DISCORDIAE ET RIXAE

Le ostilità più serie, in campo internazionale, non nascono da antipatie, ripicche e altre miserie, ma da dati obiettivi. È su questo che si basa la geopolitica.

Esistono casi in cui, in linea di principio, le guerre sono impossibili. Se due Paesi sono lontani nello spazio e non hanno interessi in contrasto, è altamente improbabile che tra loro scoppi una guerra. Un buon esempio in questo campo sono due Paesi addirittura confinanti, ma separati da una catena di montagne, aspra e alta, i Pirenei, che li rende lontani ed estranei come se fra loro ci fosse un oceano: ovviamente parlo di Francia e Spagna. E infatti, da tempo immemorabile, anche se hanno due regioni etnicamente di identica origine, i Paesi Baschi, nessuno si è mai sognato di annettersi una parte del territorio dell’altro.

Un caso contrario, quello di una conflittualità permanente e inevitabile, è quello della Russia. Il Paese è tanto sconfinato quanto spaventato: infatti la mancanza di frontiere naturali fa vivere Mosca nell’ansia dell’invasione. E proprio per esorcizzare questa ansia ha tendenza a spingere quanto è possibile lontano le sue frontiere, in modo da mettere il massimo di spazio tra sé e il nemico. Col risultato che a volte il nemico “lo ingloba”, e ce l’ha in casa. Un’occupazione durata mezzo secolo non ha cambiato i Paesi Baltici, che non si sono mai sentiti sovietici e che i russi li amano più o meno come le gazzelle amano i leoni.

Né possiamo irridere i russi, per i loro timori: a parte le invasioni precedenti, nessuno dimentica le malaugurate avventure di Napoleone e di Hitler. Purtroppo la Russia, essendo sempre preoccupata, e nel contempo sentendosi forte, ha spesso esagerato, soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando il cinismo e l’avidità di Stalin l’hanno dilatata fino all’inverosimile. Il risultato è che i russi si sono fatti profondamente odiare dalla Polonia, dagli Stati Baltici, dall’Ucraìna, e in generale da tutti i vicini che, giustamente, hanno interpretato la sua paura come aggressività. E come volontà di oppressione. Non so se mai Mosca riuscirà ad avere rapporti decenti con i vicini. Ne dubito.

Il bello è che queste considerazioni di politica internazionale si applicano in tutti i campi, anche minimi, in cui opera la contiguità. Fino a dare ragione al brocardo latino per cui: “Vicinitas mater discordiarum”, oppure “rixarum”, cioè la vicinanza è la madre delle discordie e delle risse. E quale maggior vicinanza di quelle di un condominio? Ecco perché le liti fra vicini di casa sono magna pars della materia di cui si occupa la giustizia civile.

Nei condomini si ha il massimo di occasioni di conflitto. In primo luogo, per partecipare ad un’assemblea di condominio, ed avere in essa diritto di parola e di voto, non si richiede nessuna speciale qualità: basta essere proprietario di una parte dell’edificio comune. Ciò fa sì che non soltanto abbiano uguali diritti di intervento chi possiede duecentodieci millesimi dell’edificio (più di un quinto) e chi possiede soltanto un garage (per esempio 15 millesimi, un quattordicesimo di ciò che possiede l’altro) ma il proprietario del garage, di mestiere elettricista, si sente in diritto di intervenire in materia giuridica quanto l’altro condomino, quello che dopo anni di carriera di avvocato, oggi è giudice di pace. Fra l’altro, la cosa è comprensibile. Quando tiene udienza, il giudice di pace è terzo rispetto ai litiganti; quando invece è nel condominio, è lui stesso parte. E l’elettricista, giustamente, non si fida. Comunque il risultato è che troppo spesso si assiste ad esplosioni di ignoranza arrogante.

Le interferenze poi (quelle che il diritto chiama “immissioni”) sono in numero infinito. Se la signora del piano di sopra si alza presto e usa scarpe coi tacchi, la mattina, all’ora che decide lei, sveglia tutti coloro che dormono al piano di sotto. Anche se è vero che questi, che certo non la infastidiscono coi loro tacchi, hanno un cane che per motivi misteriosi a volte si mette ad abbaiare anche alle tre o quattro del mattino. Sveglia per tutti.

