ANCORA CREMONESI

Riporto qui di seguito, per correttezza, un articolo di Lorenzo Cremonesi, di segno opposto a quello commentato precedentemente, per notare due cose: la prima che mentre, secondo lui, alcuni israeliani si sarebbero accaniti contro i beni dei palestinesi, qui, sempre secondo lui, i militanti di Hamas hanno fatto di tutto perché ci fosse il massimo di vittime civili. Ma la seconda cosa è ancora più importante: se si leggesse questa seconda testimonianza soltanto, si avrebbe un quadro; se si fosse letta solo la precedente, se ne sarebbe avuto uno opposto. La verità è che i reportages dei giornalisti non sono fonti affidabili, per la storia. E dunque non vanno citati come la “prova definitiva” delle proprie tesi. Meglio fidarsi del complesso di ciò che sappiamo di Israele, una democrazia, e Hamas, organizzazione terroristica, secondo l’Unione Europea.

GAZA – «Andatevene, andatevene via di qui! Volete che gli israeliani ci uccidano tutti? Volete veder morire sotto le bombe i nostri bambini? Portate via le vostre armi e i missili», gridavano in tanti tra gli abitanti della striscia di Gaza ai miliziani di Hamas e ai loro alleati della Jihad islamica. I più coraggiosi si erano organizzati e avevano sbarrato le porte di accesso ai loro cortili, inchiodato assi a quelle dei palazzi, bloccato in fretta e furia le scale per i tetti più alti. Ma per lo più la guerriglia non dava ascolto a nessuno. «Traditori. Collaborazionisti di Israele. Spie di Fatah, codardi. I soldati della guerra santa vi puniranno. E in ogni caso morirete tutti, come noi. Combattendo gli ebrei sionisti siamo tutti destinati al paradiso, non siete contenti di morire assieme?». E così, urlando furiosi, abbattevano porte e finestre, si nascondevano ai piani alti, negli orti, usavano le ambulanze, si barricavano vicino a ospedali, scuole, edifici dell’Onu.

In casi estremi sparavano contro chi cercava di bloccare loro la strada per salvare le proprie famiglie, oppure picchiavano selvaggiamente. «I miliziani di Hamas cercavano a bella posta di provocare gli israeliani. Erano spesso ragazzini, 16 o 17 anni, armati di mitra. Non potevano fare nulla contro tank e jet. Sapevano di essere molto più deboli. Ma volevano che sparassero sulle nostre case per accusarli poi di crimini di guerra», sostiene Abu Issa, 42 anni, abitante nel quartiere di Tel Awa. «Praticamente tutti i palazzi più alti di Gaza che sono stato colpiti dalle bombe israeliane, come lo Dogmoush, Andalous, Jawarah, Siussi e tanti altri avevano sul tetto le rampe lanciarazzi, oppure punti di osservazione di Hamas. Li avevano messi anche vicino al grande deposito Onu poi andato in fiamme E lo stesso vale per i villaggi lungo la linea di frontiera poi più devastati dalla furia folle e punitiva dei sionisti», le fa eco la cugina, Um Abdallah, 48 anni. Usano i soprannomi di famiglia. Ma forniscono dettagli ben circostanziati. E’ stato difficile raccogliere queste testimonianze. In generale qui trionfa la paura di Hamas e imperano i tabù ideologici alimentati da un secolo di guerre con il «nemico sionista».

Chi racconta una versione diversa dalla narrativa imposta dalla «muhamawa» (la resistenza) è automaticamente un «amil», un collaborazionista e rischia la vita. Aiuta però il recente scontro fratricida tra Hamas e Olp. Se Israele o l’Egitto avessero permesso ai giornalisti stranieri di entrare subito sarebbe stato più facile. Quelli locali sono spesso minacciati da Hamas. «Non è un fatto nuovo, in Medio Oriente tra le società arabe manca la tradizione culturale dei diritti umani. Avveniva sotto il regime di Arafat che la stampa venisse perseguitata e censurata. Con Hamas è anche peggio», sostiene Eyad Sarraj, noto psichiatra di Gaza city. E c’è un altro dato che sta emergendo sempre più evidente visitando cliniche, ospedali e le famiglie delle vittime del fuoco israeliano. In verità il loro numero appare molto più basso dei quasi 1.300 morti, oltre a circa 5.000 feriti, riportati dagli uomini di Hamas e ripetuti da ufficiali Onu e della Croce Rossa locale. «I morti potrebbero essere non più di 500 o 600. Per lo più ragazzi tra i 17 e 23 anni reclutati tra le fila di Hamas che li ha mandati letteralmente al massacro», ci dice un medico dell’ospedale Shifah che non vuole assolutamente essere citato, è a rischio la sua vita. Un dato però confermato anche dai giornalisti locali: «Lo abbiamo già segnalato ai capi di Hamas. Perché insistono nel gonfiare le cifre delle vittime? Strano tra l’altro che le organizzazioni non governative, anche occidentali, le riportino senza verifica. Alla fine la verità potrebbe venire a galla. E potrebbe essere come a Jenin nel 2002. Inizialmente si parlò di 1.500 morti. Poi venne fuori che erano solo 54, di cui almeno 45 guerriglieri caduti combattendo».

