
Parliamo dunque della democrazia la quale, notoriamente, è un pessimo regime che ha il solo vantaggio di essere migliore degli altri. In particolare ha il vantaggio della possibilità di cambiare governo e della coincidenza fra chi prende le decisioni e chi ne subisce le conseguenze. Se il popolo si lascia trascinare da un demagogo e poi paga lo scotto dell’errore almeno non ha subito le conseguenze delle decisioni di qualcun altro.
Comunque val la pena di sottolineare un difetto insormontabile e, per qualche verso, drammatico della democrazia. Ovviamente guidare un Paese è compito così difficile che si richiederebbe la massima competenza. E chi comanda in democrazia? Proprio chi è afflitto dalla massima incompetenza: il popolo. Non è una facile battuta contro la plebe: è semplicemente un dato di fatto. La maggior parte delle persone non è colta, e fra coloro che hanno un’accettabile formazione scolastica la stragrande maggioranza non ha una cultura politica od economica. L’ingegnere, che pure fa parte degli intellettuali, che cosa capisce, di politica, più del suo commercialista? e questi che cosa capisce più del suo farmacista? Gli stessi competenti di politica o di economia appartengono fatalmente alle loro “chiese” di riferimento (destra, sinistra, collettivismo, liberalismo, ecc.) e non sono più sereni di quanto siano cattolici e greco-ortodossi nelle loro dispute religiose. Insomma il popolo va avanti – e decide – a naso.
Nella democrazia è impossibile conciliare la competenza con la volontà popolare. E c’è un’aggravante. È vero, il popolo minuto distingue un’epoca di prosperità da un’epoca di crisi, tasse normali da tasse opprimenti, ma non ha il tempo – stante la brevità della vita umana – di accumulare esperienze sufficienti per distinzioni più sottili. Lo storico, per esempio, è una persona che, per via di cultura, è come se avesse qualche migliaio di anni. Se sente parlare di blocco dei mestieri (nel senso che il figlio deve fare obbligatoriamente il mestiere del padre) non dice: “Ma che strana idea!”, o persino: “Ma che bella idea!”. Dice: l’ha già fatto Diocleziano e non è andata bene. Se gli si parla di un tribunale del popolo composto da cinquecento persone, in base al ragionamento che difficilmente cinquecento persone sbaglieranno tutte in una direzione, risponderà: “Ma è stato proprio un tribunale così composto che ha condannato Socrate a morte”. Ma lo storico è uno, e coloro che hanno rubato una laurea sono centinaia di migliaia.
Naturalmente avviene anche che, a via di selezione naturale, chi arriva al vertice non sia uno sprovveduto. Ma spesso, pur vedendo qual è la cosa giusta, neanche lui può farla. Un esempio: che bisognasse chiudere l’Alitalia, o riformarla brutalmente fino a passare da circa dodicimila dipendenti ad un massimo di tremila, qualunque governante l’avrà capito. Eppure nessuno di loro, da decenni a questa parte, è riuscito a fare il necessario. In democrazia il governo ha meno potere di quanto si potrebbe pensare.
Il popolo ha una gran quantità di convinzioni infondate. Per esempio è convinto che quando paga lo Stato non paga lui. Come spiegargli che si sbaglia? Il popolo è convinto che se spende a debito non paga lui, come spiegargli che pagheranno i suoi figli? Come spiegargli che non esistono pasti gratis? Il massimo errore di Mussolini è stato far entrare l’Italia in un conflitto per il quale non era preparata, ma non sbagliò soltanto lui. In questo fece la volontà del popolo che si chiedeva: “Ma che aspetta?”
La democrazia troppo spesso avanza con un ubriaco bendato e chi è sobrio è addolorato dallo spettacolo. E nondimeno non deve dimenticare che tutti gli altri che ha lasciato nella bettola erano peggiori di lui. Dunque inutile stupirsi dei difetti e degli errori della democrazia. La democrazia è il male, il resto è il peggio.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
26 settembre 2021

POPOLO E COMPETENZAultima modifica: 2021-09-26T07:44:39+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “POPOLO E COMPETENZA

  1. Il problema è che ormai la democrazia dilaga oltre quelli che dovrebbero essere i suoi limiti: oggi si pretende che persino la scienza sia democratica, con le conseguenze che ben conosciamo. Oltre al fastidio di vedere qualsiasi imbecille che si sente in dovere di esprimere il proprio giudizio su qualsuasi argomento di cui non sa nulla e che pretende di dare lezione ai luminari.
    Internet ha fatto danni enormi. E se si continua cosi, non è detto che la democrazia debba continuare ad essere il meno peggio.

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