IL RITORNO DEL BUON SENSO

IL RITORNO DEL BUON SENSO

Le osservazioni sulla Storia hanno questo di caratteristico, che quanto più sono generali tanto più sono discutibili. Ecco perché il testo che segue è solo uno spunto di discussione.

Fino al XVII secolo l’Europa è stata serenamente cristiana. Nel XVIII secolo invece il pensiero e la scienza hanno reso la fede poco plausibile dal punto di vista intellettuale e la religione non è più stata sufficiente per accettare la realtà. Le idee dell’Illuminismo hanno vinto, anche se la Rivoluzione è stata battuta a Waterloo, e il mondo è divenuto democratico, alfabetizzato, “illuminato”.

Il Cristianesimo è poi potuto rinascere, nel XIX secolo, ma come religione non dogmatica, fatta di buoni sentimenti e il cui unico principio è stato un filantropismo solidaristico e compassionevole. La Chiesa più riflessiva ha certo visto il pericolo ma lo stesso non ha potuto difendersi. Ai giorni nostri la sua dottrina è messa fra parentesi e molti preti, abbondando nella direzione del “secolo” (come direbbero loro), perdonano a titolo personale ferventi dei contraccettivi, amanti e divorziati. Si arrogano diritti che nemmeno un Papa si attribuì nei confronti di Enrico VIII. Oggi i concubini, gli abortisti e i milioni e milioni che non vanno a messa la domenica continuano a dirsi cattolici, perché il credo è: “Io sono cattolico a modo mio”. Ognuno rivendica l’autonomo cammino che fu di Lutero. La religione ha perduto la sua ossatura intellettuale.

Tornando all’Ottocento, quando l’Illuminismo a sua volta non è stato più sentito come sufficiente, ci si è rivolti ad una nuova religione, esclusivamente terrestre ma altrettanto millenaristica, chiamata comunismo. Come ha detto Marx, la rivoluzione borghese doveva essere seguita dalla rivoluzione del proletariato. Questa teoria per molto tempo ha prosperato nei Paesi del socialismo reale perché trasformata in brutale dittatura, mentre nei Paesi liberi e poco pragmatici ha avuto successo perché la si è vagheggiata come soluzione di tutti i problemi sociali. Francia e Italia hanno infatti avuto i più grandi partiti comunisti.

I risultati sono stati ovunque pessimi. Il tempo ha corroso le fondamenta dell’utopia e nell’ultimo quarto del Ventesimo Secolo si è avuta una progressiva disaffezione per le “idee di sinistra”. La teoria economica è stata ripudiata da tutti (anche dagli eredi dei partiti comunisti), gli stessi ideali dell’umanesimo marxista hanno cominciato a mostrare la corda e tutti ne hanno visto gli alti costi e i miseri ricavi. Siamo al riflusso. Non solo si è avuta l’implosione dell’Unione Sovietica, ma la Francia non ha più un serio partito comunista e perfino i suoi socialisti sono allo sbando. La Spagna è perplessa, riguardo alle audacie di Zapatero, e un nome come quello di Santiago Carrillo è totalmente dimenticato. Le democrazie nordiche hanno smesso di andare a sinistra. L’Inghilterra non solo rischia di tornare ai conservatori, ma i suoi stessi laburisti sono “figli della Thatcher”, come disse Blair. Il caso dell’Italia poi è sotto gli occhi di tutti: si è passati dal famoso “sorpasso” del 1976 ad una sinistra che cerca di sopravvivere. Senza idee, confusa, litigiosa, scoraggiata.