Come si è giunti a queste cifre? «Prendiano il caso del massacro della famiglia Al Samoun del quartiere di Zeitun. Quando le bombe hanno colpito le loro abitazioni hanno riportato che avevano avuto 31 morti. E così sono stati registrati dagli ufficiali del ministero della Sanità controllato da Hamas. Ma poi, quando i corpi sono stati effettivamente recuperati, la somma totale è raddoppiata a 62 e così sono passati al computo dei bilanci totali», spiega Masoda Al Samoun di 24 anni. E aggiunge un dettaglio interessante: «A confondere le acque ci si erano messe anche le squadre speciali israeliane. I loro uomini erano travestiti da guerriglieri di Hamas, con tanto di bandana verde legata in fronte con la scritta consueta: non c’è altro Dio oltre Allah e Maometto è il suo Profeta. Si intrufolavano nei vicoli per creare caos. A noi è capitato di gridare loro di andarsene, temevamo le rappresaglie. Più tardi abbiamo capito che erano israeliani». E’ sufficiente visitare qualche ospedale per capire che i conti non tornano. Molti letti sono liberi all’Ospedale Europeo di Rafah, uno di quelli che pure dovrebbe essere più coinvolto nelle vittime della «guerra dei tunnel» israeliana. Lo stesso vale per il “Nasser” di Khan Yunis. Solo 5 letti dei 150 dell’Ospedale privato Al-Amal sono occupati. A Gaza city è stato evacuato lo Wafa, costruito con le donazioni «caritative islamiche» di Arabia Saudita, Qatar e altri Paesi del Golfo, e bombardato da Israele e fine dicembre. L’istituto è noto per essere una roccaforte di Hamas, qui vennero ricoverati i suoi combattenti feriti nella guerra civile con Fatah nel 2007. Gli altri stavano invece allo Al Quds, a sua volta bombardato la seconda metà settimana di gennaio.

Dice di questo fatto Magah al Rachmah, 25 anni, abitante a poche decine di metri dai quattro grandi palazzi del complesso sanitario oggi seriamente danneggiato. «Gli uomini di Hamas si erano rifugiati soprattutto nel palazzo che ospita gli uffici amministrativi dello Al Quds. Usavano le ambulanze e avevano costretto ambulanzieri e infermieri a togliersi le uniformi con i simboli dei paramedici, così potevano confondersi meglio e sfuggire ai cecchini israeliani». Tutto ciò ha ridotto di parecchio il numero di letti disponibili tra gli istituti sanitari di Gaza. Pure, lo Shifah, il più grande ospedale della città, resta ben lontano dal registrare il tutto esaurito. Sembra fossero invece densamente occupati i suoi sotterranei. «Hamas vi aveva nascosto le celle d’emergenza e la stanza degli interrogatori per i prigionieri di Fatah e del fronte della sinistra laica che erano stato evacuati dalla prigione bombardata di Saraja», dicono i militanti del Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina. E’ stata una guerra nella guerra questa tra Fatah e Hamas. Le organizzazioni umanitarie locali, per lo più controllate dall’Olp, raccontano di «decine di esecuzioni, casi di tortura, rapimenti nelle ultime tre settimane» perpetrati da Hamas. Uno dei casi più noti è quello di Achmad Shakhura, 47 anni, abitante di Khan Yunis e fratello di Khaled, braccio destro di Mohammad Dahlan (ex capo dei servizi di sicurezza di Yasser Arafat oggi in esilio) che è stato rapito per ordine del capo della polizia segreta locale di Hamas, Abu Abdallah Al Kidra, quindi torturato, gli sarebbe stato strappato l’occhio sinistro, e infine sarebbe stato ucciso il 15 gennaio.