Quella dei cani è una guerra infinita, anche perché i magistrati si dividono in amatori ed odiatori dei cani. Dunque il giudizio dipende molto dal giudice dinanzi al quale si va. Io ricordo un giudice che, dovendo decidere se fosse tollerabile un cane che abbaiava a tutto spiano, affermò che l’abbaiare di un cane “è un normale rumore della vita associata, in città”. Tanto normale quanto tirare una schioppettata alla bestiaccia insopportabile. Ma il giudice chissà quanto doveva amare il suo cane.

Poi c’è la puzza di frittura che sale e la polvere che scende, perché l’incauta domestica spazza giù dal balcone. Una volta una signora, mentre entravo nel mio garage, lasciò cadere una secchiata d’acqua che mi mancò di poco. Le feci le mie rimostranze e poi venne a trovarmi suo marito, chiedendomi ragione delle mie proteste e giustificando la moglie con l’argomento che, nella casa in cui vivevano prima, non abitava nessuno, sotto, e lei era abituata così. Come dire: “Dal momento che prima abitavo in campagna, e non avevo problemi, ora, in città, mi sento in diritto di pisciare sui muri del cortile condominiale”.

L’accensione delle luci per alcuni è sbagliata perché la notte c’è troppo buio e per altri è sbagliata perché la si tiene così a lungo accesa che le bollette sono iperboliche. Infine qualcuno dice: “Il giardino è una bella cosa, ma il giardiniere costa troppo, e così pure la bolletta dell’acqua. Non è meglio che ne facciamo un parcheggio, visto che litighiamo per i parcheggi?” Tutti d’accordo, salvo il proprietario del garage, quello con 15 millesimi, che per giunta l’ha vinta, perché per una simile modifica si richiede l’unanimità.

Questo fa sì che le riunioni di condominio siano una delle migliori possibili occasioni per vedere esplodere gli egoismi, l’arroganza degli ignoranti, i rancori dei condomini che si rinfacciano i rispettivi torti, l’emotività scatenata di chi non sente ragioni, la stupidità pura e semplice che prende la parola. Tanto che, se c’è un atteggiamento comprensibile, è quello di chi dice: “Le riunioni di condominio? Io non ci vado più. Che decidano quello che vogliono”. E invece questa è una soluzione stupida. Perché, essendo presenti, ci si può almeno difendere e, al limite, prendere nota di ciò per cui bisognerà portare il condominio dinanzi al giudice. Mentre essendo assenti, e non leggendo accuratamente il verbale, scadono i termini e ci si trova ad avere avallato impensabili follie.

Non bisogna lamentarsi troppo del proprio condominio. È ovvio che esso è un male necessario ed inevitabile. In secondo luogo, la regola non è il condominio colto ed equilibrato ma quello rissoso e ignorante. Quello in cui tutti danno il peggio di sé.

È come per le famiglie, anch’esse un caso di vicinitas: la retorica ne parla intingendo la lingua nel miele, e il risultato è che ciascuno pensa. “Ma quanto sono sfortunato. Tutti parlano delle loro famiglie come del nido degli affetti ed io mi trovo a vivere in una famiglia insopportabile”. Non sa che vive in una famiglia perfettamente normale, in un condominio perfettamente normale, il tutto con la voglia di ritirarsi in una grotta in montagna.

Purtroppo, anche la solitudine ha i suoi svantaggi e i suoi pericoli. Bisogna rassegnarsi, considerando una assemblea di condominio come uno spettacolo del Colosseo al quale partecipiamo stando però allo stesso livello delle bestie e dei gladiatori.

Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com

1° settembre 2021

DISCORDIAE ET RIXAEultima modifica: 2021-09-04T09:38:59+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “DISCORDIAE ET RIXAE

  1. Ovvio. Ma non fu una guerra di frontiera, fu una guerra “imperialistica” francese. Ed anche un errode di Napoleone che, con quella conquista, si procurò molti più guai che vantaggi. Insomma fu la prova generale di come procurarsi una catastrofe attaccando la Russia.

  2. Francia e Spagna: ci fu un breve periodo (1808-1814) in epoca napoleonica in cui si sviluppò una guerra di indipendenza spagnola, vinta dagli spagnoli con l’aiuto del futuro duca di Wellington

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