MONTANELLI, FELTRI E UN LORO LETTORE

Ieri Vittorio Feltri ha pubblicato un articolo sulle vicende che portarono alla nascita di Forza Italia, alle dimissioni di Montanelli da Direttore del “Giornale”, e alla fondazione della “Voce” con cui Montanelli sognò di portare con sé, sottraendoli a Berlusconi, i lettori del “Giornale”(1). La vicenda, a millecinquecento chilometri di distanza e a un Everest di soldi di differenza, ha riguardato anche me, in quanto lettore del “Giornale”. Perché tutte quelle vicende a suo tempo le ho seguite con grande partecipazione. E traendone indimenticabili insegnamenti.
Sono diventato lettore del “Giornale” con qualche mese appena di ritardo sulla sua fondazione. Capitò che raccattassi una copia del “Giornale” (che forse qualcuno aveva assaggiato, sputandolo poi via) e mi accorsi di una cosa inverosimile. Non soltanto quel giornale era anticomunista, ma lo scriveva a chiare lettere. Oggi questo particolare può parere insignificante, ma ciò indica che, a oltre mezzo secolo di distanza, è difficile capire quale fosse la temperie del momento.
Prendiamola alla lontana. Nella Francia del Seicento tutti erano cattolici. Questo non significa che tutti avessero portato il cervello all’ammasso. Moltissimi erano cattolici solo formalmente (come lo stesso Luigi XIV giovane); altri erano i normali “figli di puttana” che popolano il mondo e fra gli stessi convinti cattolici (e non erano pochi) infuriavano delle dispute. Basti pensare alle controversie fra molinisti e giansenisti. Tuttavia, mentre si tolleravano diversità all’interno del mondo cristiano, non avrebbe trovato grazia agli occhi di nessuno chi si fosse dichiarato ateo. Si pensi che un secolo dopo, nell’epoca dei Lumi, mentre la religione era considerata un assurdo pregiudizio, chi avesse osato dichiararsi ateo avrebbe corso dei rischi. Il sospetto che aleggiava su Diderot, in questo senso, non è stato ancora dimenticato.
L’Italia degli Anni Settanta del XX Secolo era come la Francia del XVII secolo, con la sola differenza che la religione ufficiale era il comunismo. C’erano i comunisti fanatici (quelli per cui “uccidere un fascista non è reato”); i tiepidi, come sempre; i mezzi comunisti come i socialisti; quelli che non erano comunisti “ma i comunisti hanno ragione in molte cose”. Insomma erano permesse tutte le sfumature della sinistra, ma chi non era di sinistra era un indegno, un fascista di cui si poteva solo rinviare la condanna a morte. L’ateismo non era ammesso. Essere anticomunista era più o meno, come per i romani, essere “inimicus humani generis”.
Io ero un inimicus humani generis che teneva alla sua pelle e dunque dicevo soltanto di essere liberale. Era la verità. Ciò che non dicevo era che consideravo i comunisti dei cretini, dei pazzi e dei possibili criminali, o almeno complici di criminali, visto che avevano sostenuto e applaudito Stalin. Nel mio liceo ero tollerato perché, dopo tutto, ero un originale. Nientemeno, un professore ordinario, vincitore di concorso, che andava a scuola in bicicletta. Vi meravigliate che uno così sia fascista? Per fortuna, è un fascista inoffensivo, e i ragazzi non ne dicono male. Anche se lui, ridendo e scherzando, mette dei due in pagella e una volta ha bocciato, lui da solo, il nipote del Provveditore agli Studi.
In questo mondo, leggendo quei quattro fogli, mi sono reso conto che in Italia non ero il solo anticomunista. Montanelli era un fascista alla luce del sole. Se i tedeschi lo avevano chiuso a Regina Coeli era perché non avevano capito a che punto fosse a favore di Hitler. E “Il Giornale”, nato appunto da una costola del “Corriere della Sera” (divenuto paracomunista col direttore Piero Ottone) fu la bandiera di noi “fascisti”. Naturalmente, come tutti i lettori del “Giornale”, non lo mostravo gran che in giro. Se non era reato uccidere un fascista, figurarsi dare una sberla a uno che leggeva “il Giornale”.
Poi Berlusconi “scese in campo” e Montanelli impazzì. Da un giorno all’altro la bandiera degli anticomunisti, colui che i brigatisti rossi avevano anche gambizzato (forse sbagliando la mira), colui che aveva ripetutamente lodato Berlusconi come il migliore e il più tollerante editore possibile, divenne antiberlusconiano. Antiberlusconiano al punto da associarsi alla sinistra (l’unica sinistra possibile, quella dei comunisti) pur di dargli addosso.
Non soltanto lasciò la direzione del “Giornale”, ma ne fondò un altro, “la Voce”, col preciso intento di sottrarre lettori al “Giornale” e di dare addosso a Berlusconi. Di mandarlo definitivamente a fondo, dimostrando che anche i suoi più vecchi estimatori lo condannavano. Ed effettivamente qualcuno a fondo ci andò: lui e la “Voce”. Nel giro di poco tempo le copie vendute calarono tanto che il giornale dovette chiudere. E Montanelli, applaudito dai comunisti, fu visto dai suoi antichi lettori come qualcuno che aveva perduto il nord.
Io fui fra quelli che non lo seguirono. Comprai soltanto – come tutti – il primo numero della “Voce”, solo per curiosità, e il mio vecchio amico cominciò a farmi pena. Prima gli avevo scritto (ricevendone una lettera di ringraziamento) che meritava un monumento, per il suo coraggio e il suo anticomunismo, e che questo monumento io glielo elevavo, almeno con la mia lettera, senza aspettare che fosse morto. Ma il Montanelli della “Voce” non era quello che avevo conosciuto e, non comprendendo le ragioni del suo comportamento. Non le ho mai capite, nemmeno in seguito. Io avevo applaudito un’ideologia, quella liberale, non una persona. E se quella persona, per quanto l’ammirassi, cambiava strada, io non per questo avrei cambiato la mia.
Da questa vicenda ho tratto una grande, grandissima lezione di democrazia. La principale ragione per essere ostili alla dittatura non è che il dittatore, per un anno o per dieci anni, si comporti male. È che, pur essendosi comportato bene per dieci o per vent’anni, al ventunesimo può dargli di volta il cervello, e comportarsi in modo da rendersi irriconoscibile. Come Montanelli applaudito dai comunisti.
Che brutta vicenda. Indro Montanelli era magro e alto. Forse ad un certo momento il suo sangue non ha più avuto la forza di salire fino al suo cervello. Forse è un vantaggio, essere di bassa statura.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
17 giugno 2021
(1)http://cercanotizie3.mimesi.com/Cercanotizie3/intranetarticleart=547198368_20210617_14004&section=view&idIntranet=212

