TENDENZIOSO O
PROFESSIONALE?


Berlusconi è arrabbiato con
i giornalisti. Li accusa di stravolgere le notizie, di andare contro gli
interessi dell’Italia e soprattutto di calunniarlo, fino a dargli la voglia di
reagire. Basta ricordare la “rivelazione” della frase detta in un orecchio a
Sarkozy, che poi è risultata essere tutt’altra; le notizie sull’indignazione
della regina Elisabetta, poi risultata falsa; la notizia sulla cafonaggine di
telefonare mentre Angela Merkel e gli altri grandi l’aspettavano per una foto,
mentre poi è risultato che il Cavaliere telefonava nell’interesse della Nato.
L’accusa (falsa) di avere fatto pressioni sulla regina Elisabetta, affinché
smentisse le notizie sulla sua gaffe. Andando indietro nel tempo, si potrebbero
allineare altri episodi del genere. Naturalmente i sindacati dei giornalisti –
sentito che Berlusconi parlava della semplice tentazione di reagire a questo
bombardamento – si sono stracciati le vesti e hanno gridato allo stupro delle
Vestali. Ma Berlusconi ha ragione oppure ha torto, in tutte queste vicende? Per
la verità, tutte e due le cose: ha ragione ed ha torto.


Ha ragione quando sostiene
che i giornalisti sono capaci di riferire gli avvenimenti in modo tale che essi
ne risultano completamente distorti, perfino quando dicono la verità. Se su un
giornale si scrive: “Si butta dal quinto piano dopo un tre in matematica”, tutti
capiranno che uno studente si è suicidato per un brutto voto (sequenza causale accertata), mentre in
realtà potrebbe trattarsi di due fatti non collegati (sequenza temporale: suicidio sì dopo un
brutto voto ma per altre ragioni). Il titolista potrebbe obiettare: “Se avessimo
scritto, ‘Giovane depresso si suicida’, chi avrebbe letto l’articolo? Viceversa,
con quel vago sospetto suggerito come verità, decine di migliaia di genitori si
allarmano e leggono l’articolo”.


Berlusconi dovrebbe
distinguere giornalismo calunnioso da giornalismo tendenzioso. La calunnia si ha
quando si pone in essere per qualcuno il pericolo di un procedimento giudiziario
(Berlusconi ha rubato un candelabro di Palazzo Chigi), ed è meritevole di
immediata denuncia al magistrato. Al contrario la notizia è tendenziosa – e non
costituisce reato – quando, senza affermarlo esplicitamente, si lascia
immaginare ciò che non è. Se Berlusconi si mette a telefonare mentre l’aspettano
tutti i grandi della Terra non è necessario strapazzarsi per far credere, con
estrema facilità, che stia parlando di stupidaggini con qualcuno: infatti, chi
può essere più importante di Obama, della Merkel, di Sarkozy? Basta mostrare le
immagini e il gioco è fatto: il legame i lettori lo stabiliscono da sé. I
giornalisti, caso mai, avrebbero dovuto correggere le immagini rivelando
l’importanza di quella telefonata con Erdogan, ma non è più facile (e più
saporito per i lettori, poniamo, di “Repubblica”) ripetere che il Cavaliere è un
uomo poco fine, poco attento alle forme, capace di comportarsi come un buffone
persino nelle occasioni pubbliche, insomma il re dei maleducati? Così si ottiene
il plauso entusiastico del lettore antiberlusconiano.


Il Cavaliere ha ragione,
quando si arrabbia: i giornalisti sono tendenziosi e malevoli nei suoi
confronti. Ma ha torto quando crede che questo sia da rimproverare. Accusare un
giornalista politico d’essere tendenzioso è come accusare un tifoso interista o
juventino di non essere obiettivo.


Il vero torto del nostro
Presidente del Consiglio non è quello di voler imbavagliare la stampa, è quello
di non convincersi che per un giornalista la verità è solo una versione fra le
altre. In questo campo la Bibbia è il film “Prima Pagina”.
L’autore del testo – il grande Neil Simon – ci insegna che nel giornale il
Moloch cui si è disposti a sacrificare qualunque cosa – l’amicizia, l’amore e,
soprattutto, la verità – è la notizia: intendendo però non l’informazione ma le
righe che si possono plausibilmente stampare nel titolo. Quelle che fanno
vendere più copie.


Berlusconi deve arrivare al
punto di non offendersi e non meravigliarsi per quello che scrivono.
Contrariamente a ciò che pensa la Federazione della Stampa, non
deve imparare a rispettare i giornalisti, deve imparare a disprezzarli. E al
massimo – come fa Di Pietro – dovrà intentare loro cause milionarie. Così li
punirà nella parte che hanno più sensibile: il portafogli.


Gianni Pardo,
giannipardo@libero.it


5 aprile
2009

ultima modifica: 2009-04-05T15:35:12+02:00da Giannipardo
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