Il significato di tutto questo è che, almeno attualmente, l’ideologia dominante non è più il Cristianesimo, non è più la Rivoluzione Francese (divenuta impercettibile proprio perché ha raggiunto i suoi scopi), non è più il Marxismo. Forse è il Buon Senso. I demagoghi sbattono contro lo scetticismo della gente. Per limitarci all’Italia, un tempo la proposta di Franceschini di un assegno per tutti i disoccupati avrebbe suscitato entusiasmo, oggi non è stata presa sul serio e la popolarità di Berlusconi non ne ha risentito. Probabilmente perché molti italiani avranno detto: “E i soldi, dove li prende?” Altro esempio: il governo propone un “piano casa” che (forse) mette a rischio l’ambiente e l’estetica del territorio, ma la gente, invece di indignarsi, pensa: “Intanto, cerchiamo di rimettere in moto l’economia. Intanto mangiamo. Poi, se del caso, ci pentiremo”. Un atteggiamento che non ha niente a che vedere con la fede cristiana, con gli ideali fiammeggianti dei giacobini o dei marxisti. L’articolo di fede è divenuto il detto “primum vivere, deinde philosophari”, è più importante vivere che far filosofia.

Coloro che furono di sinistra potrebbero dire che questa è una società di filistei, interpretata da un capo più filisteo di tutti gli altri filistei come Berlusconi. Ma – forse questo è il punto – Berlusconi interpreta il presente meglio dei tanti filosofi con la testa montata sul collo al contrario, come gli indovini nell’Inferno di Dante.

Un’ultima nota va dedicata al futuro: non è detto che il momento del Buon Senso duri. L’umanità ha purtroppo tendenza ad innamorarsi di religioni, ideologie, dottrine. Chissà quale sarà la prossima.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

24 marzo 2009

IL RITORNO DEL BUON SENSOultima modifica: 2009-03-24T17:48:12+01:00da Giannipardo
Reposta per primo quest’articolo

3 pensieri su “IL RITORNO DEL BUON SENSO

  1. KEEP SMILING
    L’oste al cliente: “Guarda che ieri hai pagato un bicchierino di grappa in meno”. “Accidenti, come si sanno presto le cose, in giro! Figurati che mi ha fermato la polizia stradale e mi ha detto che avevo bevuto un bicchierino di troppo”.
    “Oh, com’è cambiato, signor Müller! Dice il dottore. Ora ha i capelli grigi, ha la barba ed è anche ingrassato!” “Ma, dottore, io non mi chiamo Müller”. “E non si chiama più neanche Müller…”
    Un executive sudato e pressoché stravolto salta in un taxi. “Dove la porto?”, chiede il tassista. “Dove vuole. Hanno dappertutto bisogno di me”.
    “Che cosa preferisti, come malattia, l’Alzheimer o il Parkinson?” “L’Alzheimer”. “E perché?” “Meglio dimenticare l’esistenza del cognac che, tremando, farne cadere la metà dal bicchiere”.
    Il cliente, al ristorante: “Cameriere, questa bistecca odora di grappa”. Il cameriere fa tre passi indietro e chiede: “Sente ancora l’odore?”
    L’artigiano chiede alla signora che gli apre la porta: “La signora Meyer?” “La signora Meyer non abita qui da più di un anno”. “Tipico. Prima chiamano l’artigiano con la massima urgenza e poi, quando uno arriva, non si fanno neanche trovare”.

  2. Da un lato l’umiltà consiglierebbe di rispondere “non lo so”. Dall’altro si può ipotizzare quanto segue: non si tratta tanto di differenza religiosa quanto di tradizione democratica (maggiore in Inghilterra che in Italia, per esempio) e soprattutto potrebbe essere influente il pragmatismo che è parte essenziale dell’anima anglosassone. Gli inglesi – diversamente dai tedeschi – sembrano incapaci di infiammarsi per un’idea o un’ideologia. Col loro pragmatismo hanno reso il loro Paese tanto moderno e democratico da non avere bisogno della Rivoluzione Francese, che – appunto – hanno fatto i francesi e non loro.
    Quanto alla Germania protestante e non comunista, la risposta potrebbe essere che loro i comunisti li hanno visti molto da vicino ed erano sufficientemente scottati da un’ideologia salvifica come il nazismo.
    Ma forse la risposta migliore rimane sempre “non lo so”.

  3. Mi sono sempre chiesto perchè il marxismo abbia fatto presa sui paesi latini e a tradizione cattolica, mentre nei paesi a tradizione protestante questo non si è verificato. C’entra qualcosa ” il cammello e la cruna dell’ago ?

I commenti sono chiusi.