IL CARRO DINANZI AI BUOI

Se si vuol dimostrare la validità del proprio punto di vista, bisogna rispondere alle obiezioni razionali: ma quelle cui è più difficile rispondere sono le non razionali. Molti anni fa, mentre si discuteva dell’esistenza di Dio, qualcuno, a corto di argomenti, esclamò: “Se Dio non esistesse, questa nostra vita non avrebbe senso; saremmo come gli animali e le piante; non ci sarebbe mai giustizia; non ci sarebbe premio per i giusti e punizione per i malvagi. Dio deve esistere. È impossibile non esista”. Impossibile, perché? La risposta è: perché non mi piacerebbe che fosse così. La conclusione è rigettata non perché falsa ma perché sgradita: anche se poi, essendo sgradita, la si dichiara anche falsa.

Questo atteggiamento non riguarda solo la metafisica, lo si incontra spesso, per esempio, se si parla di politica internazionale. Se si espongono le caratteristiche dei rapporti fra gli Stati, molti esclamano: “Ma a sentire te è come se le nazioni fossero delle belve prive di regole e di morale! Saremmo tornati al dominio del più forte, saremmo tornati alla legge della giungla!” E uno potrebbe anche avere voglia di piangere: ma quando mai è stato diverso? Perché dire “tornati”, se non ce ne siamo mai allontanati? Possibile che non si sia mai aperto un libro di storia?

Le cose non stanno diversamente nella politica nazionale. Basta porre un dilemma: “Preferiresti un governo di ladri, dieci ministri che rubassero dieci milioni di euro a testa e facessero risparmiare allo Stato un miliardo di euro (dieci volte tanto), o dieci ministri onestissimi ma meno capaci, che facessero perdere allo Stato un miliardo di euro?” A questo punto molti risponderebbero che vorrebbero venti ministri onesti che facessero risparmiare allo Stato un miliardo, con ciò dimostrando di non sapere nemmeno che cosa sia un dilemma; ma moltissimi risponderebbero che preferirebbero i venti governanti onesti, malgrado la perdita economica dello Stato. Come se i politici fossero lì per farsi applaudire moralmente e non per governare lo Stato nell’interesse della collettività. L’esclamazione sarebbe: “Perché è inammissibile che al vertice dello Stato ci siano persone poco oneste!” Senza pensare che, ammissibile o inammissibile che sia, è ciò che avviene, soprattutto nei paesi del Terzo Mondo. Spesso la scelta non è fra onesti e disonesti, ma fra disonesti capaci e disonesti incapaci. E comunque, un governante come Mugabe, che è riuscito a togliere al suo infelice paese sia la libertà che la prosperità, quand’anche fosse personalmente onesto, sarebbe lo stesso da gettare nella spazzatura. Ma questo non convince molti. L’obiezione è sempre la stessa: “Puoi dire quello che vuoi, io non accetterò mai che al governo non ci siano persone per bene. Loro dovrebbero dare l’esempio”. Ed essere più buoni di Garrone.

I campi nei quali la conclusione del ragionamento è prestabilita sono moltissimi. Se uno afferma, a proposito del problema della fame nel mondo, che non c’è modo di risolverlo – o che potrebbero risolverlo solo gli interessati, facendo meno figli e producendo più cibo – alla fine della lunga dimostrazione si sente rispondere: “Senti, non m’interessano i tuoi numeri e i tuoi calcoli. Non si può permettere che dei bambini muoiano di fame. Bisogna fare qualcosa. E se non facciamo niente quelle morti le abbiamo sulla coscienza”. Ritorno alla casella di partenza.

Tutti gli esempi forniti servono ad un unico scopo: provare che non sempre ragionare serve a cercare una verità. Per molti, la verità precede il ragionamento e dunque sono disposti ad accettare solo l’argomentazione che conduce alla conclusione prestabilita. Discutere è inutile. Si può passare ad altro o star zitti. E questo silenzio potrebbe renderci tutti contenti se poi uno non si accorgesse che coloro che mettono il carro dinanzi ai buoi si considerano moralmente superiori a chi ragiona.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

14 giugno 2008

IL CARRO DINANZI AI BUOIultima modifica: 2008-06-15T09:54:02+02:00da Giannipardo
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