IL MALE OSCURO DEI CINQUE STELLE

I giornali sono giustamente pieni delle vicende del M5S non perché questo partito sia importante per il suo programma o per la sua inesistente ideologia – o per la particolare statura dei suoi leader, come avveniva col Partito Repubblicano di Ugo La Malfa – ma semplicemente perché è in stato di deliquescenza. E nondimeno rimane ancora – sulla base delle elezioni del 2018 – il partito di maggioranza relativa in Parlamento. Dunque ci si occupa appassionatamente di esso non perché lo si ami o lo si stimi ma perché, come nel caso di una grave malattia, ne va della nostra salute e del nostro benessere.
E piovono dubbi. Scissione, non scissione? Sostegno incondizionato al governo o passaggio all’opposizione? E non faccio l’ipotesi di nuove elezioni appena possibile perché, sull’orrore riguardo a questa ipotesi, i “grillini” sono unanimi. Primum vivere, deinde philosophari, in questo caso prima la paga da parlamentari e poi tutto il resto.
Su questi argomenti si esercitano le migliori penne dell’Italia riflessiva. Tuttavia, mentre esaminano così accuratamente gli alberi, forse gli editorialisti non si chiedono il perché del bosco. Non è che una soluzione per i “Cinque Stelle” ci sarebbe e loro non la vedono, è più semplicemente che non c’è.
L’ipotesi che tutti indistintamente i “grillini” siano degli incolti e degli imbecilli è seducente, considerata l’infinita quantità delle affermazioni avventate, delle dimostrazioni di incompetenza, delle innumerevoli cattive figure messe insieme da questa grande armata raccogliticcia. Ma non credo sia la giusta.
Innanzi tutto, come è estremamente difficile comporre una falange composta esclusivamente da persone intelligenti, è altrettanto difficile costituire un esercito di cretini. Un personaggio come Luigi Di Maio ha una cultura di base insufficiente ma non è un cretino. Ha sensibilità politica, ha realismo, e – con qualche aggiustamento – potrebbe anche essere un accettabile leader politico. Basti vedere con quanta prudenza ha affrontato il compito di Ministro degli Esteri. Era certamente sproporzionato per le sue forze, e sul momento le ironie si sono sprecate. E tuttavia, parlando poco, leggendo molto, seguendo i consigli degli esperti, spesso “facendosi dimenticare”, non si può dire che abbia provocato grandi problemi. Soprattutto se pensiamo alla precedente gita in auto per andare a Parigi ad abbracciare i “gilets jaunes”. Quel ragazzo, se non sa, almeno impara. Dunque – accanto ai limiti dei personaggi chiamati ad interpretare le parti di questa commedia – è necessario pensare alla qualità del testo che ne costituisce la base.
Quand’ero ragazzo e si ballava in famiglia, c’era il gioco delle sedie. Si mettevano al centro della stanza delle sedie, diciamo cinque, e sei dei presenti giravano intorno a quelle sedie, a passo di musica. Poi, senza avvertire, la musica si interrompeva e tutti tentavano di sedersi. Ovviamente uno dei sei rimaneva senza sedia, magari dopo vigorosi colpi di fianchi scambiati con gli amici. E a volte finendo col sedere per terra, fra le risate degli astanti. Così si proseguiva togliendo un’altra sedia, fino ad arrivare al vincitore.
Nel gioco delle sedie, come nella vita, contavano l’abilità, la prontezza di riflessi, la vigoria fisica, e soprattutto la fortuna di trovare una sedia a portata di sedere. Ma una cosa era essenziale, ed è la ragione per la quale il gioco viene qui citato. Non era possibile che tutti potessero avere una sedia, perché il gioco era organizzato proprio perché ciò non avvenisse. Non era che i concorrenti non trovavano la soluzione giusta, era che la soluzione giusta non esisteva. Ed è questa seconda ipotesi che formulo per i 5 Stelle.
Al di là dei limiti intellettuali, culturali e politici dei suoi rappresentanti, il partito è stato concepito in maniera tale che non poteva non fallire. L’errore ha cominciato a manifestarsi sin dagli albori, quando Grillo e compagni hanno pensato la formazione nascente come Movimento e non come partito. E seriamente“movimento”, non come nel caso del “Movimento Sociale” di Giorgio Almirante, che era a tutti gli effetti un partito serio. Il M5S non voleva adottare gli schemi organizzativi e istitutivi di un partito, voleva essere “diverso”, senza rendersi conto che se i partiti hanno certe caratteristiche è perché il tempo ha dimostrato che quella è la soluzione migliore.
È un po’ come nella storia dell’automobile. Ogni tanto salta fuori qualcuno che fa delle strane ipotesi, senza sapere che quelle soluzioni sono state ripetutamente provate, in passato, arrivando alla conclusione che la soluzione migliore è l’attuale. Come non bastasse, oltre a rifiutare la forma-partito, il Movimento non si è dato un’ideologia. Ha creduto che fosse sufficiente dire “no” e “ricominciamo tutto da capo”. Ora non soltanto con i “no” non si governa ma, se avessero letto “L’Ancien Régime et la Révolution”, di Tocqueville, questi neofiti della politica avrebbero saputo che le stesse rivoluzioni cambiano un Paese molto meno che non si creda. Si pensi alla storia della Russia. Certo, il regime dello zar era iniquo, ma il regime sovietico ne accentuò l’oppressione e la miseria. E dire che lì c’era Lenin, non Beppe Grillo. Ecco perché il riformismo è migliore della rivoluzione. Perché mira a meno e quel meno cerca di ottenerlo senza provocare grandi guasti.
Il Movimento è andato al potere con idee confuse e contraddittorie, con poca capacità culturale di distinguere il possibile e l’impossibile, lasciando troppa larga parte allo spontaneismo (rousseauiano). Il risultato non poteva che essere l’inefficienza, la confusione, il disastro. E questo quand’anche la qualità dei singoli fosse stata eccellente. Perché se un genio tira a destra e un altro genio tira con uguale forza a sinistra, il carro si muove meno che se fosse tirato da un asino, in una direzione soltanto.
Il Movimento era sin dall’origine condannato all’insuccesso e, per concludere, alla sparizione. Perché esso ha rifiutato tutte le regole e tutti gli insegnamenti delle esperienze precedenti. La sua ossatura era costituita dagli applausi a Grillo quando andava contro l’esistente ma gli applausi non sono un programma di governo. Lo stesso entusiasmo per la ghigliottina (la versione tragica del “vaffanculo”) andò scemando fino al Termidoro.
Oggi ci si chiede che cosa farà il Movimento, ma nel lungo termine la mia previsione (ovviamente fallibile) è che sparirà senza lasciare tracce. Se non come un’altra masaniellata.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
11 luglio 2021

IL MALE OSCURO DEI CINQUE STELLEultima modifica: 2021-07-11T11:01:38+02:00da gianni.pardo
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