IL CINEMA, MAESTRO DI DISORIENTAMENTO

La realtà è troppo spesso sgradevole. Quando va bene, è ancora prosaica, priva di bellezza, priva di poesia. Per non parlare del fatto che, a volte, è addirittura difficile da sopportare.
Come reagire? La razionalità ci insegna a combattere i mali che possiamo combattere e sopportare quelli che non possiamo evitare. Ma questo atteggiamento è troppo difficile, troppo da adulto coraggioso, per essere adottato da tutti. E infatti un bambino che ha molta paura ha tendenza a chiudere gli occhi. Il significato di questa reazione – che non è solo infantile – è una difesa magica: ciò che non vedo non esiste.
In generale il rapporto con la realtà rimane irrisolto perché essa non è sufficientemente gradevole perché la si accetti nella sua integralità. Sappiamo benissimo che dobbiamo morire ma la cosa ci piace talmente poco che abbiamo inventato l’immortalità, cosa di cui nulla, nella realtà, ci dà conferma. E questo genere di soluzione immaginaria non si limita alla morte: si estende praticamente a tutti i campi.
Una volta, a scuola, avevo una classe interamente composta di fanciulle un tempo già in età da marito e naturalmente interessatissime al loro futuro sentimentale. Così feci loro una serie di domande, invitandole tutte a dare la risposta a sé stesse, mentalmente. Cominciai col chiedere se sognassero l’amore, e vidi molti sorrisi come se avessi fatto una domanda stupida. Continuai, chiedendo se desiderassero sposarsi, un giorno. E vidi ancora molti sorrisi. Infine chiesi se desiderassero un matrimonio come quello dei loro genitori, e i sorrisi si tramutarono in smorfie di disprezzo. Infine la stoccata crudele: “Che cosa vi fa pensare che il vostro matrimonio sarà differente e migliore? Statisticamente dovrebbe essere come quello dei vostri genitori”. Ma non fui preso sul serio.
Nessuno, dovendo immaginare la propria definitiva unione sentimentale, prende ad esempio quelle che ha sott’occhio. Ché anzi, se la proposta fosse: “un’unione come quella dei tuoi genitori o nessuna unione”, la folla dei giovani direbbe: “Nessuna unione”. E poiché invece tutti i giovani cercano l’amore e concludono col matrimonio, è segno che non seguono l’insegnamento della realtà ma quello del sogno.
Gli uomini inseguono per tutta la vita ciò che gli prospetta la fantasia. In questo, il più grande nemico è l’arte. Essa ci presenta la realtà non com’è ma come vorremmo che fosse. In questo campo il supremo inganno si ha con ciò che è astratto e senza punti di contatto con la realtà: la grande musica. Se la pittura può rappresentare esseri umani, edifici, strade, cose che esistono, che cosa rappresentano i concerti per violino di J.S.Bach? Eppure, per chi li capisce, ascoltarli è come un tornare a casa, essendo immersi in ciò che si è sempre desiderato, forse in paradiso.
La letteratura e il cinema sono scuole di disorientamento perché, nella maggior parte dei casi, la fine delle vicende è positiva. Perché le difficoltà sono superate, il merito trionfa, e spesso è coronato, oltre che dal successo, dall’amore. E dire che quanto questo schema sia fallace, ce lo dicono proprio due capolavori della letteratura.
Don Chisciotte è un demente, ma non è un demente qualunque. È uno che ha talmente sposato il mondo cavalleresco delle sue letture da preferirlo alla realtà, anzi, da vedere la realtà come la pagina di un libro di avventure cavalleresche. L’hidalgo segue questo schema con tale onestà intellettuale da rischiare anche la vita, pur di essere all’altezza di chi crede di essere. Ma Cervantes ci ha forse guariti dal desiderio di vedere mille film d’avventura e di azione, dove il singolo vince sui molti, il debole vince sui forti, l’onesto sui cattivi, in un tripudio di inverosimiglianze? Nient’affatto. E non poteva. Troppo grande è il desiderio di sentirci raccontare ancora una volta la favola di Ulisse che uccide i Proci, di tutti gli Ercole della narrativa, di Robin Hood e di James Bond.
Più sottile è la lezione di Flaubert. Qual è la colpa di Emma Bovary? Semplicemente quella di credere che le vicende romantiche delle sue lettura da ragazza abbiano prefigurato il suo destino d’amore. Lei quel destino lo vede talmente vicino, talmente inevitabile, da crederlo arrivato appena un bellimbusto le sorride. E per vivere il suo sogno si mette in tali guai, da pensare di poterne uscire soltanto col suicidio.
Flaubert metteva in guardia contro il basso romanticismo e contro le favole, ma che cos’altro fa, il cinema, se non promettere a mille Cenerentole di essere l’oggetto d’amore di un principe bello e buono? Quale film mai insegna che l’amore è anche generosità, disciplina, dialogo, cultura, empatia? Quale film insegna che l’incantevole spontaneità di una fanciulla è un pessimo viatico per una vita che richiede dominio di sé, buon senso, solide qualità e oculatezza nella scelta del compagno? Se si chiede ad una ragazza come dovrebbe essere l’uomo dei suoi sogni, comincia col darne una descrizione fisica. E allora è insalvabile. Se continua a rappresentare sé stessa e il suo compagno come gli eroi dello schermo, è del tutto impreparata all’amore. È anche impreparata a guardarsi da uomini il cui primo interesse è sessuale e comunque, anche in campo puramente sentimentale, sono disorientati quanto loro.
Almeno per due volte, con Cervantes e Flaubert, l’arte ha tentato di avvertirci, ma il mondo è incapace di ascoltare il messaggio. Né si può accusare la fiction di ingannarci. Diversamente commetteremmo l’errore che ha commesso Rousseau quando ha creduto l’individuo buono e la società cattiva, dimenticando che la società è composta da uomini. Se la fiction ci inganna, è perché tutti vogliamo essere ingannati. E quand’anche un filosofo capace di farsi ascoltare da tutti riuscisse a dimostrare all’umanità che sogna troppo, non per questo la gente non sarebbe incantata da un film stupido come “Pretty Woman”. Non ho niente contro le prostitute, ma sono in generale troppo ignoranti per avere un serio fascino su un uomo normale. E la televisione è anche peggio del cinema.
L’amore esiste. Alcuni fortunati l’hanno avuto, nella vita. Magari per molti decenni, come Filemone e Bauci. E forse ad una coppia non bisognerebbe chiedere: “Quanto vi amate?” ma: “Da quanto tempo vi amate?”
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
13 luglio 2021

IL CINEMA, MAESTRO DI DISORIENTAMENTOultima modifica: 2021-07-15T07:57:21+02:00da gianni.pardo
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