IL PRESENTE SOPRAVVALUTATO

Sul lungomare di Acitrezza un uomo di trentotto anni, respinto da una ragazza di ventisei, l’ha affrontata per la strada, l’ha inseguita, l’ha crivellata di colpi ed è scappato. Nel pomeriggio, mentre i carabinieri lo cercavano, il giovane si è impiccato in un casolare di Trecastagni, un comune a circa cinquecento metri sul livello del mare. Ed io, improvvisamente, sono stato assalito da quella grandiosa pietà che è spesso provocata dalla lettura delle tragedie greche.
Forse sono stati lo scenario classico, il mare di Ulisse e di Polifemo; forse il vecchio binomio di amore e morte; forse infine la conoscenza di quel “dérèglement”, quell’uragano mentale che si chiama innamoramento, che mi hanno indotto ad una sorta di rispetto per questi personaggi. La giovane, incolpevole vittima, stroncata come un fiore il cui gambo è stato reciso con un colpo di bastone; l’uomo annebbiato e disperato che, mentre distrugge la donna che non può avere, le offre il sacrificio della propria vita. A dimostrazione che la sua vita senza di lei non ha senso. E da boia incaricato da un tragico destino, punisce sé stesso con una simbolica esecuzione capitale.
Poi però mi sono chiesto se non mi fossi lasciato trascinare da un’emozione culturale. È vero, questa vicenda somiglia ad una tragedia greca, ma qual è il senso dell’accostamento? In quale direzione potrei aver sbagliato? Ho attribuito una dignità che non ha ad un crimine di periferia, o piuttosto ho dimenticato che le tragedie greche, svestite dell’arte di Sofocle o di Eschilo, sono anch’esse soltanto il frutto della follia umana?
Nel teatro greco il collegamento follia-tragedia è tutt’altro che infrequente. Anche se per “follia” (salvo che nel caso di Ercole) non bisogna intendere un dato psichiatrico, quanto la constatazione della frequente irragionevolezza degli uomini. Della loro incapacità di dominarsi e della loro tendenza ad esagerare le reazioni. Ché anzi, secondo la mentalità del tempo, gli dei puniscono soprattutto quest’ultima: l’esagerazione, la hybris.
Il protagonista ha qualche parte di ragione, per quello che fa; ma l’assassinio a tradimento di Agamennone, commesso da Clitennestra ed Egisto, rimane imperdonabile. Ed anche Oreste, che li ha uccisi, pur avendo le sue ragioni, non per questo è assolto: infatti è costantemente perseguitato dalle Erinni, le quali in fondo sono l’ipostasi della giustizia divina e del suo rimorso. Né si può reputare ragionevole e moderato il comportamento di Edipo che, per avere ucciso suo padre – senza sapere che era suo padre – e per aver “dormito” con la madre – senza sapere che era sua madre – addirittura si acceca e va in eterno esilio.
Forse la vera tragedia dell’uomo – che a volte si incarna nell’omicidio e nella strage – consiste nella cecità rispetto alla vita nel suo complesso. Per quanto innamorato, per quanto disperato, l’assassino di Acitrezza non ha pensato che dieci anni dopo, quando avrebbe avuto quarantotto anni, avrebbe inevitabilmente pensato alla giovane che l’ha respinto come ad un episodio triste della sua vita, nulla di più? Un episodio da cui tuttavia era uscito più forte e più capace di amare sua moglie e i suoi figli?
Uccidendo la donna che l’ha respinto l’ha dichiarata colpevole di un crimine così grave che nulla di meno che la morte poteva punire. E questo è un assurdo. Poi, uccidendo sé stesso, cioè decretando che la sua vita non aveva un futuro, negava che a trentotto anni un futuro lo si ha eccome. Ed anche questo è assurdo. Nelle persone sane di mente, il tempo guarisce qualunque ferita. E comunque uccidere non è affatto una soluzione. Come mettere in conto molti anni di libertà perduta e di sofferenze, per giunta meritate, vissute col marchio dell’assassino? Come si può avere una bilancia mentale tanto guasta, se non perché si è folli, nel senso tragico dei greci?
Nella tragedia greca c’è una grandiosità dei gesti che, mirabile nell’arte, se considerata realisticamente diviene patologia. Il presente è sopravvalutato. Ero giovane quando lessi questa considerazione: “Se oggi siete molto preoccupati, magari per motivi plausibili, chiedetevi che cosa vi preoccupasse, esattamente un anno fa. E se non ve lo ricordate, pensate che forse, fra un anno, non vi ricorderete della preoccupazione di oggi”.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
29 agosto 2021

IL PRESENTE SOPRAVVALUTATOultima modifica: 2021-09-06T08:50:34+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “IL PRESENTE SOPRAVVALUTATO

  1. “Se oggi siete molto preoccupati, magari per motivi plausibili, chiedetevi che cosa vi preoccupasse, esattamente un anno fa. E se non ve lo ricordate, pensate che forse, fra un anno, non vi ricorderete della preoccupazione di oggi”.

    Verissimo, anzi molto spesso questo discorso vale non soltanto per un anno fa, ma anche per un giorno fa.
    L’atteggiamento giusto sarebbe di dirsi che, se in questo momento sono tranquillo ed in pace, non una delle cose che in tutta la mia vita mi hanno dato rabbia o preoccupazione ne valeva (veramente) la pena.

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