LE TRADUZIONI DI “REPUBBLICA”

LE TRADUZIONI DI “REPUBBLICA”

Dei palestinesi, in violazione della tregua, hanno sparato da Gaza quattro missili sul territorio di Israele e Gerusalemme, come sempre, intende ribattere colpo su colpo, ed ecco  che “Repubblica” titola: “Olmert minaccia: Contro i razzi Israele reagirà in modo smisurato”. Non è un’esagerazione del titolista. Infatti nel corso dell’articolo si legge: il premier  in apertura del consueto consiglio dei ministri domenicale, ha ribadito che la risposta al lancio di razzi sarà smisurata”. Ed ora bisogna cercare nel dizionario che cosa vuol dire questo aggettivo.

Lo Zingarelli allinea fra gli altri questi sinonimi: “grandissimo, straordinario, enorme, intemperante”. Per il Gabrielli on-line, rinvenibile nello stesso quotidiano, smisurato significa “grandissimo, immenso, sconfinato”. Secondo “la Repubblica” Israele si preparerebbe dunque ad uno straordinario, enorme, sconfinato, intemperante massacro di inermi palestinesi.

In realtà, Olmert ha usato le parole “fierce and disproportionate”. Questo aggettivo non significa straordinario e intemperante, significa semplicemente “non identico nelle proporzioni”. Se dunque i palestinesi lanciano quattro razzi e non ammazzano nessuno, e gli israeliani lanciano un solo razzo e ammazzano quattro palestinesi, magari quattro terroristi, la risposta è disproportionate, perché da un lato ci sono stati dei morti e dall’altro no, ma è tutt’altro che sconfinata ed intemperante: i palestinesi infatti con quei razzi speravano di fare dei morti. Magari non diecimila, ma una decina sì.

Questo non è modo di fare giornalismo. Si devono dare, non inventare le notizie. Se lo stravolgimento delle parole è avvenuto a Roma, “la Repubblica” si qualifica per il foglio tendenzioso e anti-israeliano che è. Se è avvenuto in Palestina, il corrispondente non conosce l’inglese e sarebbe bene impedirgli di uscire dall’Italia.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

1 febbraio 2009

P.S. In una successiva edizione, anche il “Corriere della Sera” si è allineato su “Repubblica”: «Abbiamo detto che in caso di lancio di razzi contro il sud del paese, ci sarebbe stata una risposta smisurata». Né altro ha fatto il Tg3. Alla salute. Dovremo tornare ad ascoltare la BBC, per sapere la verità?

 

 

LE TRADUZIONI DI “REPUBBLICA”ultima modifica: 2009-02-01T13:13:00+01:00da Giannipardo
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9 pensieri su “LE TRADUZIONI DI “REPUBBLICA”

  1. La regola è che non ci sono regole. Io personalmente sono anzi “repressivo” perché non esiterei – anche se ancora non è mai stato necessario farlo – a cancellare un commento scurrile o insultante. Dunque si regoli come crede. Se lei vuole proporre un nuovo tema, lo lanci come commento sull’ultimo articolo e se qualcuno è interessato le risponderà.
    Saluti.

  2. Per me, sarebbe da impiccagione sulla pubblica piazza anche se avesse scritto ‘Alimentary Point’.
    Su ‘Cuore’, settimanale satirico dalla breve vita (come tutta la satira italiana che non sia benedetta dai palinsesti TV), c’era una rubrica dedicata alle insegne commerciali più idiote del Bel Paese. Ed erano cose da non credere. A Luino, vicino al paese dove mi sono trasferito da Milano, c’è un negozio che s’intitola ‘Occhial House’. Ma quella che mi fa più ridere, o piangere, è la nuova moda delle insegne commerciali in dialetto lombardo. Non faccio commenti socio-politici sulla ‘riscoperta dei valori tradizionali’ promossa dalla Lega e quel che ne segue. Mi limito alla lingua. Se uno vuole scrivere Fondeghee invece di Droghiere, faccia pure. Ma non scriva Fundeghé, che a me fa senso né più né meno che scrivere Dragstor invece di Drugstore. Per non dire di quello sciagurato che ha scritto (giuro!) Drughée buttando lì una doppia accentata alla francese per far sapere che, lui sì, il milanese lo sapeva scrivere!
    Passiamo ad altro. Non ho capito bene come è organizzato il blog.
    Se, come è il caso di questo mio commento, la risposta ad un dato argomento porta ad un tema del tutto diverso, dove va pubblicata? Sceglie lei il ‘filone’ dove giudica meglio metterla (che mi sembra più giusto) o propone ai lettori un nuovo tema?