MONTANELLI, FELTRI E UN LORO LETTOREultima modifica: 2021-06-18T07:41:32+02:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “MONTANELLI, FELTRI E UN LORO LETTORE

  1. “Montanelli aveva evidentemente sottovalutato Berlusconi”

    Se non erro, Montanelli in seguito ammise esplicitamente di aver pensato che Berlusconi sarebbe durato pochissimo, una meteora, sbagliando completamente, e che questo fu il vero motivo per il quale se ne allontano’: insomma perche’ lo riteneva un perdente che sarebbe stato presto abbattuto, non per chissa’ che alte ragioni di coerenza politica e morale.

    Montanelli, tutto sommato, nella sua vita fu sempre prontissimo ad abbandonare la nave che affondava, lo fece col fascismo, e tutto sommato quando usci’ dal corriere per fondare il giornale, non e’ che il potere vero non fosse ancora saldamente nelle mani della maggioranza silenziosa DC che il giornale rappresentava, e che duro’ ancora a lungo.

    Alla fine, passando dalla parte dei precedentemente avversati “comunisti”, fece solo la stessa cosa che aveva sempre fatto, fiuto’ l’aria e passo’ dalla parte del vincitore, visto che ormai il potere vero della conservazione, forse il valore primario per Montanelli, era li’ che stava.

    Montanelli, bah, non sarei tanto sicuro che sia mai cambiato molto.

    E Feltri e’ un personaggio di raro opportunismo, qualita’ che egli stesso considera di grande valore per sua stessa ripetuta ammissione se non vanteria. Sui suoi giornali spazzatura scriverebbe qualsiasi cosa pur di aumentare le vendite, e ammira Travaglio perche’, pur da concorrente, e’ capace dello stesso cinismo.

    Questi liberali a parole, umanamente non e’ che siano poi granche’.

    Circa l’esperienza berlusconiana, credo siano molto piu’ attinenti le testimonianze di Antonio Martino la tessera N.2 di forza italia, che soprattutto ne scrisse il primo programma economico, quello della “rivoluzione liberale”.

