L’ARTE COME PROFESSIONE DELL’ARTISTA

L’arte è difficile da definire. Si va dai lavori manuali (l’arte del falegname) alle opere di Shakespeare e Mozart. Qui si accetterà pragmaticamente il concetto di arte corrente, per cui sono arte la letteratura, la musica, la danza, la pittura, la scultura e poche altre cose.

L’arte, per sua natura è distinta dalla tecnica. Dopo dieci anni di studio di pianoforte, chiunque è capace di riprodurre le note scritte da Schumann o da Chopin: ma solo pochi sono in grado di suonare in modo tale da indurre il prossimo a pagare per ascoltarli. Solo le persone che riescono a raggiungere questo speciale livello artistico possono “vivere della loro arte”. Gli altri, per restare nell’esempio del pianoforte, possono solo suonare per il loro piacere personale.

Oggi questa distinzione è molto crudele più di un tempo. Prima che esistesse la musica riprodotta, chi voleva ascoltare una sonata di Beethoven doveva contentarsi, nella maggior parte dei casi, di un artista locale. O doveva addirittura imparare a suonarla da sé. Del resto i compositori pensavano anche a questi fruitori-esecutori isolati: per questo è nata la musica da camera. Oggi invece l’ultimo degli incompetenti, se vuole ascoltare un brano di musica, non ha che da entrare in un qualunque negozio ed avrà per pochi spiccioli (meno del costo di un singolo biglietto per una sala di concerto) un’esecuzione al più alto livello. E ascolterà con comodità anche un’orchestra gigantesca – come la richiede una sinfonia di Mahler – con a capo il più grande direttore del momento.

In passato c’erano artisti mediocri, accettabili, buoni, e c’era spazio per tutti. Oggi non basta neppure essere eccellenti: nell’intero mondo contano e sono richiesti solo pochi pianisti, pochi violinisti, pochi direttori d’orchestra. Per essere qualcuno, essere eccellenti è insufficiente. Bisogna essere straordinari, bisogna battere concorrenti che provengono da ogni angolo della Terra, bisogna essere pressoché sovrumani campioni del mondo. E l’arte come professione dell’artista è divenuta una rarità. Oggi chi ama l’arte dovrebbe occuparsene sapendo che si tratterà sempre e comunque di un hobby. Di un piacere personale del tutto sganciato dalla professione. Della loro arte vivranno i pochi attori dei teatri stabili e delle compagnie più famose,  quelli che recitano in televisione, i cantanti pop, i suonatori di sale da ballo, i professori delle orchestre sinfoniche, insomma la folla di tutti coloro che vivono più di artigianato artistico che di arte.

La facilità delle comunicazioni ha fatto reso il mondo un piccolo condominio. Se c’è uno che canta meglio di tutti, è bene che gli altri stiano zitti. E se ci si convince che il miglior tenore è Luciano Pavarotti, la gente vorrà ascoltare solo lui.

L’arte non nutre più il suo uomo, come si dice. Tutti siamo dei semplici fruitori: salvo eccezioni, solo questo ci è consentito di essere. Le muse baciano un uomo ogni milione. Ogni giorno vende più libri un pluriassassino che firmi le sue memorie (scritte da un altro) che un giovane genio pensoso che nessuno conosce. Come dicono gli editori sinceri: non è che pubblichi un libro e divieni famoso, ma divieni famoso e poi pubblichi un libro.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

L’arte è difficile da definire. Si va dai lavori manuali (l’arte del falegname) alle opere di Shakespeare e Mozart. Qui si accetterà pragmaticamente il concetto di arte corrente, per cui sono arte la letteratura, la musica, la danza, la pittura, la scultura e poche altre cose.

L’arte, per sua natura è distinta dalla tecnica. Dopo dieci anni di studio di pianoforte, chiunque è capace di riprodurre le note scritte da Schumann o da Chopin: ma solo pochi sono in grado di suonare in modo tale da indurre il prossimo a pagare per ascoltarli. Solo le persone che riescono a raggiungere questo speciale livello artistico possono “vivere della loro arte”. Gli altri, per restare nell’esempio del pianoforte, possono solo suonare per il loro piacere personale.

Oggi questa distinzione è molto crudele più di un tempo. Prima che esistesse la musica riprodotta, chi voleva ascoltare una sonata di Beethoven doveva contentarsi, nella maggior parte dei casi, di un artista locale. O doveva addirittura imparare a suonarla da sé. Del resto i compositori pensavano anche a questi fruitori-esecutori isolati: per questo è nata la musica da camera. Oggi invece l’ultimo degli incompetenti, se vuole ascoltare un brano di musica, non ha che da entrare in un qualunque negozio ed avrà per pochi spiccioli (meno del costo di un singolo biglietto per una sala di concerto) un’esecuzione al più alto livello. E ascolterà con comodità anche un’orchestra gigantesca – come la richiede una sinfonia di Mahler – con a capo il più grande direttore del momento.

In passato c’erano artisti mediocri, accettabili, buoni, e c’era spazio per tutti. Oggi non basta neppure essere eccellenti: nell’intero mondo contano e sono richiesti solo pochi pianisti, pochi violinisti, pochi direttori d’orchestra. Per essere qualcuno, essere eccellenti è insufficiente. Bisogna essere straordinari, bisogna battere concorrenti che provengono da ogni angolo della Terra, bisogna essere pressoché sovrumani campioni del mondo. E l’arte come professione dell’artista è divenuta una rarità. Oggi chi ama l’arte dovrebbe occuparsene sapendo che si tratterà sempre e comunque di un hobby. Di un piacere personale del tutto sganciato dalla professione. Della loro arte vivranno i pochi attori dei teatri stabili e delle compagnie più famose,  quelli che recitano in televisione, i cantanti pop, i suonatori di sale da ballo, i professori delle orchestre sinfoniche, insomma la folla di tutti coloro che vivono più di artigianato artistico che di arte.

La facilità delle comunicazioni ha fatto reso il mondo un piccolo condominio. Se c’è uno che canta meglio di tutti, è bene che gli altri stiano zitti. E se ci si convince che il miglior tenore è Luciano Pavarotti, la gente vorrà ascoltare solo lui.

L’arte non nutre più il suo uomo, come si dice. Tutti siamo dei semplici fruitori: salvo eccezioni, solo questo ci è consentito di essere. Le muse baciano un uomo ogni milione. Ogni giorno vende più libri un pluriassassino che firmi le sue memorie (scritte da un altro) che un giovane genio pensoso che nessuno conosce. Come dicono gli editori sinceri: non è che pubblichi un libro e divieni famoso, ma divieni famoso e poi pubblichi un libro.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

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28 ottobre 2008

L’ARTE COME PROFESSIONE DELL’ARTISTAultima modifica: 2008-11-01T13:56:06+01:00da Giannipardo
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