LA LEZIONE ABRUZZESE

LA LEZIONE ABRUZZESE

Le vicende giudiziarie di molti esponenti del Pd hanno provocato un grande dibattito. Personaggi del calibro di Walter Veltroni o Luciano Violante sono stati molto severi. Se un politico può essere squalificato fino a metterlo in galera, per poi magari chiedergli scusa quando ormai la cosa ha avuto effetti irrimediabili, c’è qualcosa che non va. La magistratura “dovrebbe essere più prudente”. Il sistema abbisogna di correzioni. Insomma si riconosce che questi fatti sono gravissimi e non dovrebbero ripetersi.

Per chi non è di sinistra, si tratta di banalità. È in questo modo che, una quindicina d’anni fa, si sono eliminati dalla scena due grandi partiti politici italiani. Solo che allora, invece di scandalizzarsi perché un innocente era stato messo in galera ed annientato, i media e la sinistra si dedicavano con voluttà all’arresto del politico successivo, anche se poi per caso fosse risultato che anche lui non era colpevole di nulla: nel frattempo infatti la scena si riempiva di altri personaggi. La carretta che conduceva alla Place de la Révolution viaggiava sempre a pieno carico.

Per comprendere il delirio giustizialista plebeo bisogna entrare nella logica rivoluzionaria. Il popolo ha sete di sangue ed è disposto a versare anche quello degli innocenti. I giacobini avrebbero facilmente detto che tutti i nobili erano meritevoli di morte, come i comunisti avrebbero facilmente gettato in galera tutti i politici democristiani, “buttando via la chiave”.

E se proprio uno dei reietti è innocente – fatto definito appena “spiacevole” – si tratta di un piccolo prezzo pagato per una grande causa. Non c’è nulla da cambiare. L’esecutivo e il legislativo sono forse corrotti, ma non lo sono i giudici. Essi siedono su uno scranno più alto e sono degli imparziali esecutori della legge.

Santa ingenuità. Secondo l’economista Carlo Cipolla, in qualunque ambiente c’è la stessa percentuale di cretini: dunque ce ne sono anche fra i magistrati. In secondo luogo, è vero che il giudice è sottoposto alla legge, ma si possono anche fare leggi che tolgono ogni seria garanzia al cittadino innocente. Un buon esempio è costituito dall’evanescente (e gravissimo) reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Infine il magistrato non è affatto al di sopra della mischia. Prima della Rivoluzione i giudici erano fin troppo teneri con i nobili, durante il Terrore ne hanno mandati a morte a migliaia senza il minimo scrupolo. Sono questi, gli esseri superiori ed imparziali?

La Destra ha a lungo denunciato una magistratura che ha cercato di realizzare una via giudiziaria al potere comunista e la Sinistra ha vivacemente contestato questa tesi. Per essa la magistratura si è limitata a reprimere i reati, commessi soprattutto da politici di destra. Purtroppo, in questi giorni i giudici stanno colpendo soprattutto dal suo lato  e dunque si è dinanzi ad un bivio: o il Pd ammette la faziosità della magistratura (e smentisce la tesi dell’imparzialità, sostenuta per anni), oppure accetta – orrore! – che ci sono più corrotti a sinistra che a destra. Smentendo così la teoria della superiorità morale della sinistra, lanciata con squilli di trombe angeliche da Enrico Berlinguer.

L’unica certezza storica che abbiamo è che prima la magistratura ha colpito a lungo, e pressoché esclusivamente, politici di centro-destra, mentre in questi mesi sembra accanirsi pressoché esclusivamente su politici di centro-sinistra. E dal momento che non si riesce ad ipotizzare né l’improvviso decadimento morale di tutto un gruppo, né un’altrettanto improvvisa sua redenzione, è giocoforza credere che, per una concomitanza casuale o per un’azione concertata, la magistratura ha cambiato comportamento. E questo smentisce una volta per tutte l’imparzialità del magistrato che, come è riuscito a demolire la Democrazia Cristiana, potrebbe domani far sparire dalla scena l’attuale Partito Democratico. E sarebbe un uso eversivo della giurisdizione.

Nessuno dice che, se un assessore ruba, la magistratura non debba disturbarlo: solo che l’azione non deve mai avere sapore politico generale: “la destra è disonesta”, oppure “la sinistra è disonesta”. Se si riscontra un decadimento morale e giuridico dei funzionari pubblici, si è in presenza di un problema politico che deve avere una soluzione politica. Non è il singolo piccolo magistrato di un paesino sperduto che, abusando dei suoi incontrollati poteri, deve moralizzare il paese, accusando Prodi o Mastella. Oppure notificando un avviso di procedimento per mafia al Capo del Governo mentre presiede una riunione internazionale anticrimine a Napoli. Se poi la stessa magistratura dichiara quel reato insussistente si mette la coscienza a posto: ma rimane politicamente colpevole. Gravemente colpevole. E il danno all’Italia intera non è risarcito.

Non nell’interesse del centro-destra o del centro-sinistra, ma nell’interesse del Paese sarebbe bene che  la magistratura, come un fegato o un paio di reni che funzionano, si facesse ignorare e funzionasse in silenzio.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

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27 dicembre 2008

LA LEZIONE ABRUZZESEultima modifica: 2008-12-27T13:42:37+01:00da Giannipardo
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