    Martino che a sua volta, d’altra parte, a suo tempo dichiaro’ di aver rifiutato il ministero dell’economia in cambio di quello della difesa dove invece si diverti’ moltissimo, perche’ all’economia fra i tanti ostacoli non sarebbe riuscito a combinare granche’ e ci avrebbe rimesso la reputazione di liberale (accademico). Alla faccia della coerenza e del metterci la faccia!

    Che personaggi dappoco, da quattro soldi: a tanti anni di distanza e col senno di poi si puo’ anche ammettere.

    C’e’ qualche audio di Martino, uno recente e’ questo, e’ interessante comunque, Martino e’ sempre, seppur decrepito, di gran spirito e brillante, ma hanno preso in giro tutti:

    https://www.radioradicale.it/scheda/635992/scuola-di-liberalismo-2021-europa-brexit-e-italexit-lezione-di-antonio-martino

  2. Aggiungo. Montanelli da anni meditava di farsi un giornale per conto proprio. Una fonte che personalmente reputo affidabile, amico di vecchia data di Montanelli, mi confidò che il vecchio Indro dopo il crollo del Muro di Berlino era stato avvicinato da persone vicine ai servizi segreti che gli avevano confidato che la classe politica italiana sarebbe stata presto spazzata via da alcuni scandali giudiziari, circostanza peraltro facilmente intuibile da molti politici – tanto che quello fu il periodo che Cossiga prese a picconare a destra e a manca – e dunque Montanelli aveva esigenza di scaricare Berlusconi perchè quest’ultimo, ammanicato con Craxi, sarebbe stato spazzato via. Infatti attorno al 1990 vi sono contatti molto fitti tra Montanelli e Uckmar, che poi sarà tra coloro che lo seguiranno nella fallimentare avventura de La Voce.
    Montanelli aveva evidentemente sottovalutato Berlusconi sul piano politico ma Tangentopoli c’è effettivamente stata.

  3. A distanza di vent’anni dalla sua morte, dopo che anche Berlusconi ha deluso molte aspettative di noi liberali, forse si deve giungere alla conclusione che avevano torto e ragione entrambi.
    Berlusconi aveva economicamente ragione e professionalmente torto nel pretendere che il Giornale – la cui emorragia di lettori era iniziata già qualche anno prima dalla rottura con Montanelli – divenisse sostanzialmente un organo di partito (sebbene io la polifonia osservata sotto Feltri, non l’ho mai vista in Repubblica, per dire) e Montanelli aveva economicamente torto e professionalmente ragione nel pretendere di opporvisi. Perchè, sebbene a posteriori sia facile dirlo, Montanelli aveva previsto molte cose su Berlusconi che, se depurate dalla disonestà intellettuale dei Travaglio, dei Federico Orlando e dei Severgnini, successivamente, in buona parte, si sono effettivamente verificate.
    Il vizio era all’origine. Montanelli non si era mai reso e non voleva rendersi conto che l’aiuto di Berlusconi non era – nè poteva ovviamente essere – disinteressato ma che il Giornale era la strada per il Cavaliere per accreditarsi come editore e Berlusconi non si è mai reso conto che la classe giornalistica italiana è tra le più capricciose, scorrete e strafottenti che esistano. E Montanelli, professionalmente pregevolissimo, umanamente era conosciuto per essere un gran bugiardo e manipolatore.
    Fin quando il mare è stato calmo – e comunque c’erano molte correnti sotterranee, si pensi alle polemiche sul lib-lab tra Montanelli e molti suoi senatori – le cose sono andate bene. Appena Berlusconi “ci ha messo la faccia”, i rapporti si sono inevitabilmente guastati.
    Montanelli, se fosse vivo oggi, sarebbe un eccellente blogger e influencer, perchè tanto oggi basta avere uno spazio web a modesti costi, al massimo investendo qualche migliaio di euro in promozione pubblicitaria, se si vuole divenire famosi.
    Come editore era pessimo. A differenza di Scalfari e Feltri che, indipendentemente da come la si pensi su di loro, come editori ci sanno fare perchè hanno capito la regola principe del giornalismo odierno, in effetti confermata anche da questo suo articolo: il giornalismo oggi non è informativo ma identitario. Io ti compro perchè tu la pensi come me.
    Questo è ciò che Montanelli non ha mai davvero capito. O ad un certo punto ha smesso di capire.

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