Lorenzo Cremonesi

Corriere della Sera, 22 gennaio 2009

ANCORA CREMONESIultima modifica: 2009-01-22T10:14:31+01:00da Giannipardo
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14 pensieri su “ANCORA CREMONESI

  1. Purtroppo la coerenza non è una dote di tutti.
    Adesso mi permetto di immaginarla come un grande uomo di cultura, un po’ austero (qui non cambio opinione) ma intelligente, tanto da mettere da parte questa caratteristica per continuare a vivere ancora con amore il suo matrimonio, nonostante l’età. Siete due persone fortunate.
    Per quanto riguarda Obama ho già letto il commento e ho già risposto molto sinteticamente come vuole lei.
    A presto.

  2. Cara nadia,
    provare a cambiare argomento? Oggi parlo di Obama, e lo faccio senza pessimismo. Inoltre, in giornata, penso inserirò ancora una nota linguistica. Infine non sono alieno dal riportare barzellette (tratte per lo più dalla Bild Zeitung, tanto per contraddire il pregiudizio sulla mancanza di umorismo dei tedeschi). Il pessimismo da un lato è giustificato dall’esperienza, dall’altro, rendendo prudenti, può condurre ai risultati migliori. Tante che, entusiaste, sposano il primo venuto, sono poi infelici per anni. Io, pessimista, ho avuto nel complesso un rapporto ideale, con le donne e, ancora oggi, alla mia età, ho la fortuna di vivere un matrimonio d’amore. Che chiedere di più?
    Non essere pessimisti in politica e nei rapporti internazionali, a mio parere, è soltanto una dimostrazione d’ignoranza o della volontà di chiudere gli occhi su ciò che è evidente.
    Per dirne una: avere fiducia nell’Onu mi sembra del tutto irragionevole. Ricordo male o la Libia presiedeva la commissione sui diritti umani o qualcosa del genere?

  3. Cari Buzzer e Gianni, mi sembra di essere il “grillo parlante” tra due contendenti. Mi piace però questo scambio di idee (anche se le vostre sono a volte, per non dire sempre, un po’ troppo “pesanti”) perchè leggendo i vostri cenni storici mi rinfresco la memoria e attraverso i vostri “battibecchi” cerco di fare un ritratto fisico-psicologico di voi. Non che abbia importanza, perchè questo è un mondo solamente virtuale, ma così facendo almeno credo di parlare con persone che mi guardano negli occhi.
    Voi siete due persone culturalmente molto preparate e grazie a voi qualcuno impara qualcosa che non sia la solita zuppa di canzoni, sport e discorsi insulsi.
    Da questo punto di vista dovete sentirvi alla pari, per il resto ognuno è libero di credere in ciò che vuole rispettando, però, il pensiero altrui. Es: Io, in quanto “religiosa”, dovrei sentirmi offesa per i vostri discorsi, ma non lo sono, perché ritengo che a nessuno debba essere imposto niente. Basta il rispetto.
    Dico però una mia opinione, pessimistico Gianni: i concetti “voto contro chi per me è il peggiore” e “non si vota per qualcuno o qualcosa, ma contro qualcuno o qualcosa” mi sembra un po’ troppo limitativo per uno come lei . Potrei farlo io, semplicemente donna, che della politica ne farei anche a meno e soprattutto dei partiti.
    Ci sono tanti giovani che intelligentemente potrebbero cambiare qualcosa, ma purtroppo i vecchi volponi politici non glielo permetterebbero. Giusto?
    Perchè non prova a cambiare, almeno per un po’, argomento?
    Qualche attimo di tregua c’è anche nelle guerre vere!