  3. Caro Carliballo,
    il suo commento non è stato pedante, è stato preciso. Abbiamo in comune la passione per le lingue, vedo, ed io confesso subito un mio limite: avendo avuto poca occasione di praticarlo, ho difficoltà con l’americano. Certe persone non articolano gran che, molti saltano le “t” (per cui international invece di suonare /intǝ’næSnǝl/ suona /inǝ’næSnǝ/ e twenty suona /twini/), più la tendenza a pronunciare la “o” di money come la “o” di hot e la “o” di hot come una a. Io mi ci perdo. Insomma gli americani capiscono me meglio di come io capisco loro. Mi consolo dicendo che sono uno specialista di francese, non di inglese.
    Lei dice che è meglio affidarsi agli interpreti ed ha ragione. Purtroppo, molta gente non si rende conto dell’immensa difficoltà delle lingue, quella per la quale, se mi chiedono quanto tempo ci vuole per impararne una, io rispondo: tutta la vita, se si è longevi. Nella mia città ho visto un negozio con questa insegna: Point alimentary. Non è da impiccagione? Questo signore non ha frequentato nemmeno la prima media, in inglese, classe in cui immagino si insegni il posto dell’aggettivo, e scrive sulla facciata del suo negozio: “Sono un ignorante. In compenso, presuntuoso”.

  4. Mi è rimasto il Post Scriptum nella tastiera…
    Volevo solo aggiungere che non sono solo capace di criticare (anche se ammetto che è la cosa che mi riesce meglio!) e le faccio i complimenti per il blog, al quale d’ora in poi parteciperò senz’altro, magari con commenti meno pedanti…

  5. Caro Gianni Pardo, grazie innanzitutto della risposta; pronta e, è il caso di dirlo, proporzionata.
    Quanto all’attenzione per l’inglese, lo devo all’ammirazione che ho per una lingua che unisce semplicità sintattica e ricchezza semantica a livelli tali per cui da un lato mi sono bastate, a 19 anni, mille parole per viaggiare negli Usa e dall’altro, dopo più di quarant’anni di pratica (anche come traduttore), continuo a scoprire parole nuove e nuovi significati sia nell’inglese sia nell’americano, due lingue, come saprà, alquanto diverse tra loro e ciascuna con le sue sfumature.
    Sempre sull’inglese/americano, vorrei poi aggiungere che il fatto che i nostri politici siano notoriamente ignoranti in proposito, non è un così gran male. Meglio affidarsi a interpreti professionisti che buttarsi in conversazioni azzardate. Mussolini si piccava di parlare il tedesco… Forse anche per questo non ha capito bene dove Hitler l’avrebbe portato…

    P.S.

