DI PIETRO E IL PD

Nell’ultima campagna elettorale siamo stati in molti ad essere delusi dalla scelta del Pd di cooptare Di Pietro. Osservavamo quanto fosse stupefacente che il nuovo partito, per divenire moderno e nient’affatto fanatico, mentre escludeva sue proprie costole come Rifondazione Comunista, o perfino i titolari della propria ideologia, e cioè i socialisti, accettava come socio a pieno titolo quel partito unipersonale che ha una sola bandiera: il sostegno incondizionato ed acritico ai magistrati. In particolare quando attaccano Berlusconi. Assurdamente, si è rinunciato all’Unione perché aveva come unico argomento l’odio al Cavaliere e poi si è data l’esclusiva di quell’argomento ad un partito senza ideologia, se non un moralismo brutale accoppiato ad una connaturata mancanza di scrupoli. Un partito che è una caricatura incolta del giacobinismo.

Queste cose apparivano così evidenti che, ragionevolmente, si riuscivano a fare solo due ipotesi: la prima che “il Pd non potesse dire di no”, per motivi ignoti. La seconda che, secondo i calcoli, la vittoria dipendesse da quel 2-4% di voti che poteva portare l’ex-pm. Lasciando da parte la prima possibilità, la seconda pareva francamente incredibile. Lo scarto previsto dai sondaggi era ben maggiore del 2-4%. Ancora oggi sul “Corriere della Sera” Angelo Panebianco scrive: il “Partito democratico [era] in una fase di fortissimo deterioramento del rapporto fra il centrosinistra e l’opinione pubblica. A Veltroni non venne affidato il compito (impossibile) di vincere ma quello di salvare il salvabile”. Non solo dunque la sconfitta appariva certa, ma chi dice che quel 2-4% non sarebbe andato al Pd, se l’Idv fosse stata esclusa dalla coalizione? Se cioè fosse sparita come sono spariti tutti i partiti di estrema sinistra? La decisione ci appariva assurda ed autolesionista: ma poteva essere un giudizio fazioso. A un paio di mesi dalle elezioni si ha però il diritto di verificare come stanno le cose.

L’Idv ha preso il Pd come si prende un taxi e, una volta arrivata a destinazione, è scesa. Per cominciare, non è confluita nel gruppo del Pd come aveva promesso. Oltre ai vantaggi economici del gruppo autonomo ha voluto ottenere di avere le mani totalmente libere per fare una politica autonoma. Di Pietro si è posto in Parlamento come portavoce di quella sinistra che il sistema di voto ha tagliato fuori e si è messo a fare una concorrenza spietata al Pd. Prima ha messo in luce la sua presunta debolezza, perché si diceva aperto al dialogo, oggi si permette senza eufemismi di squalificarlo dinanzi all’intero elettorato: “Ci dicano se vogliono fare la ruota di scorta a Berlusconi”.  È, né più né meno, un’accusa di tradimento, tanto che l’alleanza è in pericolo e  “Ci vuole un immediato chiarimento pubblico”. Nel Pd “sono d’accordo a fare una legge sull’immunità, anzi l’impunità, per Berlusconi”! A tutto questo il Pd, per bocca di Antonello Soro, ha solo saputo rispondere che i toni di Di Pietro sono “inaccettabili”. Come se fosse questione di toni. Cosa che giustamente l’accusato irride. Né è più efficace rispondergli: “Non so chi gli abbia dato la patente per giudicare la qualità dell’opposizione del Pd”. In politica l’autorizzazione non è necessaria.

Ogni volta che si ha un brusco cambiamento di rotta e si crede che tutto sia ormai diverso, si dimentica quanto sia vischiosa la realtà. Non basta revocare l’Editto di Nantes per far sparire il protestantesimo dalla Francia, come non basta la ventata anticlericale della Rivoluzione per far sparire il Cristianesimo. E non basta eliminare i partiti estremisti per far sparire le centinaia di migliaia di persone che avevano come credo l’odio per Berlusconi. Il Pd ha cercato di superare questo schema ma poi, pur avendo orgogliosamente proclamato la volontà di “andare da solo”, ha scioccamente portato con sé chi  quella bandiera, anzi, quel capitale, ha deciso di raccoglierli e sfruttarli. Se oggi si votasse probabilmente Di Pietro avrebbe un aumento di consensi e il Pd un calo.

Avevamo visto bene: Veltroni e i suoi amici hanno fatto un pessimo affare.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

25 giugno 2008

Avverto che dalla fine del mese sarò assente per circa tre settimane

DI PIETRO E IL PDultima modifica: 2008-06-26T09:52:10+02:00da Giannipardo
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