  4. Mi dispiace se il linguaggio utilizzato l’abbia offesa, ma sono abituato alla schiettezza, per cui se una persona merita una qualifica, io la do, ovviamente circostanziata da fatti e non certamente sic et simpliciter. Il fatto di essere un fiscalista ben pagato non significa automaticamente il possedere le competenze necessarie ben svolgere bene il proprio lavoro – come dicevo, Tremonti è pessimo già come professionista, l’ho sperimentato di persona – nè tantomeno il poter essere un bravo ministro dell’Economia, ruolo che richiede conoscenze prima di tutto di macro e microeconomia, non di Diritto Tributario. Lo stesso dicasi di Diliberto: credo sia un segreto di Pulcinella il fatto che molte cattedre delle università italiane e/o di altre scuole d’istruzione siano assegnate con criteri affatto meritocratici… Un esempio a Perugia, dove mi risulta sia stata assegnata una cattedra di giornalismo televisivo ad Antonio Socci, il campione del non-ascolto (per portare la prima serata di RaiDue sotto il 4% di share bisogna davvero impegnarsi)… ma questo è un altro discorso.
    A me la democrazia piace perchè appunto c’è libertà di scelta, qualcosa che nelle dittature non è concesso. In democrazia è concesso anche il rifiuto dell’esercizio di un proprio diritto, oppure il voto di protesta o meglio ancora l’iniziativa popolare: tutti strumenti che, personalmente, ritengo ben più utili della preferenza accordata a quello che si ritiene essere, a ragione o a torto, il “male minore”.

  5. Dolente, lei fa un discorso inutile che – mi scusi – rischia di essere presuntuoso. Se io faccio i cento metri in quindici secondi è bene che non dica che Bolt corre in maniera sgraziata. Diliberto è professore ordinario di storia del diritto romano, Tremonti è uno dei più pagati fiscalisti d’Italia, Visco è pure lui un notevole fiscalista, Biondi un grande avvocato, ecc. Poi, certo, ci sono persone che non hanno avuto successo se non in politica (Veltroni, Fini, D’Alema, ecc.), ma lei crede che sia facile, avere successo in politica? Io personalmente non riuscirei a farmi eleggere neppure amministratore di condominio.
    Le dà troppo facilmente del cretino al prossimo. Non è un atteggiamento che mi piaccia. Mi fa il favore di non usare più questo linguaggio? Nessuno dei signori da lei menzionati è mio parente, ma mi pare una buona regola evitare di “call names”, come dicono gli inglesi, cioè di definire il prossimo, dandogli a volta a volta del cretino, del folle, del demente, dell’ignorante e chissà che altro. Si limiti a dire che non è d’accordo con loro, o con me, esprimendo perché. Basterà e avanzerà. E si eviterà anche che qualcuno le risponda dando del cretino a lei.
    Rispondo alla sostanza: il suo è un pessimismo a tutto tondo che non conduce da nessuna parte. L’unica alternativa alla democrazia è la dittatura, ed io preferisco la democrazia. Dunque devo scegliere – nella misura in cui posso, votando – se avere A o B, visto che la scelta è fra loro. Amen.

  6. Dunque si vota per il male minore. Come si faccia a definire Berlusconi (a proposito, si fidi sul fatto che sia un pregiudicato, vantando già qualche magagna penale a suo carico, con pena non erogata ma colpevolezza riconosciuta in pieno), giunto a presentare 8 mesi fa il suo quarto esecutivo un “male minore”, non ne ho idea, visti i disastri combinati in precedenza. Allo stesso modo non ritengo essere quel guazzabuglio indescrivibile cui è stato imposto il nome di Partito Democratico un “male minore” perchè, oltre ad essere nato male ed andando sviluppandosi sempre peggio, il “Piddì” reca al suo interno personaggi pure loro forieri di un passato non certo irreprensibile con responsabilità di governo: 2 nomi su tutti, D’Alema (il padre si sta rivoltando nella tomba) e Rutelli.
    Poi non capisco il parallellismo Tremonti-Diliberto. Il primo è un mediocre fiscalista – parlo per esperienza personale – perfettamente ignorante in materia di economia e privo di idee originali (patetico il suo tentativo ora di varare un protezionismo dopo che ad inizio millennio si pavoneggiava quale il nuovo paladino del liberismo sfrenato e creativo). In una parola, un cretino. Diliberto è un naif che straparla di lotta di classe dopo aver cenato a 5 portate, uno pseudocomunista che la catena di montaggio di una fabbrica l’ha vista forse in un noto film di Chaplin, non paragonabile alla stupida inadeguatezza dell’ing. Castelli quale Guardasigilli ma quanto ad intelligenza molto simile al suo collega leghista. Sintentizzando, un altro cretino. Inoltre non hanno ricoperto il medesimo incarico ministeriale, quindi il confronto è un po’ azzardato: si fossero confrontati Tremonti con Padoa Schioppa (o Visco) oppure Biondi o Castelli o Alfano con Diliberto avrei capito, ma così…
    Tirando le somme: si decide di scegliere il male minore, ma tra un cretino ed un cretino che differenza c’è? Che il primo è un cretino pseudoliberista ed ignorante mentre il secondo un cretino che gioca a fare il rivoluzionario? La sostanza non cambia: sempre di cretini si tratta. Il male minore per me è non l’intelligente (sarebbe chiedere troppo e comunque all’orizzonte non ne vedo), ma una persona normale.