  6. Caro Carliballo,
    la ringrazio innanzi tutto per avermi trattato da collega, essendo io soltanto un vecchio professore in pensione.
    La ringrazio molto delle sue sapienti notazioni linguistiche. Lei ha ragione, la migliore traduzione di “disproportionate” è “sproporzionato”. Solo che lei giustifica l’aggettivo comparando il numero di morti fra le due parti, mentre io lo porrei (e l’ho posto) in relazione, come irritata risposta, all’insistita richiesta di terzi di una “proportionate” reazione israeliana alle provocazioni di Hamas. Dimenticando fra l’altro che la più proporzionata e simmetrica delle risposte sarebbe il lancio di razzi sulla popolazione civile di Gaza. Olmert non ha dunque scelto quell’aggettivo fra altri sinonimi a caso, ma mirando a quel “proportionate” usato da altri. Poi, sì, ci ha aggiunto “fierce”, di tasca sua, e questo suonava insieme come minaccia e manifestazione di collera.
    Tornando all’inglese, abbiamo una risposta “smisurata”, “sproporzionata”, “non identica nelle proporzioni”, “unbalanced” e “uneven”. What a pleasure, such a subtle sensitiveness for a foreign language, when Italians are sometimes so thick about their own language!
    Smisurata è sicuramente sbagliato. Spropozionata è il più vicino, come senso, all’originale. Non identica nelle proporzioni è fin troppo neutro, ma corrisponde al senso che io volevo dare alla traduzione di “non sensibile alle ipocrite richieste di proporzione dei terzi”. Unbalanced e uneven, facendo dimenticare l’origine della controversia, metterebbero involontariamente l’accento su una sorta di ingiustizia della reazione. Infatti unbalanced (non cerco sul dizionario per mantenere la mia spontaneità di parlante) io lo tradurrei con squilibrato (con esattezza linguistica, se pensiamo al significato di libra). E squilibrato fa pensare anche a qualcosa di pazzesco. Uneven forse è un po’ troppo neutrale per i suoi gusti, sbaglio?
    Accontentiamoci di “sproporzionata” e manteniamo l’amicizia, vuole?
    La ringrazio per le parole gentili e sarei tanto lieto di avere più spesso critiche come la sua!

  7. Caro Gianni Pardo; leggo questo commento in ritardo, ma voglio ugualmente dare il mio contributo. Purtroppo, è un fatto che il secondo quotidiano d’Italia non brilli né per l’uso dell’italiano nè per l’attenzione dei titolisti al contenuto dei servizi. Nello specifico però direi che sbagliando (di poco) il termine ha centrato il concetto. Stante infatti il rapporto di circa 900 a 1 tra morti palestinesi e morti israeliani, direi che definirlo ‘non identico nelle proporzioni’, come lei implicitamente suggerisce, è un understatement che nemmeno la BBC oserebbe adottare.
    L’inglese è ricco di sinonimi (più dell’italiano) e ciascuno ha il suo significato. La traduzione migliore di ‘disproportionate’ è semplicemente ‘sproporzionato’, quella da lei proposta essendo invece più adatta a tradurre ‘unbalanced’ o ‘uneven’. Inoltre il buon Olmert ha pensato bene, per chiarire il concetto, di aggiungere ‘fierce’. Anche qui, possiamo tradurre con termini che vanno da ‘fiero’ a ‘feroce’: quale le sembra più adatto?
    Lei scrive bene, in modo piacevole e linguisticamente corretto. Glielo dico da vecchio giornalista (tessera Ordine 46047) con oltre vent’anni passati come caposervizio e caporedattore a rivedere le bucce dei colleghi. Non usi di queste capacità a fini indegni della professione.

  8. Temo purtroppo l’abbiano informata male. Israele non può distinguere i pazzi isolati dai pazzi organizzati di Hamas ed applica il principio di diritto internazionale per cui uno Stato è responsabile delle azioni offensive che partono dal suo territorio, se esiste il minimo sospetto che le tolleri. E qui si è ben al di là del minimo sospetto.
    Dunque Israele reagirà e, se non ho sentito male poco, ha già reagito oggi.

  9. Salve Gianni,
    proprio ieri, dopo aver sentito la notizia da uno dei TG Rai e non so se ho capito bene, ho attribuito un particolare buon senso agli israeliani per non aver risposto al lancio dei razzi da Gaza. Poichè, hanno detto al TG, che si trattava di una iniziativa da parte di alcuni terroristi (deficienti!) che ci hanno provato a far scatenare un putiferio per le solite ragioni, Israele non ha preso in considerazione questo attentato. Ho riportato questa notizia in parole molto povere, mi vuole illuminare?
    Grazie, un saluto affettuoso.

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