IL TORTO È SEMPRE DEGLI ALTRI

Giorni fa Massimo D’Alema, richiesto di spiegare come mai Walter Veltroni avesse accettato l’alleanza con Di Pietro, avrebbe potuto rispondere: “Perché aveva un programma in linea col nostro”; “Perché aveva promesso di fare gruppo parlamentare con noi”; o magari: “perché pensavamo che ci avrebbe portato molti voti e questo ci avrebbe permesso di vincere”. Ma non ha risposto così. Probabilmente perché ad ognuna di quelle affermazioni si potrebbe rispondere con obiezioni di peso: se Di Pietro aveva un programma in linea con quello del Pd, perché non è entrato nel Pd? Se aveva promesso di entrare nel gruppo parlamentare del Pd, come mai non l’ha fatto? E che garanzia aveva offerto, che avrebbe mantenuto questa promessa? Se D’Alema pensava che Di Pietro portasse in dote dei voti, come mai non ha pensato che in sua assenza quei voti sarebbero comunque andati al Pd, visto che l’alternativa era votare per Berlusconi? Infine, veramente pensava di avere una possibilità di vincere su un Berlusconi lanciatissimo e una sinistra in quel momento squalificata? Ecco perché D’Alema ha risposto secco: “Chiedete a lui”. A Veltroni. E questi ora ha risposto: “È stata una scelta che abbiamo condiviso tutti, quella: eravamo tutti d’accordo tranne una persona”, senza dire chi fosse ed escludendo implicitamente che fosse D’Alema.

 

La risposta di Veltroni è una non-risposta. Dice chi è il colpevole (un vago “tutti”) ma non dice il perché di un errore che pure appariva chiaro a molti. In primis ai radicali ai quali fu rifiutato il favore fatto a Di Pietro. È questo il rompicapo. Poiché riesce difficile credere all’ingenuità di chi fa politica, si ripropongono, martellanti, sempre le stesse domande: il Pd poteva non vedere che tutta l’ideologia politica dell’ex-pm si riassume nel mestiere dell’accusatore? Si poteva non vedere che Di Pietro è interessato solo a se stesso? Si poteva, soprattutto, non vedere la dimensione umana e culturale di quest’uomo?

 

D’Alema ha invitato a chiedere la risposta a Veltroni ma Veltroni non l’ha data. Forse perché inconfessabile?

 

Poi il Segretario ha parlato di Prodi. Dopo avere qualificato quella del 2006 come una “non vittoria”, ha affermato che non bisognava “far finta di avere vinto”, che è stato un errore “non avere la saggezza di corresponsabilizzare” il centro-destra. La coalizione era un “improponibile” “caravanserraglio”, in cui c’era anche un partito che intratteneva rapporti di fattiva collaborazione con quei delinquenti delle Farc colombiane. Come spesso avviene, la sinistra dice le stesse cose che dice la destra, solo con qualche anno di ritardo. Ma il punto centrale – e inammissibile – è che Veltroni sembra rendere Prodi responsabile di tutto. Dimentica che chi avesse detto allora queste ovvietà sarebbe stato crocifisso. Dimentica soprattutto di non avere avuto il coraggio affermarle lui stesso, se già allora gli erano chiare.

 

Il Professore è stato definito da qualcuno “una polena della sinistra”. Il poverino ha solo detto e fatto ciò che la sua base elettorale gli comandava. Doveva mostrarsi ferocemente e sarcasticamente antiberlusconiano, doveva descrivere la proposta di “corresponsabilizzazione” del Cavaliere come un tentativo di negare la sconfitta, doveva compensare con l’arroganza la debolezza della sua maggioranza. Quanto a Rifondazione Comunista, ai Verdi ecc., il centro-sinistra non avrebbe vinto le elezioni, senza di loro. E la qualità di questi partiti era nota a tutti. Si sapeva che avrebbero ricattato il governo di cui facevano parte; che lo avrebbero squalificato con iniziative inammissibili; che avrebbero reso sostanzialmente impossibile l’amministrazione del Paese. Tutto questo era chiaro sin dalle premesse. Né quei partiti si sarebbero potuti comportare diversamente: la base li votava proprio perché fossero “anti-sistema”. Se si fossero appiattiti su una politica moderata avrebbero perso i loro elettori. E, del resto, pur facendo follie, molti di loro li hanno persi.

 

Veltroni nel rigettare i torti su Prodi è ingeneroso e, diciamola tutta, un po’ vigliacco. I Ds non sono stati semplici accoliti di Prodi: sono stati gli organizzatori di tutta la politica che ha condotto al governo Prodi. Se dunque ci sono dei responsabili, Veltroni li deve cercare fra i suoi più intimi amici.

 

La conclusione sconsolata è che perfino Walter – la faccia sorridente e moderata della sinistra – non ha perduto il pelo del lupo comunista. Il suo coraggio è solo quello di non avere preoccupazioni morali. Il suo rispetto per la verità rimane inesistente.

 

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

 

7 settembre 2008

 

 

IL TORTO È SEMPRE DEGLI ALTRIultima modifica: 2008-09-07T17:11:38+02:00da Giannipardo
Reposta per primo quest’articolo