  7. Non ho molta fiducia nei politici. Anzi, quanto a fiducia, non ne ho punta, come direbbero in Toscana. Fra l’altro, non m’interessa nemmeno la loro personale irreprensibilità (a proposito, Berlusconi è plurinquisito, ma non pluripregiudiato, ma non importa. Per me potrebbe anche essere pluripregiudicato): m’interessa che facciano il bene del paese o almeno, essendo io pessimista, che non lo danneggino molto. Per questo non mi sento di applaudire senza riserve nessuno di loro. Solo che, dovendo scegliere fra Tremonti e Diliberto, scelgo Tremonti. In realtà respingo Diliberto, come ho detto. Avrei preferito quel tale che dicevano “ministro della malavita” a Mussolini perché forse il primo non ci avrebbe trascinati in una guerra disastrosa. Anche se Mussolini non rubò nemmeno una lira. Un uomo di Stato non si giudica come la serva che fa la cresta sulla spesa. Anche Pericle fu accusato di corruzione. Ecc.
    Votare contro non significa “fregarsene del programma”, significa votare per il programma meno nocivo. Poi, se un ministro si comporta da bacchettone e vieta l’applicazione di una sentenza della Cassazione, la cosa non mi piace. Embeh? Mi aspettavo forse che facesse tutto quello che piace a me? Crede che mi piaccia la vicenda Villari, chiaramente antigiuridica? Ecc.
    La prego, non falsifichi – volontariamente o involontariamente – le mie parole. Ho solo detto che tutti coloro che si dichiarano delusi dalla politica sbagliano perché sono loro ad essersi illusi. Io non m’illudo, ecco tutto.

  8. Quindi, mi corregga se sbaglio, per lei il voto è pari al tifo sportivo: non mi interessano i risultati che consegue chi voto, l’importante è che chi mi sta antipatico non abbia successo. Giusto?
    Se è così, perchè si insegna filosofia? Perchè si formano o si tenta di formare delle coscienze critiche? La politica come la descrive lei è in realtà l’antipolitica, la morte del pensiero. Votare “contro” significa fregarsene del programma elettorale e soprattutto quel che un esecutivo potrà fare invece di un altro. Faccio un esempio: se lei non concorda con il pontefice riguardo al testamento biologico, però il ministro eletto grazie anche al suo voto diffonde (in spregio alla Cassazione, ma non è la prima volta…) una circolare ministeriale che tacita i piagnistei vaticani tramutandoli in grida di giubilo, non si sente vagamente preso in giro dal suddetto membro del governo e dalla coalizione che lei ha scelto in cabina elettorale? Oppure secondo lei è giusto e giustificabile, in una azzardata interpretazione della massima macchiavellica, barattare i valori ed i princìpi “purchè-non-vinca-chi-mi-sta-antipatico”?
    Non lamentiamoci se la politica italiana è ridotta a questo stato, ad avere un capo del governo pluripregiudicato e pluriinquisito, parlamentari squisitamente bipartisan nelle medesime condizioni, un’opposizione che non è opposizione ma macchietta ed a subire l’amara ironia estera, se l’elettorato è ridotto ad una curva da stadio.

  9. La mia idea è che non si vota per qualcuno o qualcosa ma contro qualcuno o qualcosa. Per me l’attuale centro-sinistra è peggiore dell’attuale-centro destra. Ed io voto contro quello che, per me, è il peggiore. Non è più complicato di così.

  10. Mi scusi Sig. Pardo, ma le ultime sue parole mi lasciano piuttosto confuso…
    Dichiara di aver votato Liberale (immagino durante la segreteria Malagodi) e di rispettare il pontefice come persona ma non i suoi discorsi. Condivisibile, siamo su posizioni simili in questo lei ed io.
    Poi ammette di essere sostanzialmente un forzista della prima ora, con la scusa del cosiddetto “anticomunismo” – domanda irriverente: perchè, esiste ancora una minaccia comunista? Marx, Engels, Ulianov, Dzhugashvili, Mao e compagnia sono morti e sepolti, la rivoluzione bolscevica è materiale per i libri di storia… dov’è il pericolo?
    A parte questo, come si concilia il pensiero riconducibile all’ex PLI – Malagodi era un liberale di fronte impronta massonica (quindi laico) ed amante della giustizia sociale e civile – con le porcate forziste in materia di laicità e di giustizia, oltre che con la paggeria di molti ciambellani del Sire di Arcore nei confronti del Vaticano? Non le sembra una continua contraddizione?
    Le voglio infine ricordare le parole di un grande cittadino italiano, un moderato (per l’esattezza, ex monarchico ed ex liberale), che diede la vita per difendere il proprio ideale di giustizia: “Lo Stato non è un’entità astratta. Lo Stato siamo noi cittadini, con la nostra fatica, il nostro lavoro”. Quella persona si chiamava Giorgio Ambrosoli. Queste frasi cozzano direttamente con la sua idea di Stato: lei ritiene di non essere parte dello Stato quanto piuttosto un qualcosa ad esso alieno?

  11. Mio padre era antifascista, finché ha potuto (metà degli anni Trenta) e sempre repubblicano. Io ho votato Partito Liberale da quando ho cominciato e finché quel partito è esistito. Una sola volta ho votato Democrazia Cristiana (1976), un’altra o due Psi, se ricordo bene, mai Msi o An, in seguito Forza Italia perché, nel 1994, era l’unico voto anticomunista possibile.
    Non potrei mai essere di destra perché sono troppo miscredente per seguire dottrine ideologiche. Il meglio che può fare lo Stato, per me, è non darmi fastidio.
    Credo nella storia e nella realtà, non credo né nei bei sogni né nella retorica. Ecco perché rispetto il Papa come persona ma i suoi discorsi mi danno il mal di mare.

  12. ok, tanto vuole avere ragione sempre lei!
    Caro Gianni, la mia morale è e rimarrà sempre questa: “Siamo intelligenti? Bene, Non DOVREMMO MAI INIZIARE UN CONFLITTO, PER NESSUN MOTIVO”.
    Lo capisco, è impossibile nella politica internazionale, ma che ci vuole fare, io sono una romantica sognatrice!
    Spero sempre in un mondo migliore (tanto per fare retorica), ma morirò sicuramente prima, e anche i miei figli, e i figli dei miei figli…
    P.S. E’ tanto che voglio farle questa domanda (spero che mi risponda con la stessa semplicità: lei è di “destra” (quella destra nostalgica, naturalmente!)?
    Sono troppo invadente?

  13. nadia cara, ho sempre sostenuto che, in politica internazionale, la morale non ha cittadinanza. Se invece vogliamo emettere giudizi morali, sapere chi ha cominciato prima o dopo ha un’estrema importanza. Diversamente metteremmo sullo stesso piano Hitler che invade la Polonia e la rivolta del Ghetto di Varsavia, la Corea del Nord che cerca di invadere la Corea del Sud e la Corea del Sud che si difende. Sempre se vogliamo giudicare la politica internazionale col metro della morale, bisogna distinguere chi agisce per legittima difesa e chi aggredisce. Non possiamo giudicare male chi si si difende.

  14. Mi viene da vomitare!
    Noi che leggiamo e voi che scrivete siamo solo degli spettatori , in un cinema di second’ordine, che guardiamo impotenti un film dell’horror e ci permettiamo, visti i vari commenti, di fare a gara chi sa di più o chi scrive meglio.
    Ci dovremmo vergognare, tutti, al solo pensiero di dare ragione agli uni o agli altri, o a chi ha cominciato prima o dopo.
    I MORTI (e per favore non pignoleggiamo sulla quantità contata male) sono tutti ESSERI UMANI. Anche uno solo, (bambino, vecchio, militare o civile) avrebbe avuto diritto di vivere.
    Ci vorrebbe, a mio avviso, un secondo “Diluvio universale”, ma questa volta senza lasciare neppure una cellula vivente su alcuna zattera di salvezza.
    Andrò questa volta contro il mio “credo”, ma voglio permettermi di dire che forse Dio un errore l’ha fatto, creando l’uomo.
    Vorrei che la mia voce potesse arrivare alle orecchie di tutto il mondo (impossibile!) e soprattutto a quelli che CERCANO la guerra.

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